Abbiamo da più parti lanciato da tempo un forte SOS sui rincari dell’energia che costringeranno molte imprese a chiudere. Questo grido di allarme è arrivato al Governo. Ma possiamo essere soddisfatti di questo primo obiettivo? Se da una parte la risposta è affermativa dall’altra dobbiamo sottolineare che di tempo non è rimasto molto se guardiamo a quanto le Imprese stanno spendendo. Molte di queste stanno lavorando con margini azzerati se non addirittura in perdita e la convenienza ad andare avanti sembra sempre più un miraggio.
E questo problema, che potrebbe avere ricadute ben più gravi della Pandemia di Covid-19, va di pari passo con il tema della Transizione Ecologica che non può creare ancora effetti dumping energetici a sfavore delle Imprese europee ed ancora di più italiane.
Quella del costo dell’energia è definibile come la Pandemia del manufatturiero, e come per la Pandemia servono misure immediate e durature come una sorta di vaccino sui costi dell’energia. Il rischio è che se non si interverrà in tempo spariranno Imprese e migliaia di posti di lavoro.
Per capire come risolvere questi problemi bisogna capire da dove nascono.
Ci sono stati molti fattori: problemi geopolitici, scelte europee e ripercussioni scaturite dal un approccio definibile “Talebano” del processo di Transizione Energetica. Non va dimenticato il tema della speculazione finanziaria in atto che ha determinato una variazione enorme dei prezzi. Se facciamo qualche esempio numerico va ricordato come la la fornitura di energia per la manifattura italiana è passata da 8 miliardi del 2019 a 20 nel 2021, a 37 previsti nel 2022. L’incremento del costo è del 350% nel 2021 e del 650% rispetto al 2020.
Quando parliamo di approccio “Talebano” alla transizione ci riferiamo al fatto che non esiste una struttura sostenibile economicamente per arrivare ad una diminuzione delle emissioni e dell’uso delle fonti energetiche maggiormenti impattanti sull’ambiente.
Se pensiamo che la recente eruzione del Vulcano sottomarino nei pressi dell’isola di Tonga ha prodotto emissioni in atmosfera paragonabili ad anni e anni di emissioni umane ed industriali. Ma cosa possiamo fare di concreto? Nell’immediato una misura è l’aumento della remunerazione del servizio di interrompibilità tecnica dei consumi gas. Un’altra invece fiscale è un’azione che finalizzi le agevolazioni delle componenti parafiscali del gas. Poi servirebbe una misura straordinaria che possa prevedere la cessione di parte della produzione nazionale di gas naturale destinata a settori manufatturieri gasivori a rischio delocalizzazione. Inoltre è fondamentale rivedere i contratti di importazione e il meccanismo europeo degli scambi. Non è possibile che sia il Segretario di Stato Americano ad andare nel Qatar a contrattare le forniture di gas per l’Europa. Dobbiamo fare passi da fare a livello europeo se consideriamo che il nostro Governo ha portato per due volte il tema al Consiglio Europeo e due volte questo ha rinviato per mancanza di accordo. È in gioco la ripresa per un fattore esterno che non riguarda imprese o mercati. È assurdo avere le commesse ma non poter soddisfarle perché star ferme, alle aziende, oggi conviene più che produrre. E i costi sociali sono altissimi. Nel lungo periodo va rivista in maniera seri il tema dell’energia Nucleare se con le rinnovabili compensiamo forse solo il 35-40% di ciò di cui abbiamo bisogno.
Stiamo compromettendo una ripresa economica che sarebbe invece a portata di mano, servirebbe solo dare energia alle imprese per moltiplicare crescita economica e ripresa sociale ed ogni giorno che si perde si producono danni maggiori di quelli della Pandemia.
Franco Colombo
Presidente IRSEU Istituto Internazionale Ricerca
e Studio Scienze Economiche ed Umane