Più di quaranta anni fa (era il 1979) il grande cantautore Lucio Dalla scrisse la canzone “L’anno che verrà” un inno alla speranza e all’amicizia, ma anche alla socialità.
Al termine dell’anno della pandemia ci interroghiamo tutti sulle prospettive della ripresa nel 2021. In particolare economisti e centri di ricerca economica si azzardano a fare vaticini sul 2021 e sul 2022 forse non ricordando l’affermazione di John Kenneth Galbraith (che negli anni Trenta del secolo scorso lavorò al programma di ripresa dell’economia statunitense messo a punto dal Presidente Roosevelt dopo la prima grande crisi del capitalismo moderno del 1929): “Dio ha creato le previsioni economiche allo scopo di dare all’astrologia un’immagine più rispettabile”. Con buona pace degli astrologi sicuramente il 2021 sarà un anno molto diverso dai precedenti, non solo per l’entità di una ripresa su cui tutti sono concordi, ma di cui è obiettivamente difficile identificare la portata quantitativa, ma soprattutto per il fortissimo cambiamento del modo di funzionare dell’economia.
La crisi ha prima colpito il settore produttivo, fiaccato da tanti anni in cui solo la finanza sembrava il riferimento per l’espansione dei profitti, ma poi si è diffusa, per la prima volta dalla storia delle crisi economiche moderne, a tutto l’enorme comparto del terziario, il settore che oggi fa la stragrande maggioranza del prodotto di tutti i paesi sviluppati e in via di sviluppo. Così mentre il commercio internazionale di beni si sta riprendendo, pur nell’alternarsi di fasi due, di lockdown totali o parziali, di speranze di sviluppo e timori di depressione, è il settore del terziario che appare particolarmente colpito e che molto probabilmente subirà il maggiore sforzo di riorganizzazione. Commercio, turismo, pubblici esercizi, ma anche servizi alle persone e molti settori del terziario per la produzione sono chiamati a reiventarsi completamente dopo una fase in cui, con le parole di Dalla:
Si esce poco la sera,
compreso quando è festa
E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra
E si sta senza parlare per intere settimane …
Guardiamo all’andamento del commercio mondiale, uno degli indicatori del clima di fiducia globale: quando il commercio si sviluppa è il segno che la fiducia cresce nel mondo degli scambi. Già da diversi anni registravamo un rallentamento, frutto anche dell’emergere di tensioni protezionistiche nel mondo. In questa direzione l’Amministrazione Trump ha dato un contributo rilevante nel ridurre l’apertura dei commerci e nel contrapporsi alle regole (pur spesso non funzionali) dell’Organizzazione del Commercio Mondiale. Ci sono ora, anche con il cambio dell’Amministrazione americana, dei timidi segnali di inversione di rotta. Ma la fiducia globale si ricostruisce con i comportamenti concreti e quindi occorrerà attendere i fatti. Per quanto riguarda invece il settore dei servizi, meno esposti al commercio internazionale, le prospettive sono tutte legate ad un fondamentale rilancio della mobilità delle persone e dei consumi. Ma anche a un profondo processo di riorganizzazione e di innovazione che spesso ha solo lambito il comparto, proprio perché meno esposto alla concorrenza internazionale.
Allo stato attuale possiamo ritenere – sulla base di quanto è successo negli ultimi mesi – che il mondo della manifattura si sia già rimesso in moto, per quanto su basi diverse dal passato, con una maggiore contenuto digitale e un ridisegno delle catene globale di subfornitura, nuove modalità di lavoro a distanza, ecc. nel prossimo anno occorrerà non solo ipotizzare interventi di supporto al vasto sistema dei servizi, ma rilanciare una vera e propria politica industriale per il terziario, la componente largamente maggioritaria del prodotto mondiale. Il tutto è subordinato a un recupero sostanziale della mobilità e degli aspetti di socialità personale, oltre che a un forte recupero della fiducia complessiva, senza il quale non si potrà avere un “anno che verrà” molto diverso dal 2020!
Gaetano Fausto Esposito
Segretario Generale Assocamerestero