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11 Ottobre 2024
Economia

GREEN ECONOMY, opportunità di sviluppo e di business per Aziende

L’importanza della sostenibilità come driver competitivo e sue opportunità. Supportare le imprese nel processo di efficientamento delle risorse esistenti e nella pianificazione di nuovi ecosistemi produttivi basati su un paradigma di business sostenibile.

Nel dibattito sui fattori in grado di guidare una nuova fase di sviluppo dei sistemi produttivi e dell’occupazione è centrale il tema della green economy, un modello di sviluppo a forte impatto sulla crescita delle economie territoriali. L’economia verde le cui caratteristiche peculiari sono un forte orientamento all’innovazione, al miglioramento effettivo delle prestazioni in un’ottica integrata di ciclo di vita, ad un coinvolgimento sistemico dei diversi attori, è una leva attraverso cui cogliere nuove opportunità di business, riorganizzandosi intorno a quei valori di qualità e di tutela del territorio. E’ un’occasione per rendere più competitivo il sistema imprenditoriale italiano e cogliere le opportunità legate a un modello di consumo orientato al rispetto dell’ambiente e attento al risparmio energetico. L’ambiente viene riconosciuto come motore di sviluppo e di innalzamento della qualità della vita, con un evidente cambiamento di prospettiva, culturale prima ancora che economico. La responsabilità sociale d’impresa è un importante strumento strategico, in linea con le nuove domande dei consumatori e la prospettiva di un’economia più a misura d’uomo, attenta alle comunità, ai territori e, per questo, più sostenibile e competitiva. Un processo virtuoso in grado di generare nuovi protagonismi imprenditoriali nel solco del tradizionale paradigma della piccola e media impresa, pienamente capace di adattarsi di continuo all’evoluzione dei consumi. L’adozione di modelli di economia circolare porta all’interno delle aziende dei benefici migliorandone i processi, i prodotti e, nel contempo, garantendo una maggiore tutela dell’ambiente. Per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento dell’aria e delle acque, della gestione dei rifiuti il tessuto imprenditoriale deve farsi promotore di una rapida conversione ecologica dell’economia. Elaborare strategie coraggiose e lungimiranti, capaci di valorizzare le dotazioni naturali e imprenditoriali già presenti nel Paese in un’ottica green, facendo leva sulla capacità delle aziende di adeguare il proprio know how alle nuove sfide dello sviluppo. Agire sulle filiere produttive, con le loro connessioni e scambi: adottare criteri ambientali e sociali nelle procedure di acquisto di beni e servizi; riconvertire le filiere produttive in una logica di sostenibilità. Un processo da replicare fino all’ultimo operatore della catena del valore. Questa transizione richiede la collaborazione di tutti gli stakeholders, dai governi al businesses, dai ricercatori ai cittadini-consumatori. C’è bisogno, a tutti i livelli, di politiche che forniscano le condizioni strutturali necessarie per stimolare e consentire a tutti gli attori di fare scelte più sostenibili. Le aziende devono cambiare il modo in cui creano, distribuiscono e catturano valore e ciò richiede la collaborazione attraverso la catena di approvvigionamento, per scegliere le materie prime e introdurre nuovi processi produttivi più efficienti. La Green economy pone al centro tanto il prodotto quanto il processo: sotto quest’ultimo profilo è centrale l’orientamento all’eco-efficienza sia sul fronte degli input, ovvero la capacità di impiegare meno energia e materia a parità di prodotto, sia di output ovvero la capacità di ridurre le emissioni e la produzione dei rifiuti per unità di prodotto. Quindi sono green quei processi produttivi in grado di produrre uguali o maggiori unità di prodotto o di valore aggiunto utilizzando minori quantità di materia ed energia e in grado di realizzare la stessa o una maggiore quantità di output, riducendo la pressione sull’atmosfera, sull’acqua e sul suolo e generando una minore quantità di rifiuti non reimpiegabile nel ciclo produttivo. L’economia verde coinvolge in modo trasversale imprese e lavoratori dell’agricoltura come dell’industria o dei servizi, introducendo da un lato logiche orientate a un minor consumo di energia e di materie prime e dall’altro una riduzione delle emissioni in aria, acqua e suolo, per la riduzione dei rifiuti. La sostenibilità è entrata come elemento chiave dello sviluppo delle imprese nei mercati e nella società. Per mettere in atto una trasformazione su larga scala e fare avanzare l’agenda della sostenibilità delle aziende, che dovrebbero proattivamente essere all’avanguardia nel perseguimento della sostenibilità socio-ambientale, occorrono più incentivi e sussidi da parte del governo, che potrebbero anche spingere quelle realtà più recalcitranti all’azione, le istituzioni devono supportare le PMI nella loro transizione verso la circolarità con incentivi, fonti di finanziamento, creazione di partenariati pubblico-privati, reti di imprese, ottimizzazione dei processi, ricerca finalizzata allo sviluppo, dialogo università e imprese, semplificazione burocratica. Il raggiungimento degli obiettivi richiede nuove professionalità ma anche, e soprattutto, un ampliamento delle competenze preesistenti, scienza, tecnologia e management. E le aziende stanno adeguando la propria composizione lavorativa in questa direzione.

Senza dimenticare che nell’ambito della green economy non mancano ‘soggetti’ che tentano di cavalcare l’onda amplificandone il significato in contesti comunicativi, mediatici nei quali finisce per essere trasformato in slogan, trovate commerciali o semplicemente azioni di green washing.

LE SFIDE E LE OPPORTUNITA’ GENERATE DALL’ECONOMIA CIRCOLARE: CREA VALORE E RIDUCE IL PROFILO DI RISCHIO PER LE AZIENDE.

L’economia circolare è fondamentale per contrastare il cambiamento climatico e raggiungere obiettivi legati ad altre sfide globali ed offre nuove e migliori opportunità di crescita: le aziende che adottano modelli di business circolari possano ridurre il proprio profilo di rischio. La circular economy è definita come “un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo”. Non è detto che un’economia sostenibile sia ‘circolare’, ma è vero il contrario. E’ un ciclo che inizia con approvvigionamento dei fattori produttivi, loro utilizzo, formazione di scarti e rifiuti, loro riciclo, limitando i danni per l’ambiente in un’ottica di ecosostenibilità. Questo modo nuovo di concepire l’economia attraverso la cosiddetta produzione sostenibile si basa sull’uso di materie prime rigenerate, sulla massima conservazione possibile per quanto viene prodotto, sull’utilizzo dei rifiuti come sorgente di materie prime, sul riutilizzo dei prodotti, sull’implementazione di collaborazioni in grado di creare nuovi valori, sul ripensamento del modello d’impresa e sull’utilizzazione delle tecniche digitali. Per favorire la riconversione delle attività produttive verso un modello di economia che mantiene il più a lungo possibile il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse e che riduce al minimo la produzione di rifiuti, è necessaria una nuova etica, una morale ed un atteggiamento opposto alla condotta dei consumatori ispirata all’usa e getta. E’ necessario un radicale cambiamento di mentalità comportando un nuovo modello produttivo basato su un ecosistema completamente innovativo. Come ammoniva il premio Nobel per la Letteratura Bertrand Russel,L’unica cosa che redimerà l’umanità è la cooperazione… è normale augurarsi il proprio benessere, ma nel nostro mondo tecnicamente unificato, voler bene a se stessi è sicuramente inutile a meno che non sia combinato con il voler bene agli altri.

LO STATO DELL’ECONOMIA MONDIALE E LE LEVE CHIAVE PER LA TRANSIZIONE VERSO LA CIRCOLARITÀ GLOBALE.

Il Piano di azione per l’economia circolare, approvato dal Parlamento europeo a febbraio 2021, ha l’obiettivo di accelerare la transizione verso un’economia circolare e rigenerativa, con una particolare attenzione alla progettazione di prodotti sostenibili, alla circolarità nei processi produttivi e nei settori a più alta intensità di risorse e ad alto impatto ambientale. Il Piano per la transizione ecologica indica tra gli altri i seguenti obiettivi: arrivare entro il 2030 a un tasso di utilizzo circolare dei materiali pari almeno al 30%; ridurre del 50% la produzione di rifiuti entro il 2040. I due obiettivi del PNRR – che finalizza all’economia circolare nella Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) Componente 1 (Economia circolare e agricoltura sostenibile) risorse pari a 2,1 miliardi di euro – sono di rendere performante la filiera del riciclo con interventi volti a consentire il recupero delle materie prime seconde e implementare il paradigma dell’economia circolare, riducendo l’uso di materie prime di cui l’Italia è carente e sostituendole progressivamente con materie prime seconde. Per dare attuazione alle misure contenute nel Piano occorre definire un’efficace Strategia nazionale per l’economia circolare, realizzare gli investimenti per gli impianti, semplificare le procedure per l’end of waste, rafforzare gli strumenti di politica industriale a sostegno degli investimenti delle imprese in direzione della circolarità, promuovere il trasferimento tecnologico in particolare verso le piccole imprese, sviluppare la produzione di biometano e la bioeconomia circolare. Dai dati che emergono dalla IV edizione del Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2022, realizzato dal Circular Economy Network (CEN), presentato il 5 aprile 2022 in occasione della Conferenza Nazionale sull’Economia Circolare sul tema “La sfida è sostenere la ripresa e diminuire il consumo di risorse”, l’Italia si colloca al vertice delle prime cinque economie dell’Unione Europea con la Francia. Il nostro Paese risulta virtuoso nel riciclo e nel nuovo modo di concepire la produzione di beni e consumi, utilizzando gli scarti dell’industria e del settore agro-forestale, così da ridurre gli impatti ambientali, preservando le materie prime naturali per le generazioni future e salvaguardando contemporaneamente la biodiversità del nostro pianeta. Per Edo Ronchi, Presidente del Comitato Europeo di Normazione, “(…) il tempo dell’attesa è finito. È arrivato il momento di far decollare senza ulteriori incertezze le politiche europee a sostegno dell’economia circolare. Le nostre economie sono fragili perché per aspetti strategici dipendono da materie prime localizzate in larga parte in un ristretto gruppo di Paesi. È un nodo che rischia non solo di soffocare la ripresa ma di destabilizzare l’intera economia con una spirale inflattiva. Ed è qui che l’economia circolare può fare la differenza trovando all’interno del Paese le risorse che è sempre più costoso importare. L’obiettivo che l’Italia si deve porre è raggiungere il disaccoppiamento tra crescita e consumo di risorse”. Anche il Rapporto “The Circularity Gap Report 2022” di Circularity Gap Reporting Initiative (CGRI), presentato il 19 gennaio 2022, evidenzia che la circolarità globale sta peggiorando, passando in soli due anni dal 9,1% nel 2018 all’8,6% nel 2020. Negli ultimi cinque anni i consumi sono cresciuti di oltre l’8% (superando i 100 miliardi di tonnellate di materia prima utilizzata in un anno), a fronte di un incremento del riutilizzo di appena il 3% (da 8,4 a 8,65 miliardi di tonnellate): “Il nostro mondo è circolare solo per l’8,6%. Ciò significa che sprechiamo oltre il 91% di tutti i materiali in uso, mentre continuiamo ad estrarre risorse dalla terra. Per salvaguardare il futuro del nostro pianeta e della sua gente, dobbiamo fare di meglio L’economia circolare offre soluzioni che possono limitare il riscaldamento globale, salvaguardare le nostre limitate risorse naturali e promuovere società eque. Abbiamo il 91,4% di possibilità di fare meglio”. Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo responsabile per il Green Deal europeo, ha dichiarato: Se vogliamo raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, preservare il nostro ambiente naturale e rafforzare la competitività della nostra economia, questa deve diventare completamente circolare. Il nostro modello economico di oggi è ancora, per lo più, lineare: solo il 12 % delle materie secondarie e delle risorse vengono reintrodotti nell’economia. Molti prodotti si rompono troppo facilmente, non possono essere riutilizzati, riparati o riciclati, o sono monouso. Esiste un enorme potenziale da sfruttare sia per le imprese che per i consumatori e con il Piano d’azione per l’economia circolare abbiamo avviato una serie di interventi volti a trasformare il modo in cui i prodotti sono fabbricati e consentire ai consumatori di effettuare scelte sostenibili a proprio vantaggio e a beneficio dell’ambiente”.

LE PMI E I VANTAGGI DELL’ECONOMIA CIRCOLARE.

L’economia circolare rappresenta un’opportunità reale di business per le imprese, in particolare quelle di medie e piccole dimensioni, per la riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento ma anche in termini di minor volatilità dei prezzi delle materie prime e dei processi di fornitura. I vantaggi che le aziende ottengono dall’adozione di pratiche di economia circolare dipendono dalla strategia adottata, dal grado di circolarità dei processi aziendali, dall’ambiente in cui l’azienda opera e dal ruolo dell’azienda nella catena del valore. Le imprese possono ridurre la quantità di materiali di cui hanno bisogno per la produzione e rispondere alle necessità dei loro clienti e, quindi, la loro esposizione al rischio di aumento e maggiore volatilità dei prezzi delle risorse;  stimolare l’innovazione; creare un’immagine ecologica e distinguerle dai loro concorrenti; aprirsi a nuovi mercati ed opportunità di crescita; maggiore fidelizzazione del cliente; vantaggi ambientali attraverso la riduzione dell’utilizzo di materie prime, del consumo energetico e di acqua corrente. Le imprese diventano protagoniste del processo di sostenibilità ambientale attraverso progetti di risparmio energetico, lo sviluppo di processi produttivi a basso utilizzo di risorse e l’introduzione di criteri ambientali per la selezione dei fornitori. Ripensano al processo di creazione del valore progettando nuovi modelli di business attraverso un approccio integrato e sistemico, con investimenti in innovazioni tecnologiche e strumenti di informazione ed incentivi che aiutino a diffondere la cultura dello sviluppo sostenibile, alla base dell’economia circolare, con un processo di implementazione di pratiche di economia circolare e green energy, il reperimento di materie prime a basso impatto ambientale. Secondo gli indicatori dell’Eurostat l’Italia ha un buon posizionamento nel contesto europeo nei settori dell’economia circolare, in cui prevalgono le micro e piccole imprese, alle quali si riferisce il 65,8% del fatturato, pari a 41,4 miliardi di euro, e il 71,3% dell’occupazione. Sono 143 mila le imprese che offrono servizi tipici dell’economia circolare, di cui 132 mila imprese sono attive nella riparazione e riuso e 11 mila nel riciclo. Le PMI incontrano maggiori difficoltà nell’adozione di strategie e pratiche di efficienza delle risorse, eco-innovazione e/o economia circolare a causa della loro capacità organizzativa, tecnologica e finanziaria maggiormente limitata e dell’accesso ridotto a (pre-)finanziamenti per soluzioni circolari.

L’ADOZIONE DI STRATEGIE E PRATICHE DI ECONOMIA CIRCOLARE RICHIEDE ALLE IMPRESE DI MODIFICARE IL PROPRIO MODELLO AZIENDALE.

Le imprese che adottano strategie e pratiche di economia circolare devono modificare il proprio modello aziendale per far sì che il prodotto mantenga il valore più alto possibile il più a lungo possibile. Le aziende devono cambiare il modo in cui creano, distribuiscono e catturano valore. Il raggiungimento degli obiettivi richiede nuove professionalità ma anche, e soprattutto, un ampliamento delle competenze preesistenti, scienza, tecnologia e management. E le aziende stanno adeguando la propria composizione lavorativa in questa direzione. Per favorire la transizione ad un modello di economia circolare è necessario il recupero/riutilizzo delle materie, l’implementazione di progetti di risparmio energetico, il monitoraggio degli impatti in aria/terra/acqua, lo sviluppo di prodotti o servizi che favoriscono il risparmio energetico la riduzione dell’impatto della produzione sull’ambiente naturale. L’obiettivo è quello di ridurre la produzione di rifiuti non reintegrabili in un ciclo produttivo e allo stesso tempo aumentare la capacità di recupero e valorizzazione di quei rifiuti che, al contrario, possono essere rigenerati e valorizzati come materia prima. E’ quindi importante conoscere il ciclo di vita, l’efficienza produttiva, le certificazioni ambientali e di processo; sapere come ridurre gli impatti ambientali dei prodotti, aumentare l’efficienza dei processi, minimizzando i rifiuti, favorire l’approccio incentrato sul “ciclo di vita” del prodotto, incentivando pratiche virtuose di economia circolare. Sviluppare una conoscenza approfondita degli strumenti che consentono di implementare strategie e politiche di approvvigionamento sostenibile lungo tutta la catena di fornitura, coinvolgendo i fornitori anche attraverso piattaforme specifiche che consentano di dare un rating alla propria catena di fornitura. La transizione verso un’economia circolare, così come la prevenzione e il riciclo dei rifiuti, sono i due principali obiettivi che le imprese si pongono per operare sempre di più nella direzione della sostenibilità, anche grazie alla spinta del management e del mercato. Ciò nonostante, c’è un ritardo di attuazione concreta del paradigma di sviluppo sostenibile nelle strutture organizzative aziendali. La diffusione della circolarità nel settore delle PMI, che costituisce il 98% del sistema economico a partire da quelle specializzate in un Made in Italy dove sostenibilità è sinonimo di qualità, di innovazione continua, di valorizzazione del legame con il territorio di origine, incontra anche le problematiche legate alle risorse economiche, richieste per la ricerca, per lo scale-up industriale delle tecnologie, per l’innovazione di processo o di prodotto; al know-how necessario per accedere alla tecnologia e per mantenere alti livelli tecnico-qualitativi. Per sviluppare o rafforzare un approccio strategico alla sostenibilità le imprese, con il management ed i responsabili di processo, devono definire e condividere i temi legati agli aspetti relativi all’energia, alla gestione della materia (economia circolare), passando per i processi di acquisto verde, fino ad arrivare alla valutazione dell’intero ciclo di vita dei prodotti con il fine di favorire la concreta messa in pratica di processi sostenibili. Sviluppare la conoscenza di buone pratiche locali e straniere e valutarne la replicabilità all’interno della propria realtà, di venire a contatto con possibili partner anche stranieri, e di aumentare la visibilità della propria buona pratica anche a livello internazionale. Perché per creare una catena di fornitura del tutto circolare le PMI devono collaborare con altri partner. Implementare la circolarità non vuol dire solo guardare avanti e all’indietro, ma possibilmente guardarsi anche intorno, in altri settori: la collaborazione aggiunge valore alle aziende nel modello circolare. Senza dimenticare che nell’ambito della green economy sono presenti anche ‘soggetti’ che tentano di cavalcarne il significato amplificandolo in percorsi comunicativi e mediatici, col risultato che le ricadute ambientali delle iniziative economiche vengono trasformate in slogan, trovate commerciali o semplicemente azioni di green washing.

SONO 678 MILIONI I FINANZIAMENTI PROVENIENTI DAL PROGRAMMA D’INVESTIMENTO EUROPEO REACT-EU E DAI FONDI DI COESIONE, MESSI A DISPOSIZIONE DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE ITALIANE DAL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO PER TECNOLOGIE 4.0, ECONOMIA CIRCOLARE E RISPARMIO ENERGETICO.

La sostenibilità è entrata come elemento chiave dello sviluppo delle imprese nei mercati e nella società. Per mettere in atto una trasformazione su larga scala e fare in modo che le aziende siano all’avanguardia nel perseguimento della sostenibilità socio-ambientale, occorrono più incentivi e sussidi da parte del governo, che potrebbero anche spingere quelle realtà più recalcitranti all’azione, le istituzioni devono supportare le PMI nella loro transizione verso la circolarità con incentivi, fonti di finanziamento, creazione di partenariati pubblico-privati, reti di imprese, ottimizzazione dei processi, ricerca finalizzata allo sviluppo, dialogo università e imprese, semplificazione burocratica. Nell’ambito di un regime “di aiuto per il sostegno, nell’intero territorio nazionale, di nuovi investimenti imprenditoriali innovativi e sostenibili volti a favorire la trasformazione tecnologica e digitale dell’impresa”, il MISE ha previsto che le misure incentivabili dovranno “consentire un utilizzo efficiente delle risorse, il trattamento e la trasformazione dei rifiuti, compreso il riuso”; agevolare il riciclo delle materie prime, la simbiosi industriale, la riduzione degli scarti alimentari, lo sviluppo di sistemi di ciclo integrato delle acque e, in genere, il loro uso razionale; prolungare la vita utile dei beni, incrementare il “packaging intelligente (smart packaging) che preveda anche l’utilizzo di materiali recuperati”; accrescere le quote di recupero e di riciclo di materiali piccoli e leggeri. “Sosteniamo l’ammodernamento tecnologico delle imprese italiane attraverso investimenti in progetti innovativi destinati a migliorare la sostenibilità energetica dei processi produttivi”, ha dichiarato il ministro Giancarlo Giorgetti: “di fronte al tema degli approvvigionamenti di materie prime, conseguenza della pandemia e del conflitto in Ucraina, è diventato prioritario accelerare l’utilizzo di nuove capacità tecnologie in grado di aumentare il livello di efficientamento e risparmio energetico per ridurre il costo delle bollette, continuando così a garantire la competitività e la crescita economica del Paese”. Premianti ai fini dell’assegnazione dei fondi le misure volte a favorire la transizione dell’impresa verso il paradigma dell’economia circolare, a migliorarne la sostenibilità energetica, a contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dall’Unione europea, l’acquisizione di sistemi di gestione ambientale (ISO140001, ISO 50001, EMAS) o certificazioni ambientali di prodotto varranno ai fini dell’assegnazione.

Paola Francesca Cavallero

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