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16 Giugno 2025
Accesso al credito bancario
Economia Primo Piano

Accesso al credito bancario: perché le piccole e micro imprese italiane fanno sempre più fatica

In Italia, il tessuto produttivo è formato per oltre il 95% da piccole e micro imprese, un vero e proprio esercito di imprenditori e lavoratori che sorreggono l’economia nazionale.

Eppure, queste stesse realtà imprenditoriali sono oggi le più penalizzate nell’accesso al credito bancario.

Le difficoltà a ottenere finanziamenti stanno compromettendo investimenti, liquidità operativa e, in molti casi, la stessa sopravvivenza delle imprese.

Ma cosa sta succedendo nel rapporto tra banche e piccole imprese? Perché, nonostante la fine ufficiale della crisi pandemica, il credito continua a essere un miraggio per tanti imprenditori?

L’analisi del fenomeno: tassi in aumento e criteri più rigidi

Secondo i recenti dati della Banca d’Italia, il credito alle piccole imprese è calato del 7% nel primo trimestre del 2025 rispetto all’anno precedente. A pesare sono soprattutto:

  • L’aumento dei tassi d’interesse, che hanno superato in media il 6%, rendendo più oneroso l’indebitamento.
  • Regole più severe di valutazione del merito creditizio, imposte dagli accordi di Basilea e dai nuovi criteri ESG.
  • La riduzione delle garanzie pubbliche post-pandemia, che aveva temporaneamente favorito l’accesso ai prestiti.

Le banche preferiscono impiegare capitali in operazioni più sicure e redditizie, penalizzando proprio quei piccoli imprenditori che più avrebbero bisogno di risorse per innovare, crescere o semplicemente mantenere la propria attività.

Microimprese: le più colpite dalla crisi del credito

Se le PMI (Piccole e Medie Imprese) riescono ancora a mantenere qualche canale di accesso grazie a strutture finanziarie più solide, la situazione si fa drammatica per le microimprese:

  • Commercianti, artigiani, piccoli imprenditori agricoli e start-up innovative faticano persino ad aprire linee di credito ordinarie.
  • I business plan spesso non reggono agli standard richiesti dagli istituti bancari, che impongono parametri difficilmente raggiungibili per chi lavora su scala locale o in settori a bassa marginalità.

Secondo Confartigianato, oltre il 60% delle microimprese italiane ha visto respingere almeno una richiesta di finanziamento nel 2024.

Le conseguenze sul tessuto produttivo e occupazionale

La carenza di credito si traduce in:

  • Mancati investimenti in innovazione e digitalizzazione, cruciali per restare competitivi.
  • Tagli alla forza lavoro o impossibilità di nuove assunzioni.
  • Aumento delle chiusure aziendali, soprattutto tra le attività a conduzione familiare.
  • Frenata della crescita economica territoriale, in particolare nel Mezzogiorno e nelle aree interne.

Il rischio è quello di una desertificazione imprenditoriale, con interi comparti che si avviano verso la marginalizzazione.

Proposte per invertire la rotta: più strumenti e meno burocrazia

Se si vuole davvero sostenere il tessuto produttivo italiano, servono interventi strutturali e immediati:

  • Rafforzamento del Fondo di Garanzia per le PMI, per facilitare l’erogazione di credito anche a imprese senza solide garanzie.
  • Semplificazione dei bandi di finanza agevolata e maggiore accessibilità alle risorse europee del PNRR per le micro e piccole imprese.
  • Incentivi fiscali per le banche che investono nel credito alle imprese locali.
  • Promozione delle reti di microcredito e delle cooperative di garanzia fidi, strumenti più vicini alle reali esigenze degli imprenditori.

Senza credito, il futuro delle imprese è a rischio

Sostenere le piccole e micro imprese significa garantire occupazione, coesione sociale e crescita economica sostenibile.

È necessario che la politica economica del Paese rimetta al centro il ruolo delle imprese reali, facilitando l’accesso al credito e riducendo le barriere che oggi impediscono a tanti imprenditori di guardare con fiducia al futuro.

L’Italia, patria del “piccolo è bello”, non può permettersi di a

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