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15 Dicembre 2024
Economia Primo Piano

Morire di lavoro in Italia, in Europa, nel mondo: una ferita sociale destinata a non finire.

Morire di lavoro: ancora dati drammatici nel 2022 e nel primo mese del 2023 confermano quanto sia importante parlare del tema della sicurezza sul luogo di lavoro in Italia. Una ferita sociale che colpisce l’agricoltura, l’edilizia, la metalmeccanica, la sanità, gli impiegati, gli autotrasportatori.  Un fenomeno trasversale che colpisce ogni genere, ogni categoria, ogni zona del mondo: nessuno di noi ha dimenticato i Mondiali del Qatar costati la vita di 6.500 lavoratori provenienti dal Nepal, dall’India, dal Bangladesh, dallo Sri-Lanka. Il programma di costruzioni titanico era iniziato 10 anni prima e contava 7 nuovi stadi oltre a infrastrutture importanti come strade, sistemi di trasporto pubblico, hotel, aeroporti in una nuova città che ha ospitato i campionati di calcio 2022. Un’impresa resa possibile da circa due milioni di immigrati costretti a lavorare in condizioni disumane tanto che la prima causa di morte è rappresentata dagli infarti e dai malori causati dalle temperature eccessivamente calde. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ogni giorno muoiono 6.300 persone per incidenti di lavoro o per malattie causate da ambienti di lavoro.  In Europa il dato degli infortuni, secondo le rilevazioni Eurostat, è in calo in quanto la maggior parte degli Stati ha considerato come malattia professionale l’infezione da Covid-19. Attualmente è quasi scomparsa, ma rispetto al periodo pre- pandemia in Italia nel 2020 oltre 1/3 degli infortuni ha avuto come causa l’infezione da Covid 19. Secondo i dati Inail solo Italia, Spagna e Slovenia hanno riconosciuto i casi di contagio da Covid-19 come infortuni sul lavoro, mentre 17 Stati li hanno riconosciuti come malattie professionali. I restanti 5 stati europei li hanno riconosciuti sia come infortuni che come malattie. Per questo motivo altri paesi sono sembrati più virtuosi rispetto al nostro Paese. I dati parlano chiaro: secondo l’Europan Trade Union Confederation – Etuc, l’aumento dei decessi annuali sul lavoro dal 2019 al 2020 riguarda 12 Paesi europei, tra cui l’Italia, che si piazza al primo posto in questa tragica classifica con +285 equivalenti a 776 morti sul lavoro, la Spagna, con +45 ovvero 392 morti e Portogallo, con +27 pari a 131 incidenti mortali. In base al tasso attuale, i trend prevedono un’evoluzione dal 2022 al 2029 che non dà cenni di rallentamento, al contrario, le previsioni per l’Europa ed in particolare per l’Italia sono terribili: potranno verificarsi 25.155 morti di lavoro in Europa e si stima che nel nostro paese e in Ungheria forse nel prossimo secolo, inizieremo a vedere la parola fine di questa strage sui luoghi di lavoro. 2124: questa è la data presunta in cui gli incidenti mortali saranno eliminati.  Verrebbe da pensare che sia un dato davvero sconfortante fino a quando non leggiamo i dati di previsione per la Francia e la Spagna in cui si stima che i decessi per lavoro non finiranno mai. Nel 2023 La Giornata Mondiale della Sicurezza e della Salute sul Lavoro cade il 28 Aprile, una data fondamentale che è bene promuovere per costruire una cultura della Sicurezza sul posto di lavoro e per poter cercare di invertire questi macro numeri associati alla morte di lavoratori che saliranno agli onori della cronaca su ogni giornale del mondo. Sono tante le persone morte sul lavoro in Italia nel 2022, 1.090 i morti sul lavoro, sebbene ci siano 131 morti in meno rispetto al 2021. Con la scomparsa delle morti per Covid, i dati sono allineati a quelli del 2019, anno pre- Covid, questo dimostra che purtroppo non si è fatto nessun miglioramento, al contrario gli infortuni mortali sono cresciuti nel 2022 del +17%, passando da 927 a 1.080 deceduti (dati Osservazione Sicurezza sul lavoro di Vega). Il nuovo numero di dati Inail, il bilancio provvisorio del 2022 offre un approfondimento dei dati provvisori in attesa della relazione annuale di metà anno e conferma, in base alle rilevazioni mensili delle denunce presentate all’Istituto, che gli infortuni che sono stati denunciati nel 2022 sono stati 697.773 con un + 25,7% rispetto all’anno precedente, del + 25,9% rispetto al 2020 e dell’8,7% vs il 2019. Sono in aumento sia i casi avvenuti sul posto di lavoro con + 28%, che quelli detti “in itinere” ovvero avvenuti nel tragitto tra casa e lavoro, con un + 11,9%. I dati in aumento degli infortuni riguardano sia gli uomini che le donne: alla componente maschile è associato un incremento del +16%, mentre a quella femminile il dato sale a + 42,9%, dando un triste primato alle donne. Un dato, quest’ultimo, legato a quello che resta il settore produttivo più colpito a partire dalla Sanità e dall’Assistenza sociale con + 131,1%, seguito dal Trasporto e Magazzinaggio (+ 79,3%), dalle attività nel settore dei Servizi di Alloggio e della Ristorazione (+ 55,2%) e dall’Amministrazione Pubblica (+54,8%).

Le patologie correlate al lavoro aprono un capitolo a parte, sono 61.000, riguardano per lo più l’apparato muscolo scheletrico che con 39.000 denunce nel 2022 continua ad essere come nel 2019, la patologia più denunciata. A colpire di più chi lavora, con circa 7.000 denunce, la sindrome del tunnel carpale. Sono 4.000 i casi di patologie come le ipoacusie. 1.630 invece, sono i casi di tumore, tra cui emergono in prevalenza i mesoteliomi della pleura asbesto correlati (con l’amianto come causa primaria), tumori maligni a bronchi e a polmoni. In ultimo, 1.600 casi di malattie dell’apparato respiratorio. Gli incidenti sul lavoro o le malattie legate al lavoro rappresentano un problema sanitario a livello globale, il 4% del Pil viene speso a causa dell’insicurezza sul lavoro. Il danno economico e di produttività è enorme ed è misurabile se pensiamo al prezzo pagato per perdita di giornate lavorative, produzione che viene interrotta, per non parlare di spese mediche e legali, di costi legati a riabilitazione e spese di risarcimento. In poche parole, i datori di lavoro devono tornare a considerare che investire sulla sicurezza e sulla salute sul posto di lavoro non è un costo da sacrificare in virtù di piccoli guadagni a breve termine. Guardando le statistiche si rischia di guardare solo ai numeri, ma bisogna pensare che dietro a quei dati ci sono dei volti, dei nomi e delle storie che non dobbiamo e non possiamo dimenticare. Luana D’Orazio, una splendida mamma, morta di lavoro in uno stabilimento tessile di Montemurlo in provincia di Prato, a soli 22 anni, il 3 maggio 2021 per manomissione ad un sistema di sicurezza del macchinario tessile a cui lei, giovane apprendista, stava lavorando. Manomissione messa in atto per guadagnare una manciata di secondi nella rapidità della produzione, ipotesi questa, esclusa a favore della tesi che la manomissione dell’orditoio fosse motivata da un alleggerimento delle attività degli operai, a detta del perito del consulente della procura.  Nelle carte del tribunale si parla di “rimozione dolosa di cautele antiinfortunistiche” che avrebbero dovuto impedire all’operaia di essere risucchiata negli ingranaggi del macchinario. Nel 2022 arriva il patteggiamento: a fronte della condizione posta dalla procura del pagamento del risarcimento assicurativo pari a 1 milione di euro e 10.300 euro di condanna pecuniaria, la condanna è stata fissata a 1 anno e 6 mesi a Daniele Faggi considerato dagli inquirenti il titolare di fatto della ditta tessile e a soli 2 anni di reclusione per Luana Coppini, la titolare dell’azienda in cui è avvenuto l’incidente fatale per la giovane mamma operaia, oggi simbolo delle morti sul lavoro.  Entrambe le pene prevedono la sospensione condizionale, prevista dall’articolo 263 del Codice penale. La dura realtà è che se quella cautela antiinfortunistica non fosse stata rimossa, Luana D’Orazio si sarebbe potuta salvare. Rimangono le parole pesanti come sassi, di dolore e di delusione, pronunciate dalla mamma della giovane Luana, Emma Marrazzo: “Mi aspettavo una sentenza più esemplare, più rispetto verso la morte di mia figlia. Ho sempre detto no alla vendetta, volevo solo stoppare le morti sul lavoro ma ne sentiamo ancora tante. Ho visto gli atti e visto le foto di mia figlia morta. Forse qualcuno non le ha neppure guardate. Ho sempre chiesto giustizia, ma la decisone è stata questa. Mi dicevano “Cosa vuoi cambiare, è stato sempre così e sempre lo sarà”. “Avevano ragione loro, mia figlia di cosa è simbolo? Solo di tante morti.” Luana è il simbolo della vita che si perde per un sistema di sicurezza manomesso, un dispositivo di sicurezza mancante, una scala traballante, un errore o una cattiva gestione della sicurezza che in un attimo, dopo aver sfiorato un incidente una volta, la volta dopo ti uccide.  L’appello è ai tanti capi reparto e titolari d’azienda: come dice l’imprenditore Brunello Cucinelli citando Marco Aurelio: “Datti pace, asseconda l’umanità”. Date valore alla sicurezza, alla dignità, alla vita di chi lavora con voi!

Teresa Sisto

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