Con ordinanza del 1 febbraio 2023, la Corte di Cassazione ha affermato che il risarcimento spettante in caso di sinistro stradale, non può superare il valore del veicolo (ordinanza n. 2982/2023).
Nella fattispecie, erano stati quantificati in circa euro 15.000 i danni subiti da un veicolo. Tuttavia era emersa la prova che il valore commerciale dell’autovettura, al tempo del sinistro, non superava euro 2.500.
Invero, nella giurisprudenza si rinvengono anche sentenze parzialmente difformi, che hanno ammesso il risarcimento integrale del danno anche quando le riparazioni siano antieconomiche.
Il principio generale in materia è che il patrimonio del danneggiato deve porsi nello stesso stato in cui si sarebbe trovato in assenza del fatto lesivo. A mente dell’art. 2058 c.c., il risarcimento può avvenire mediante il pagamento di una somma pari alla diminuzione di valore subita dal bene leso (risarcimento per equivalente), ovvero, se possibile, restituendo al bene stesso il medesimo valore che esso aveva precedentemente alla lesione (risarcimento in forma specifica). Inoltre, il risarcimento non può creare a favore del danneggiato una situazione migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato in assenza del sinistro, e ciò in applicazione di un principio di diritto romano della compensatio lucri cum damno, secondo cui dal danno vanno detratti gli eventuali vantaggi che il fatto dannoso abbia procurato al danneggiato.
Nel caso in esame, la Cassazione ha respinto il ricorso, confermando il seguente ragionamento della Corte di Appello: “la giurisprudenza ha, infatti, sottolineato che in caso di domanda di risarcimento del danno subìto da un veicolo per un incidente stradale, costituito dalla somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione dei danni si propone in realtà una domanda di risarcimento in forma specifica. Pertanto, se detta somma supera notevolmente il valore di mercato della vettura, da una parte risulta essere eccessivamente onerosa per il danneggiante, e dall’altra finisce per costituire un ingiustificato arricchimento per il danneggiato, sicché il giudice potrà condannare il pianeggiante risarcimento del danno per equivalente. Orbene, la vettura all’epoca dell’evento aveva un valore commerciale di mercato pari ad euro 2.500, somma di gran lunga inferiore a quella necessaria per la riparazione (euro 14.962,69 secondo il preventivo allegato, ed euro 17.116,00 secondo la relazione del tecnico incaricato dal Comune, che ha effettuato una valutazione considerando il veicolo come “relitto”), sicché il risarcimento dovuto in favore dell’appellante deve essere ridotto nella minor somma di euro 2.500“.
In effetti, già con sentenza 24718 del 2013, la Cassazione aveva stabilito “che in caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato ed il costo richiesto dalle riparazioni necessarie, il giudice potrà, in luogo di quest’ultimo, condannare il danneggiante (ed in caso di azione diretta ex art. 18 legge n.990/69, l’assicuratore), al risarcimento del danno per equivalente”.
Dunque la valutazione deve avvenire caso per caso, esaminando i costi effettivi e comparandoli al valore di mercato del veicolo, e tenendo conto che sussistono margini di discrezionalità.
Francesco Salimbeni