Per ripartire non si può navigare a vista: occorre avere chiara la volontà di programmare e alzare lo sguardo oltre la pandemia, avendo bene in mente che l’incertezza e/o il non agire può avere conseguenze ancora più gravi. Per fare ciò occorre un cambio di passo che non potrà che avvenire nella direzione di nuovi modelli di business, più agili e orientati ad aziende sempre meno piramidali e sempre più guidate da logiche di rete.
In altri termini, fare “cultura” d’impresa: cambiare l’attitudine dell’imprenditore verso l’innovazione, la formazione, il ripensamento del modello di business e di governance.
Il clima in cui attualmente operano le medie e piccole imprese è di grande incertezza e cautela: nella maggior parte dei settori prevale un clima di attesa, con indicatori ancora recessivi sia pure generalmente migliori.
La pandemia ha imposto la chiusura di diversi business, messo alla prova la capacità in alcuni settori dell’economia e distrutto alcune parti delle catene di approvvigionamento.
Aiutare le imprese è sacrosanto ma bisogna anche prendere coscienza del fatto che un territorio che innova deve accettare che alcune spariscano per far posto a nuove realtà: sarebbe troppo costoso insistere nel tenere in vita le aziende effettivamente in crisi, viceversa stimolare quelle “tentate” dalla ristrutturazione per ridurre i costi ad approfittarne.
La prevista ripresa 2021 sarà – del tutto verosimilmente – insufficiente a ritornare sui livelli pre-crisi: ciò nonostante, la chiave di volta per rimettere al centro le imprese e consentirle di recuperare terreno, competere, crescere ed essere attrattive per un mercato sempre più globalizzato deve essere agire con velocità, competenza e con la massima unione di intenti tra privati e tra pubblico e privato.
È prioritario preservare e rilanciare il tessuto produttivo e industriale del nostro Paese, agendo sul sostegno delle filiere produttive, per evitare che le micro imprese si trovino, post pandemia, senza un importante tessuto industriale su cui far leva per ripartire.
Quali sono le sfide? Capacità di anticipare il futuro, resilienza e rapidità nel fornire risposte in un mondo globalizzato in continua evoluzione.
Per ritornare ad essere “vincenti” e “competitive” le PMI devono analizzare i possibili scenari che si prospettano in un’ottica strategica di lungo termine per comprendere il contesto del mercato in cui posizionarsi.
E per avviare la ripartenza ed attuare la tanto auspicata transizione e ripresa del tessuto imprenditoriale, pur nell’incertezza delle prospettive economiche, “intervenire” è un imperativo.
Per rinascere occorre investire, sì, ma aiutando le imprese in crisi a potenziare la logistica, le competenze, la digitalizzazione, la sostenibilità ambientale/economica/sociale, impattando sul rafforzamento patrimoniale, sulla crescita dimensionale, sull’internazionalizzazione quali driver di crescita e di ripresa dell’attività nel mercato ciascuna di riferimento.
A livello aziendale è aumentata la consapevolezza che non si può più fare affidamento sul vecchio business: le imprese hanno iniziato a diversificare le loro catene produttive, il ritmo della transizione dal consumo offline a quello online ha superato le aspettative di tutti e portato ad investire risorse nel digitale, dando forma alla nuova economia della piattaforma che ha un grande potenziale per generare profitto dall’impatto economico globale.
Lo Stato deve avere un ruolo centrale e più incisivo ma, per competere in questo contesto sfidante, si devono ripensare strategia e roadmap, valutare modelli di aggregazione tra imprese e di collaborazione per acquisire sui mercati internazionali scala e competenze attraverso operazioni di finanza straordinaria, come M&A e Joint Venture, da parte di operatori industriali e finanziari anche domestici, ovvero di rafforzamento del ruolo della filiera anche con azioni di patrimonializzazione dei partecipanti facilitate dalle aziende di maggiori dimensioni partnership e digitalizzazione dei processi, la nascita di accordi inter-aziendali basati sull’impegno reciproco a rendere più sostenibile la propria filiera.
La globalizzazione delle politiche di rilancio “green” (ad esempio i costi effettivi dell’attività aziendale non solo in termini di costi ma anche di impatto sull’ambiente), ha assunto un ruolo di spicco per quanto riguardo il settore delle catene produttive e ha avuto un impatto significativo e le pressioni in quest’ambito si concentrano su un certo tipo di stakeholder, per esempio gli azionisti o i proprietari dell’azienda.
L’approccio deve essere tridimensionale: tecnologia, mercato e finanza sono tre aspetti che sono strettamente interconnessi.
Il rendere i prodotti più responsabili dal punto di vista ambientale o sociale può consentire alle imprese un accesso a finanziamenti a più basso costo, attraverso social bond o green bond.
Se è vero che per le PMI di piccole dimensioni sono “scelte” che possono rappresentare un costo rilevante, è altrettanto vero che gli imprenditori devono essere “educati”, sostenuti e aiutati a cogliere le opportunità per evolvere le modalità di svolgimento delle attività aziendali in linea con il new-normal attraverso la via più semplice, sicura e profittevole, e così promuovere la crescita dimensionale ed economica della propria impresa.
Tutti (istituzioni, imprenditori, associazioni di categoria, professionisti) – ognuno per le proprie competenze ed esperienze quotidiane sul “campo” – sono coesi e concordi nel ritenere che ci voglia confronto e condivisione tra gli attori economici e pubblici, un “open plan” per concordare i filoni prioritari di finanziamento e sviluppo nella transizione verso una crescita strutturata e una produzione green, sostenibile e strutturata.
Occorre la condivisione delle competenze (interdisciplinari) specifiche per offrire sostegno e supporto a 360° agli imprenditori oltre (e non solo a) il puro credito, per impostare dei piani di ripresa, da chi conosce le potenzialità delle PMI e le principali direttrici per l’uscita dalla crisi, salvaguardando produttività e competitività, con l’elaborazione della soluzione più adatta alle problematiche specifiche che via via si palesano.
Solo così, gli imprenditori – che di questa realtà (spesso familiari) sono i principali attori – potranno avere una chiara visione delle linee di indirizzo e, consapevoli della necessità della trasformazione, delle opportunità ma anche dei rischi, decidere dove vogliono andare e come si vogliono posizionare sul mercato per fare le scelte più sicure e profittevoli.
Fare sinergia e sistema per trovare insieme le migliori strategie per far ripartire le attività rinnovando modelli di business, struttura organizzativa e riposizionamenti sul mercato.
Insomma, “Mettersi insieme è un inizio. Rimanere insieme è un progresso. Lavorare insieme è un successo”.
Oggi le tre affermazioni di Henry Ford lette velocemente paiono qualcosa di ovvio e scontato, ma così non è: per far sì che, a pandemia finita, possa iniziare una stagione di sviluppo e crescita imprenditoriale, con il recupero della competitività, di nuovi posti di lavoro e di un “benessere” sociale diffuso, occorre sinergia tra pubblico e privato e ognuno deve fare la sua parte in termini di efficienze e di efficacia.
Paola Cavallero
Senior Associate Lawyer at Mainini & Associati