Il patrimonio quale motore dello sviluppo economico deve essere al centro dell’Agenda della Strategia nazionale per il rilancio del sistema Paese. Ciò è tanto più vero nell’attuale momento storico in cui gli investimenti sono al centro del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), presentato alla Commissione Europea nell’ambito del Next Generation EU, e che vede l’Italia protagonista in un progetto di riforme per aumentare la sostenibilità della nostra economia e renderla più «resiliente» ai cambiamenti che incombono negli anni di ripresa dalla crisi del COVID-19. In questa direzione, pertanto, è fondamentale una strategia condivisa tra gli stakeholder per la messa in campo di una sorta di Piano Marshall del Patrimonio nel quale ribadire il ruolo dello stesso per la creazione di lavoro e occupazione. E’, quindi, centrale e strategica una visione ampia, che abbia alla base il lavoro e l’occupazione e punti ad una gestione innovativa e di respiro internazionale del patrimonio per definire strategie sia di progettazione di politiche strutturali di supporto sia di valorizzazione del patrimonio con una lente e una visione “nuova”, staccata da dinamiche e approcci obsoleti. Questa è la mission degli Stati Generali del Patrimonio Italiano, che si sono insediati il 21 maggio 2021 con la prima convocazione presso il CNEL. Una consulta permanente e plenaria strutturata come un “Parlamentino” composto di 150 “seggi” assegnati ai rappresentanti delle più autorevoli e importanti organizzazioni italiane, private e pubbliche, operanti nel settore. L’Assemblea nazionale si prefigge obiettivo di realizzare un modello che punti ad una nuova governance che metta in rete e consenta di far dialogare le diverse “anime” degli attori del patrimonio culturale, sia pubblici sia privati ma anche università e Fondazione bancarie, già attivamente impegnate in progetti culturali, e che assicuri una convergenza strategica per una gestione integrata delle differenti progettualità. E’ quanto mai necessario investire per la creazione di “ecosistemi” del patrimonio culturale in grado di collegarsi ai cluster europei per attivare una gestione partecipata tale da consentire all’Italia di competere nello scenario internazionale. Gli Stati Generali rappresentano, in tale scenario, una assise strutturata in 12 Commissioni di settore (Accademie e Università, Cinema, Economia-Finanza-Investimenti, Europa, Digitalizzazione e Innovazione Tecnologica, Lavoro e Occupazione, Paesaggio e Territorio, Patrimonio Immobiliare, Professioni, Restauro, Turismo, Borghi-Comuni-Pro loco-Province) che con un approccio organico, multidisciplinare e trasversale – e con un metodo partecipato – stanno ponendo le basi di un Laboratorio progettuale per giungere ad una indagine conoscitiva organica del settore. Un contesto nel quale è, altresì, importante promuovere e favorire una nuova e sostenibile (come ribadito nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile) imprenditorialità del patrimonio culturale per una rivitalizzazione economica che punti alla creazione di occupazione e di politiche di occupabilità, facilitando e stimolando i partenariati pubblico-privati e l’integrazione delle imprese (del settore) agevolando, altresì, lo scambio e la trasferibilità di best practices. E proprio sul fronte occupazione che c’è la grande sfida del settore culturale e del patrimonio. Tanto è ribadito anche dall’OECD nel Rapporto Shock cultura: COVID-19 e settori culturali e creativi, del 7 settembre 2020, che evidenzia la necessità di mettere in campo delle politiche per la ripresa e il rilancio delle economie locali che facciano leva su l’impatto economico e sociale generato dalla cultura (per approfondimenti si legga R. Caragnano, I. Drogo Inglese, Lavoro e occupazione per il patrimonio. Analisi di sistema di un asset economico per un innovativo modello di welfare, Working Paper 2WEL 5/2021 (ISBN 979-12-80-161-10-9 | 979-12-80161-17-8), Percorsi di Secondo Welfare). Economia della cultura e del patrimonio e occupazione sono, quindi, dei driver della ripresa. Il patrimonio deve rappresentare una leva strategica per lo sviluppo legata necessariamente ai territori e in grado di alimentare una filiera produttiva basata su tutela, conservazione e valorizzazione secondo innovative strategie di business che si legano inscindibilmente anche alla filiera turistica.
Nel settore del patrimonio e della cultura se per un verso ci sono nuove competenze che emergono, legate alle professioni 4.0 anche nel settore del digitale, che sta vivendo un vero e proprio boom per effetto del COVID-19, dall’altro vi sono anche delle criticità che è opportuno superare. Tra queste, ad esempio, la sottovalutazione della “occupazione culturale” che il più delle volte non è presente nelle statistiche ufficiali degli Stati per diversi motivi. Le indagini sulla forza lavoro, infatti, includono solo il lavoro principale retribuito e non catturano l’occupazione secondaria o l’occupazione volontaria che è ampiamente presente nei settori culturali e creativi. Spesso, infatti, i lavoratori occupati in questi settori hanno contratti atipici oppure svolgono l’attività lavorativa non in maniera principale oppure, ancora, hanno contratti “combinati” con contratti di lavoro subordinato, ad esempio part-time. Come tali essendo l’attività in oggetto “secondaria” rispetto a quella principale, appunto, non è inclusa nelle statistiche (sul punto per dati specifici sul quadro europeo si veda il Rapporto OECD, Shock cultura: Covid-19 e settori culturali e creativi, 7 settembre 2020 e la figura n. 1, che segue).
Figura n. 1 – Differenze regionali nella quota di occupazione nei CCS, regioni TL2
2017 o ultimo anno disponibili per i PAesi OCSE con dati più Romania, in1% dell’occupazione regionale
Nota: I cerchi rappresentano le quote regionali più alte e più basse di ogni paese. I paesi sono ordinati per ordine di regione con la quota più alta di occupazione nei CCS. Per i paesi in cui non sono disponibili dati regionali viene presentata la media dei paesi. Dati per le regioni TL2, eccetto Giappone e Corea (regioni piccole, TL3). Lettonia, Islanda e Slovacchia non sono presentati nella figura a causa della mancanza di dati dettagliati sull’occupazione per le divisioni R90 e R91. Le regioni TL2 rappresentano il primo livello amministrativo del governo subnazionale (vedi griglia territoriale OCSE, http://www.oecd.org/fr/regional).
Fonte: OCSE (2020), OECD Regional Statistics. Raccolta dati ad hoc
Nel settore, inoltre, vi sono anche diversi lavoratori organizzati in micro imprese oppure lavoratori autonomi professonisti, freelance, per i quali poi non vi sono neppure sostegni pubblici in caso di shock economici, come accaduto ad esempio durante il COVID-19 dove si è ricorso a misure emergenziali. Nel complesso e nel rinnovato scenario, che guarda alla ripresa economica, le giovani generazioni devono essere educate a comprendere che il patrimonio può rappresentare una straordinaria opportunità imprenditoriale e professionale, e la loro valorizzazione equivale a migliorare il benessere e la socialità. Le sinergie con il mondo della scuola e delle Università sono fondamentali per l’attivazione di percorsi mirati per formare giovani con profili professionali specifici nelle materie dei beni culturali, dell’economia del territorio, del marketing territoriale, della storia dell’arte e del turismo. Centrale, infatti, è proprio il ruolo delle Università per progettare percorsi di studio (laurea e post laurea) che tengano presente le nuove esigenze del mercato del lavoro nel settore del patrimonio. E anche su questo tema gli Stati Generali del Patrimonio, con la competente Commissione I insediatasi presso l’ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario) stanno avviando un dibattito che coinvolgerà gli Atenei italiani. E’ di importanza strategica, pertanto, avviare un processo di rinascita in grado di offrire alle nuove generazioni una rinnovata e innovativa progettualità culturale e competenze di project management mirate alla gestione dei nuovi servizi integrati per la cultura promuovendo azioni di ampio respiro per creare strategie sull’audience development e/o nuovi modelli di business culturale, migliorando le competenze degli operatori culturali e le politiche strutturali nazionali per competere nello scenario mondiale, utilizzando anche le grandi potenzialità della tecnologia.
Il percorso che condurrà alla scrittura di un “Piano Strategico del Patrimonio Italiano. Rapporto degli Stati Generali del Patrimonio Italiano” – contenente le proposte di policy, promozione, sviluppo e valorizzazione del patrimonio italiano condivise e sostenute dagli organismi e dalle organizzazioni che operano nel settore e possa essere, allo stesso tempo, una proposta partecipata da sottoporre alle Istituzioni, in primis i Ministeri – è stato avviato.
Ivan Drogo Inglese
Presidente “Stati Generali del Patrimonio Italiano”
Roberta Caragnano
Segretaria Generale “Stati Generali del Patrimonio Italiano”