Franco Colombo analizza la ricerca di pwc Global Consumer Insights Survey
Gli impatti economici indotti dall’emergenza Coronavirus hanno riguardato le abitudini di vita delle persone, sia come conseguenza delle misure restrittive e sia dei cambiamenti nei comportamenti d’acquisto.
L’emergenza Covid-19 ha mutato le propensioni di spesa dei consumatori e la tipologia della stessa, mutando la fiducia dei consumatori e producendo una riduzione considerevole del reddito disponibile con conseguente diminuzione significativa della disponibilità a consumare nel breve e medio periodo. La percentuale delle persone che si sono dichiarate meno disponibili a spendere è raddoppiata, e quella con un maggiore propensione al consumo si è ridotta drasticamente.
Queste aspettative sulla spesa futura naturalmente differiscono notevolmente tra i diversi Paesi: i consumatori europei risultano essere molto più cauti, mentre le prospettive di spesa diventano più positive nei Paesi in cui vengono revocate le misure di isolamento o aumenta la prospettiva di copertura vaccinale, come la Cina e il Medio Oriente.
A livello europeo assistiamo ad una Europa a 2 velocità. Da una parte i Paesi del Nord in cui i redditi delle famiglie sono stati meno colpiti dalla pandemia (è da evidenziare come solo il 34% in Germania dichiara di aver subito una diminuzione del proprio reddito, seguito da 38% in Olanda e 48% in Francia) e in cui i consumatori che pensano di ridurre le proprie spese nei prossimi mesi sono limitati (25% in Germania, 30% in Olanda e 30% in Francia). Dall’altra parte ci sono i Paesi più colpiti dall’emergenza Covid-19 come la Spagna e l’Italia, duramente impattati dall’emergenza Covid-19, nei quali circa il 60% degli intervistati ha subito una contrazione delle proprie entrate (57% in Italia e 61% in Spagna), in cui il 42% degli italiani e fino al 56% degli spagnoli intervistati prevede di ridurre significativamente le proprie spese nei prossimi mesi e per i quali la principale preoccupazione sono le prospettive lavorative (57% in Italia, 60% in Spagna vs 33% in Germania) anche in Italia alla luce del possibile sblocco dei licenziamenti.
Quale impatto sulla domanda di beni e servizi?
I generi alimentari e prodotti per la cura della casa e della persona sono risultati i più consumati nella fase iniziale della pandemia, quasi con una certa ossessione, evidenziando un costante aumento della spesa media. Secondo la ricerca, la spesa per questa tipologia di prodotti è aumentata per il 64% degli italiani (seguita, a distanza, dal 35% che ha aumentato spese di Entertainment & Media e dal 27% che ha aumentato spesa per food delivery o pickup vista la maggiore permanenza a casa delle persone), e la metà degli intervistati ha acquistato generi alimentari fisicamente negli store con minor frequenza rispetto a prima dell’emergenza (ma con una spesa per singolo evento maggiore).
Un andamento diametralmente opposto invece si è verificato per l’acquisto di beni considerabili non strettamente necessari come l’abbigliamento. Questa categoria, sempre secondo la ricerca, è stata tra le maggiormente penalizzate con il 58% del campione italiano che ha ridotto spese di abbigliamento e calzature con prospettive di recupero che sono legate solo ad un significativo miglioramento della situazione epidemica.
Se da un lato si è verificata una situazione molto simile fra i diversi Paesi sulle propensioni di spesa per i settori del food e a contrarre quelle dell’abbigliamento, dall’altro la ristorazione ha registrato comportamenti totalmente differenti. Da una parte in Paesi molto attenti al gusto e alla ricerca nel food come Italia, Francia e Germania, gli intervistati hanno aumentato la spesa in pickup e delivery e la ristorazione è balzata fra le top 3 categorie di spesa in aumento (per il 27% degli italiani, il 24% dei tedeschi e il 32% dei francesi). Dall’altra ci sono realtà come Spagna, Cina e UK, in cui questa spesa è risultata fra le più penalizzate: con 49% degli spagnoli, il 47% dei cinesi e il 46% degli inglesi che hanno ridotto gli acquisti in food delivery e pickup.
Come cambia la distribuzione
Per Il 64% degli italiani continuano ad essere previlegiati acquisti fisici in store, ma come accaduto negli altri Paesi mediterranei, come Francia e Spagna, l’online è stato scelto durante la pandemia da quasi un terzo dei consumatori (31% in Italia, Francia e Spagna) e la quasi totalità di questi “nuovi” consumatori continuerà ad utilizzare questo canale anche nella futura ritrovata normalità (85% in Italia, 88% in Spagna e 90% in Francia). Questo trend dell’uso dell’online è particolarmente rilevante in Medio Oriente in cui il 44% degli intervistati acquista online e in Cina in cui la % di acquirenti online supera quella degli amanti dello shopping fisico (69% vs 25%).
Rimangono più saldamente radicati verso un consumo tradizionale in store i Paesi di lingua germanica come la Germania (76%) e l’Olanda (70%).
Ritorna in auge per il canale fisico in Italia il negozio di prossimità viste le misure di limitazione degli spostamenti: il negozio di “Vicinato” torna ad essere un punto di riferimento per le esigenze dei consumatori diventando una scelta ricercata venendo scelti dal 29% degli intervistati nell’ambito dello studio GCIS Pulse. E questa è un’abitudine che viene dichiarata essere destinata a restare anche dopo l’emergenza, grazie al riconsolidamento della relazione tra cliente e commerciante, un bel assist al rapporto “Umano” nell’era del digitale. Interessante notare anche come un 13% dei consumatori nel corso degli ultimi mesi ha sperimentato acquisti presso punti vendita “nuovi” per il consumatore, che prima dell’emergenza non vendevano generi alimentari al pubblico.
Di contro il canale online ha manifestato una decisa scelta del consumatore all’online: il 31% degli italiani secondo la ricerca ha scelto in Italia il canale on-line per il grocery e di questi il 70% ha acquistato online in quantità maggiori (rispetto al canale fisico) e l’85% continuerà a usare il canale anche dopo la pandemia. Il trend delle vendite di prodotti di largo consumo online dal 17 febbraio al 3 maggio (periodo di quarantena in Italia) è stato del +144,6% (con un picco del +304,6% nella quarta settimana di aprile) (fonte ANSA).
La crescita dell’e-commerce, tuttavia, non riguarda solo la vendita di beni essenziali: secondo i dati della ricerca GCIS Pulse 2020, il 60% dei consumatori italiani ha ridotto i propri acquisti di prodotti non alimentari presso gli store fisici e al contempo il 43% ha utilizzato il computer e il 36% il proprio smartphone.
Nuove abitudine di acquisto che diventano opportunità per un rilancio del consumo Made in Italy che potrebbe trovare un canale di grande diffusione e successo, andando a coprire le mutate esigenze del consumatore e offrendo tutta quella qualità che il mercato continua a ricercare.
Una sfida anche per il Nuovo Governo di Draghi che deve essere in grado di accompagnare le imprese e il commercio verso queste nuove sfide, perché è da quelle che passa il rilancio di importanti settori della nostra economia.
Franco Colombo
Presidente FILASC
Federazione Impresa Lavoro
Ambiente Sicurezza Comunicazione