Settembre, vacanze alle spalle, chi torna riposato, chi maldisposto sentendosi gabbato a vario titolo da tour operator spericolati ed agenzie turistiche maldestre. È il “danno da vacanza rovinata”, su cui molto si scrive.
La materia è regolata dal D. Lg. 79/2011 (Codice del Turismo), che all’art.46 contempla il risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irrepetibilità dell’occasione perduta. In giurisprudenza il danno da vacanza rovinata viene identificato con il pregiudizio psichico-materiale sofferto dal turista per la mancata realizzazione della vacanza programmata, a causa dell’inadempimento dell’organizzatore. Il mancato godimento della vacanza legittima, indipendentemente dalla risoluzione del rapporto, la richiesta di risarcimento, quando l’inadempimento o l’inesatta esecuzione delle prestazioni è non di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c.
Del danno da vacanza rovinata rispondono il tour operator e l’agenzia di viaggi, secondo rispettive responsabilità. Il tour operator organizza la vacanza (ad esempio, prevedendo il trasporto; l’alloggio o l’escursione), l’agenzia si occupa di vendere al vacanziere il pacchetto turistico del tour operator. “L’organizzatore e il venditore di un pacchetto turistico assumono, nell’ambito del rischio di impresa, un’obbligazione di risultato nei confronti dell’acquirente e, pertanto, la loro responsabilità solidale sussiste ogni qualvolta sia ravvisabile una responsabilità contrattuale diretta del prestatore di servizi nei confronti del consumatore per il servizio resogli (o non resogli), e non è correlata ad un difetto di diligenza nella scelta del prestatore di servizi di cui si avvalga il venditore del pacchetto, ovvero alla possibilità di controllarne in concreto le modalità operative nell’esecuzione della prestazione” (così Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, n.8124).
Si riscontrano molteplici fattispecie di pregiudizi subiti in vacanza a fronte dei quali è stato riconosciuto un risarcimento. La perdita del bagaglio (Cass. 3978/2019); la tardiva restituzione del bagaglio (Cass. 17724/2018); la rapina e l’aggressione subite nella struttura (Cass. 683/2017); ; l’offerta di prestazioni nel pacchetto di viaggio che nella realtà invece sono vietate (Cass. 4372/2012); la non corrispondenza tra le foto del depliant e le effettive caratteristiche della struttura (sempre a patto che l’inadempimento sia di non scarsa importanza, Cass. 5189/2010). A tale ultimo riguardo, essenziale poter fornire prove dell’inadempimento, anzitutto fotografiche.
Il danno è di natura non patrimoniale. È liquidabile anche il danno morale subito dal turista, considerati l’irripetibilità del viaggio, il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore e lo stress subito a causa dei disservizi (Corte appello Milano sez. IV, 19/06/2015, n.2624).
Particolare disordine si riscontra nei termini di prescrizione e decadenza. Nel caso di danni psicofisici, l’art. 44 del codice del turismo prevede un termine prescrizionale triennale, decorrente dalla data del rientro del turista nel luogo di partenza; mentre, per il caso di danni diversi, il successivo art. 45 stabilisce una prescrizione annuale. L’art. 49, inoltre, stabilisce che il turista deve presentare reclamo a mezzo raccomandata o altro mezzo idoneo a fornire la prova dell’avvenuto ricevimento, entro il termine di 10 giorni dal rientro dal viaggio.
Quando invece l’inadempimento riguarda prestazioni di trasporto, si applicherebbe l’art. 2951 del codice civile, che prevede un termine, rispettivamente, di diciotto o dodici mesi, a seconda se il viaggio abbia avuto come destinazione paesi fuori o dentro l’Europa. Diverso ancora, però, il caso del trasporto aereo, per il quale si prevede un termine generale di decadenza di due anni, entro il quale va intrapresa l’azione giudiziaria (e salva qualche ulteriore distinzione rispetto alle norme comunitarie in materia).
Francesco Salimbeni