“Un lavoro che sia umano”, questo il monito del Papa Francesco nel videomessaggio in occasione della 109ma Conferenza Internazionale del Lavoro che si è svolta il 17 Giugno 2021.
Parole chiare che scandiscono un appello a difesa dei più deboli: donne, migranti, lavoratori non protetti. Il Papa si rivolge ai Sindacati, auspicandosi che il cambiamento provenga da una negoziazione collettiva che “promuova il bene comune”, ribadendo che “Il lavoro è veramente ed essenzialmente umano”.
Un messaggio forte al Vertice sul mondo del lavoro in un momento critico dovuto alla crisi della Pandemia del Covid-19. Oggi, il Papa Francesco ribadisce che “I vulnerabili non possono essere lasciati da parte”.
L’obiettivo è focalizzato su misure di tutela sociale per favorire le condizioni di lavoratori poco qualificati, i lavoratori a giornata, quelli del settore informale, i lavoratori migranti e rifugiati, quanti svolgono quello che si è soliti denominare “il lavoro delle tre dimensioni: pericoloso, sporco e degradante”. L’impatto del Covid-19 ha provocato un aumento della povertà, la disoccupazione, la sottoccupazione, l’incremento della informalità del lavoro, il ritardo nell’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, l’aumento del lavoro infantile. “L’attuale pandemia ci ha ricordato che non ci sono differenze né confini tra quanti soffrono”.
Accogliendo questa speranza del Papa, cogliamo l’occasione di narrare dei racconti di vita di alcuni disoccupati, raccolti durante il lock down in Italia, per la Pandemia di Covid-19, tra il 2020 ed il 2021, per ricordare con le parole di Papa Francesco che “Siamo tutti fragili e, al tempo stesso, tutti di grande valore” e che “Molte donne di tutto il mondo continuano ad anelare alla libertà, alla giustizia e all’uguaglianza”.
La storia di S.P. 37 anni, macedone. È una donna dai modi eleganti e schivi, capelli biondi raccolti e un’aria stanca. S.P. parla del suo percorso di vita e professionale attraverso il racconto della sua vita. Risponde parlando di sé come un’operaia metalmeccanica che non ha scelto il suo lavoro. Questa giovane donna ha ricostruito la sua storia con grande dignità e commozione, tra le lacrime mi spiega che ha perso il lavoro all’improvviso a causa del lock down, dopo 10 anni di lavoro continuativo, senza una spiegazione e senza la possibilità di salutare i suoi compagni di lavoro. S.P. è nata in Macedonia, (ex Jugoslavia) sotto il dittatore Tito, in una famiglia operaia, che non ha avuto agi o comodità. Una zia dottoressa è stata la persona di riferimento per lo studio, tanto che S. impara a leggere e scrivere prima dei 5 anni, continuando ad amare la scuola con le sue regole severe, tanto da conseguire sempre risultati eccellenti in tutto il suo iter scolastico, dal liceo linguistico fino a pochi esami prima della laurea in materie tecnico-biologiche, quando, a causa dello scoppio della guerra Serbo-Croata che coinvolge anche la Macedonia, è costretta a scappare in Italia con il fidanzato che sposerà di lì a poco. La situazione in Italia richiede una notevole resilienza. S.P. trova una nuova rete di relazioni esterne e supera diversi problemi: dopo essere stata costretta con sofferenza ad abbandonare gli amati studi, gli affetti e il suo Paese, impara la lingua italiana e trova lavoro. Dapprima inscatola merce, poi lavora in una fabbrica di uova, in seguito in una ditta che lavora per un’azienda di telecomunicazione, dove svolge mansioni più complesse, occupandosi di resi e controlli per quasi tre anni. Lavora presso una multinazionale italiana di bevande, fino al 2008, come operaia. Insieme al marito compra casa a Nizza Monferrato, quindi è stanziale e la mamma che l’ha raggiunta, l’aiuta nella gestione della casa e dei figli, consentendole di dedicarsi appieno al lavoro. Lavora per 8 mesi in un’azienda di macchine da caffè, nell’assemblaggio. Lei si rapporta bene anche in questo ambiente di lavoro. Nel 2008 perde il lavoro, rimane a casa 8 “lunghi mesi” in cui ha difficoltà a trovare lavoro che scarseggia nella zona in cui vive, per 2-3 mesi fa pulizie in un asilo nido. Con l’ufficio di collocamento fa un corso di pochi giorni sulla contabilità domestica, dove impara a gestire con oculatezza e precisione il badget familiare usando un “libro mastro” per risparmiare soldi che utilizzerà anche per fare viaggi sognati con il marito ed i figli. Finalmente i suoi larghi occhi celesti si illuminano, mi parla dei viaggi che sono la sua grande passione. Le sue capacità le consentono di organizzare viaggi anche complessi, riuscendo così ad usare le lingue studiate a scuola, in particolare l’inglese, che lei utilizza senza problemi di comprensione, facendo da “guida turistica” al marito e figli. Si appassiona alla Storia delle Regine europee, segue films in lingua straniera, legge articoli e interviste in inglese, sa orientarsi a Londra e si muove in autonomia anche in altre città europee. Nel 2010 entra in un’altra fabbrica dove rimane 10 anni e mezzo, dal 2011 collabora con una società interinale, che le dà l’opportunità di lavorare presso una fabbrica. Nel 2013 l’azienda stipula con lei un contratto a tempo indeterminato consentendole di lavorare come operaia nel reparto stampaggio plastico, facendo 3 turni, dove fa pezzi per le automobili utilitarie e di lusso. Qui ha un importante periodo di crescita: raffina le sue capacità di manualità e di problem solving. S.P. dopo poco è capace di lavorare su tutta la presa di stampaggio utilizzando macchine automatiche, manuali, di cui controlla i risultati e in cui si rivelano le sue grandi doti di precisione; Lavora inoltre in stampaggio, collaudo, controllo dei difetti, con turnazioni a ciclo continuo, svolgendo tutti i compiti affidatole con impegno e responsabilità, resistendo bene allo stress fisico e mentale che questo comporta. Si rapporta serenamente con i colleghi. Le sue performances sono sempre molto coerenti con la sua volontà di primeggiare, tanto da essere sempre scelta nella rosa dei nomi delle operaie che vengono chiamate ad assistere alla presentazione dei nuovi prodotti da fare, perché poi possa istruire e seguire le altre colleghe nell’apprendimento. Lei si assume incarichi extra, facendo un numero di pezzi maggiori di quanto le venga richiesto, dimostrando spirito d’iniziativa. È brava, ancora una volta lo dimostra, ma questo non è sufficiente a salvare il suo posto di lavoro che credeva definitivo. Quando arriva la Pandemia, come una bomba manda in frantumi tutto: ogni sua abitudine lavorativa, di vita, di camminate e di soldi messi da parte per i suoi viaggi.
G.M. ha 28 anni, è un tipo mediterraneo, molto alto ed ha un sorriso contagioso, è gentilissimo. È vissuto in un ambiente familiare in cui il lavoro non viene risparmiato neanche durante l’infanzia. G.M. ha lavorato fin dall’età di 8 anni in aiuto ad imprese familiari, sacrificando il gioco e le vacanze estive. Nella prima infanzia segue la famiglia nei campi con una piccola zappa su misura regalatagli dal nonno: è l’unico giocattolo che ha. Nella vita ha imparato a fare il muratore utilizzando con cura ed attenzione i “ferri del mestiere” ed ha fatto il cameriere, non come portapiatti ma come “la persona che capisce il bisogno del cliente prima che parli”. Questo approccio lo accompagnerà come un proprio stile verso chi gli dovrà insegnare un mestiere, ottenendo il massimo di generosità in cambio, elargizione di laute mance dai clienti, piuttosto che la benevolenza di chi doveva insegnargli il mestiere. Non ha trascurato gli studi, completando il diploma di ragioneria nella scuola serale e studiando l’inglese senza allontanarsi dal suo Paese, semplicemente guardando cartoni animati con sottotitoli, films, traducendo i testi delle canzoni dei Pink Floyd, affinando la lingua parlata con gli stranieri che serviva come cameriere a Matera, spiegando i piatti che portava al tavolo e facendo battute per rendere piacevole il loro soggiorno. Nel frattempo studia solfeggio, la tromba e la chitarra elettrica, sempre come autodidatta. Al lavoro, al quale si prodiga senza risparmiarsi, arriva a lavorare per mesi con turni esclusivamente notturni di 10 ore, con un solo giorno di ferie mensile al quale aggiunge un altro lavoro perché non lo pagano puntualmente. Per lo stress perde quasi 20 chili, che non riuscirà più a recuperare. Quando è successo che il lavoro da muratore per tre mesi non fu retribuito, trovò la forza di conciliarlo con turni di lavoro da cameriere, lavorando fino a 14 ore e riuscendo a farsi rispettare da un datore di lavoro scorretto che utilizzava i soldi delle paghe degli operai per ingaggiare ulteriori lavoratori. Viene travolto dal lock down, l’azienda non rinnova il contratto. Vive orgogliosamente da solo e racconta di essersi innamorato di una ragazza e di essersi accorto di amarla quando l’ha presa in braccio per non farle bagnare i piedi in una pozzanghera.
Teresa Sisto