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16 Gennaio 2025
Economia Primo Piano

SUPERBONUS

Di Superbonus e bonus edilizi si è scritto, parlato e straparlato da un anno a questa parte, per cui vale la pena fare innanzitutto una fotografia obiettiva di quanto accaduto, prima di procedere con le considerazioni ed i commenti.

La genesi degli artt. 119 e 121 del DL 34/2020, c.d. “Decreto Rilancio”, va ricordato essere collocata temporalmente in piena pandemia Covid, i cui effetti sull’economia erano già visibili ed evidenti; l’intento della norma era pertanto triplice, in quanto voleva unire 3 temi importantissimi:

  • migliorare dal punto di vista energetico le abitazioni italiane, per la maggior parte troppo energivore;
  • mettere in sicurezza dal punto di vista sismico le stesse abitazioni, per evitare un alto numero di vittime e danni ad ogni evento sismico;
  • dare un concreto contributo al rilancio dell’economia, essendo noto che il settore edile è trainante rispetto a molti altri settori.

L’idea di base fu, di fatto, un potenziamento dei bonus edilizi preesistenti (bonus ristrutturazioni, ecobonus, sismabonus, ecc.), potenziamento legato a due elementi:

  • l’aumento della percentuale dell’importo dei lavori che genera il credito d’imposta, passando al 110% rispetto alle percentuali molto più basse dei bonus preesistenti;
  • la possibilità per il contribuente committente dei lavori di cedere il credito d’imposta all’impresa che fa i lavori, potendo, di fatto, in questo modo ottenere i lavori a costo 0 e, soprattutto, svincolando l’importo dei lavori dalla capienza della propria dichiarazione dei redditi; l’impresa, a sua volta, poteva ricedere il credito d’imposta ad un cessionario successivo, senza limiti al numero delle cessioni successive, trasformando i crediti d’imposta in una “moneta fiscale” liberamente circolante.

Una primo falso mito da sfatare è che lo Stato ci rimetta il 110% dell’importo dei lavori eseguiti; il mancato gettito di imposte, pari effettivamente al 110% dell’importo dei lavori, è solo una delle poste della partita; per calcolare il vero costo a carico dello stato bisogna infatti considerare il maggior gettito IVA, il maggior gettito per le imposte pagate da tutti gli attori i cui fatturati aumentano sensibilmente ecc., senza voler parlare di emersione del lavoro nero (si vedano due interessanti articoli sul tema:

https://www.lavoripubblici.it/news/superbonus-110-quanto-costa-davvero-stato-28951

https://www.edilportale.com/news/2022/11/mercati/superbonus-censis-il-gettito-fiscale-ripaga-il-70-della-spesa-a-carico-dello-stato_91418_13.html#:~:text=Superbonus%2C%20gli%20effetti%20fiscali,opere%20di%20efficientamento%20sugli%20edifici.)

Ogni volta che si parla del superbonus come un puro costo e quasi un danno alle casse dello Stato, si fa della disinformazione strumentale.

Tuttavia gli artt 119 e 121 del DL 34/2020, nonostante le intenzioni apprezzabili, contenevano un clamoroso “buco”: consentivano la cessione dei crediti anche per tutti i bonus diversi dal Superbonus, ma senza imporre le stesse asseverazioni tecniche e fiscali che garantivano la correttezza delle pratiche Superbonus; questa lacuna normativa ha consentito ai truffatori di approfittarne in modo a volte clamoroso, poiché si potevano generare crediti d’imposta milionari, a volte miliardari, senza l’obbligo che un professionista asseverasse i crediti stessi.

Alla possibilità di effettuare le truffe, poi, ha dato un fattivo contributo Poste che comprava i crediti d’imposta senza chiedere alcun documento a supporto e senza fare alcun controllo.

I famosi attacchi di Draghi e del ministro Franco attribuirono erroneamente le truffe al Superbonus, mentre la stragrande maggioranza delle frodi era attribuibile agli altri bonus, per colpa della succitata non obbligatorietà dei controlli e delle asseverazioni, e con gravi responsabilità di quei soggetti che compravano senza alcun controllo.

Come purtroppo succede non di rado in Italia, scoperta la lacuna normativa si corre ai ripari (chiudendo la stalla a buoi già scappati); dall’11 novembre 2021 si sono susseguiti decreti e contro-decreti, circolari dell’Agenzia delle Entrate e ancora decreti; questo legiferare disorganico, che nelle dichiarazioni di intenti voleva contrastare le truffe, ha ottenuto l’unico risultato di bloccare completamente il mercato delle cessioni.

A più di un anno di distanza dal primo “decreto anti frodi” (DL 157 dell’11 novembre 2021), possiamo senz’altro dire che si è buttato via il bambino con l’acqua sporca, nel senso che si sono sì inaspriti i controlli per limitare o azzerare la possibilità di truffe, ma si è impedito alle molte imprese oneste di cedere i crediti portando decine di migliaia di aziende sulla soglia del fallimento.

Il danno fatto da questo legiferare continuo senza risolvere nulla, ha avuto e avrà un impatto tremendo sia sulle imprese che sui cittadini:

  • decine di migliaia di imprese, se non riusciranno a brevissimo a cedere i crediti d’imposta che hanno nel cassetto fiscale da oltre un anno, non riusciranno a sfuggire al fallimento, con un danno economico e sociale inimmaginabile;
  • le fasce della popolazione meno abbienti, e quindi senza la disponibilità finanziaria per pagarsi i lavori ma anche senza la capienza fiscale necessaria a portare in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi il credito d’imposta, sono state private della possibilità di migliorare la prestazione energetica della propria abitazione, o, peggio, di metterla in sicurezza dal punto di vista sismico.

Un simile danno al tessuto economico e sociale, possibile che sia passato inosservato al precedente Governo e a quello attuale? O dobbiamo piuttosto chiederci tristemente cui prodest, come tutte le volte che una norma è così palesemente malfatta e non risolutiva da rendere poco credibile la tesi dell’incompetenza di chi l’ha redatta?

Va detto che chi fa il mestiere dell’asseveratore o dell’advisor tecnico-fiscale, sa bene dove si annidavano i rischi di truffe ante 11 novembre 2021 e, come nel nostro caso, ha saputo riconoscere e scartare alcune delle pratiche truffaldine salite alla ribalta delle cronache.

Anche prima che il DL 157 dell’11 novembre 2021 introducesse l’obbligo delle asseverazioni anche per tutti i bonus diversi dal Superbonus (colmando quindi il “buco” normativo di cui sopra), gli asseveratori e gli advisor seri controllavano le pratiche rigorosamente “come se” avessero dovuto apporre il visto anche se non era obbligatorio; grazie a questo modus operandi hanno saputo riconoscere ed evitare le pratiche sospette.

La soluzione, secondo noi, non sta nelle norme a volte contraddittorie e sicuramente dannose che si sono susseguite dal novembre 2021; la soluzione era molto più semplice:

  • rendere obbligatorie le asseverazioni anche sui bonus diversi dal Superbonus (e questa è l’unica cosa giusta che è stata fatta);
  • sanzionare i cessionari che, come faceva Poste, non pretendono di acquisire il seto documentale previsto per ogni bonus edilizio;
  • elevare le responsabilità e le relative sanzioni a carico degli asseveratori tecnici e fiscali e degli advisor dei cessionari, unici veri responsabili di aver fatto passare pratiche evidentemente sospette, per non dire di più.

Concludendo, non abbiamo perso la speranza che, a forza di modifiche e auto-adattamenti del mercato, si possa giungere allo sblocco delle cessioni e quindi si possano in primis salvare le decine di migliaia di imprese a rischio fallimento e in seconda battuta si possano avviare i nuovi cantieri dei molti cittadini che aspettano di poter risanare la propria abitazione.

Resta l’amarezza di come, anche questa volta, l’Italia si sia dimostrata un Paese dove non è possibile fare pianificazione e programmazione, dove le norme vengono cambiate in corsa con effetto retroattivo, e dove si è riusciti a distruggere una normativa che poteva dare un vero impulso all’economia e modernizzare il vetusto patrimonio immobiliare.

Antonio Coeli

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