Al giorno d’oggi la sfida più ardua per le imprese è quella di rimanere sempre aggiornati, evolversi dal punto di vista tecnologico, essere al passo con le esigenze del mercato e saper cogliere e sfruttare ogni opportunità.
L’open innovation rappresenta uno dei metodi più validi ed efficaci per realizzare innovazione nelle imprese, un modello per creare valore e competere meglio sul mercato, in cui le imprese non dipendono soltanto da idee e risorse interne, ma ricorrono anche a strumenti e competenze tecnologiche che arrivano dall’esterno, da startup, università, fornitori, programmatori, consulenti professionisti e istituti di ricerca. Il ricorso a collaborazioni con l’esterno consente a molte aziende, di rispondere in maniera più tempestiva ai mutamenti del mercato alimentando i progressi e generando creatività. Il modello prevede che un’azienda possa avere accesso alle innovazioni e integrarle con il proprio modello di business, consentendo anche di ridurre il time to market, quindi l’immissione dei servizi o prodotti sul mercato. Spesso però le imprese devono far fronte all’eccessiva complessità organizzativa e gestionale, accaparrarsi le risorse e competenze adeguate affinché questo modello funzioni. Le strategie adottate per l’open innovation dovranno portare dei benefici tangibili alle imprese e devono essere indirizzate ad una migliore gestione dei processi, del personale e delle tecnologie apportando un incremento rilevante e stabile all’interno e all’esterno dell’organizzazione.
Per collaborare con le startup è necessario che le imprese creino condizioni favorevoli alla co-innovazione, coinvolgendo più ambiti: dalle business unit all’amministrazione, dall’ufficio acquisti fino alle risorse umane. Le modalità con cui si realizza l’open innovation possono realizzarsi attraverso accordi interaziendali, per cui viene delegata la creazione di innovazioni o la produzione di particolari pezzi; gli hackathon, ovvero le gare di programmazione per cui si richiede agli sviluppatori di inventare soluzioni digitali innovative in un determinato settore; lo sviluppo del ruolo strategico di facilitatori e acceleratori per facilitare il networking; ancora, l’acquisizione, di startup innovative al fine di integrarle nel proprio organico e rilevare le principali innovazioni realizzate. Altro aspetto da non sottovalutare è la condivisione e la circolazione di idee innovative, attraverso eventi di networking e conferenze; la partnership con università, centri di ricerca e incubatori. La gestione dei flussi di conoscenza può avvenire in due modi, dall’esterno all’interno o viceversa inside out. L’outside in, prevede che l’impresa accolga i diversi input e flussi di conoscenza proveniente dall’esterno attraverso lo strumento del corporale venture capital se l’azienda in questione è interessata a partecipare al capitale sociale dell’iniziativa, in caso contrario attraverso i programmi di startup.
Il modello inside out, invece, prevede che le conoscenze vengano messe a disposizione di chi voglia inserirle nelle attività e sfruttarle nei modelli di business, attraverso le corporate incubation, la concessione di brevetti, licenze o le piattaforme di startup.
Le aziende, in questo contesto ambientale così mutevole, rapido e incerto sono sempwre più esposte al pericolo, ma come diceva il grande Woody Allen : “Se di tanto in tanto non hai degli insuccessi, è segno che non stai facendo nulla di davvero innovativo.”
Maura Malato