Nel 2015, quando è stata approvata, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile con i suoi 17 obiettivi si era assegnata 15 anni per realizzare dei significativi progressi, distribuiti in tutti i Paesi del mondo, su temi che spaziano dalla lotta alla povertà e alla malnutrizione, ai sistemi energetici e industriali, agli ecosistemi terrestri e acquatici, fino alle istituzioni, alla pace e alla cooperazione internazionale.
Ne sono passati circa 7: prima di chiederci a che punto siamo, cerchiamo di capire come l’Agenda e alcuni contributi successivi suggeriscono di fare per avvicinarsi ai risultati sperati, che riteniamo siano necessari per migliorare il benessere del nostro pianeta e di coloro che vi abitano – noi compresi.
Un principio basilare e apparentemente semplice dell’Agenda 2030 è che i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile sono tutti collegati tra loro.
Se usiamo gli schemi interpretativi elaborati da ricercatori e da alcuni organismi del sistema delle Nazioni Unite, possiamo studiare le interdipendenze interne tra gli obiettivi dell’Agenda 2030.
In particolare, le interazioni tra diversi obiettivi possono essere positive, negative o neutre: le interazioni positive determinano “co-benefici” (cioè vantaggi reciproci per tutti gli ambiti tematici degli obiettivi correlati) e possono essere poste alla base di strategie intersettoriali; quelle negative comportano “trade-off” (cioè rinunce in un ambito a vantaggio di un altro) (Nilsson, 2016).
Ad esempio, una misura orientata a favorire il risparmio energetico in un edificio residenziale può contribuire al tempo stesso alla riduzione delle emissioni di CO2 del comune in cui sorge l’edificio e alla lotta alla povertà energetica, riducendo la spesa mensile delle famiglie residenti per le bollette dell’energia elettrica. Ma potrebbe anche accadere che l’introduzione di una misura favorevole alla protezione delle risorse idriche in un’area riducesse la disponibilità d’acqua per gli usi agricoli e industriali con effetti negativi sulle prospettive di crescita economica e occupazionale locale.
Sono stati inoltre condotti studi sulle interazioni tra i target dei diversi obiettivi a diverse scale geografiche da quella globale a quella regionale e locale (ICSU, 2017; United Nations Development Group, 2017; Cetara et al. 2020).
Individuare relazioni di questo tipo è indubbiamente complesso, per questo occorre chiedersi quale sia la reale utilità di un’operazione simile. Per farlo, partiamo da una considerazione generale: la conoscenza delle relazioni tra gli SDG intende mostrare come le tre dimensioni dello sviluppo (economica, ambientale e sociale) siano concretamente correlate tra loro.
Vediamo alcuni esempi di relazioni possibili tra obiettivi dell’Agenda 2030: garantire un’istruzione di qualità, equa e inclusiva (come previsto dall’obiettivo 4) significa anche offrire pari opportunità a donne e uomini (in linea con l’obiettivo 5).
Figura 1. Un esempio di interazione tra obiettivi di sviluppo sostenibile
Ancora, per assicurare salute e benessere globale e locale (come prevede l’obiettivo 3), occorre vivere in un Pianeta sano ed ecologicamente efficiente (in linea con gli obiettivi 6, 13, 14 e 15).
Figura 2. Un altro esempio di interazione tra obiettivi di sviluppo sostenibile
E infine, per garantire un lavoro dignitoso per tutti (come previsto dall’obiettivo 8) bisogna operare attivamente per l’eliminazione delle disuguaglianze (di cui all’obiettivo 10).
Figura 3. Un esempio di interazione tra obiettivi di sviluppo sostenibile
Abbiamo visto alcuni semplici esempi, in effetti piuttosto intuitivi. Ora cerchiamo di spiegare la ragione politica e operativa per cui la conoscenza di questi collegamenti possa incentivare il conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.
Consideriamo che, una volta che questi collegamenti siano stati dimostrati, diventa evidente che nessun obiettivo possa essere conseguito indipendentemente dagli altri, pertanto le strategie di attuazione dell’Agenda a ogni livello territoriale dovranno tener conto delle relazioni reciproche tra gli obiettivi, come minimo per evitare che il conseguimento di alcuni si ripercuota negativamente su altre sfere dello sviluppo, compromettendo la possibilità di raggiungere altri SDG.
In termini più tecnici, l’attuazione dell’Agenda 2030 richiede l’adozione di un approccio mutuato dalla teoria dei sistemi complessi (nota anche come “pensiero sistemico” o “dinamica dei sistemi”).
Ad esempio, secondo Nilsson e altri studiosi (Nilsson et al., 2018), dopo averle definite, le interazioni tra obiettivi o tra target possono essere suddivise in sette tipologie (dalla cancellazione degli esiti di un obiettivo concorrente fino all’indivisibilità dei vantaggi generati da diversi obiettivi) e a ciascuna può essere assegnato un punteggio positivo o negativo per indicare rispettivamente un “co-beneficio” o un “trade-off”, per usare la terminologia usata sopra.
Trattandosi di obiettivi e target di tipo generale e con una portata politica, le ragioni che possono condizionarne l’efficacia sono difficili da classificare. Tra queste possiamo però ricordare l’orizzonte temporale necessario per l’attuazione dell’obiettivo o del target, le condizioni geografiche e territoriali del contesto in cui debba avvenire l’attuazione e le condizioni istituzionali e di “governance” del medesimo contesto di riferimento.
Secondo uno studio con una portata abbastanza limitata del 2017 che aveva preso in considerazione gli obiettivi di sviluppo sostenibile 2, 3, 7 e 14, circa l’80% delle 316 interazioni individuate era di tipo positivo e solo il 20% di tipo negativo (ICSU, 2017).
Questo tipo di studi ha mostrato finora diverse incertezze in termini previsionali: non è sempre chiara la direzione delle interazioni tra obiettivi o target (è positiva o negativa? Quale obiettivo genera un effetto sull’altro?) e il ruolo delle variabili di contesto come l’area geografica di riferimento, le sue risorse e la sua estensione; le istituzioni coinvolte nell’attuazione e le politiche adottate; l’orizzonte temporale usato per valutare le interazioni tra obiettivi.
Infatti, per esempio, se è vero che molti obiettivi e target sembrano contribuire a migliorare la dimensione generale della salute contemplata dall’obiettivo 3, sembra che il tipo di istituzioni e le politiche sanitarie o di welfare adottate in un certo stato giochino un ruolo centrale nel determinare il successo delle interazioni individuate.
Oppure, nel campo dell’energia pulita e a buon mercato oggetto dell’obiettivo 7, l’orizzonte temporale considerato fa la differenza, atteso che le infrastrutture richiedono parecchio tempo per essere progettate, realizzate e attivate e costituiscono investimenti di lungo periodo. Pertanto, se assumiamo un orizzonte temporale troppo ristretto, rischiamo di sottovalutare drasticamente i “co-benefici” che possono interessare questo settore.
In alcuni casi, come quello degli oceani, il ruolo svolto dal contesto geografico è difficile da definire e quindi da considerare, nel caso si voglia comprendere il suo contributo al successo nel conseguimento di un obiettivo: in alcuni casi si fa riferimento alle aree costiere, dove va considerata l’interazione tra mare e terra e sono visibili effetti positivi sul settore economico della pesca, del turismo e delle risorse marine in generale connessi al miglioramento della qualità ambientale; in altri casi le relazioni sono di tipo globale, come l’acidificazione oceanica connessa ai cambiamenti climatici, ma presentano impatti locali sulle barriere coralline che possono condurre a effetti economici negativi nelle regioni direttamente interessate, ad esempio nei settori del turismo e della pesca.
Nonostante le incertezze che gli esempi tratti dallo studio di Nilsson e colleghi del 2018 (Nilsson et al., 2018) e brevemente richiamati qui sopra sottolineano, l’interazione tra gli obiettivi è ampiamente accettata dalla ricerca ed è di fondamentale rilievo per l’attuazione dell’Agenda.
Solo un sistema di obiettivi profondamente radicato e trasversale rispetto alle diverse priorità politiche delle amministrazioni coinvolte nell’attuazione dell’ultimo miglio, come le regioni e i comuni, ha buone probabilità di essere preso in considerazione: infatti è molto probabile che almeno alcune delle azioni che un’amministrazione abbia intenzione di attuare siano allineate ad alcuni degli SDG e se realizzarle contribuirà a conseguire altri obiettivi, per la politica sarà possibile ampliare il ventaglio dei risultati attribuiti al proprio operato nel corso del mandato di riferimento.
Una buona politica ambientale che possa contribuire ipso facto alla salute, alla qualità della vita e alla riduzione della spesa energetica dei cittadini avrà maggiori probabilità di essere presa seriamente in considerazione e adeguatamente finanziata.
Secondo la teoria dell’interesse pubblico, le istituzioni e le amministrazioni pubbliche operano per la massimizzazione (o quanto meno per il miglioramento) del benessere delle nostre società. Benché definire il concetto di benessere sia notoriamente una delicata questione di filosofia politica, possiamo accettare la nozione di benessere alla base dell’Agenda 2030 e ritenere che costituisca un lecito caso di interesse pubblico.
Come fare dunque per veder realizzate sui nostri territori le scelte pubbliche e private necessarie per conseguire i 17 obiettivi che assumiamo concorrano alla versione universale di interesse pubblico propugnata dall’Agenda 2030?
Suggeriamo che la conoscenza delle interazioni tra obiettivi possa aiutare.
Infatti, per vedere realizzate scelte di questo genere, occorre conseguire una diffusione ampia e idealmente capillare delle interazioni tra obiettivi che abbiamo provato a illustrare e sviluppare analisi locali che possano fornire alle amministrazioni territoriali gli elementi per scegliere consapevolmente in quale direzione muoversi.
Il tempo va esaurendosi. È probabilmente compito della scienza comunicarlo e certamente della politica comprenderlo. Il più presto possibile.
Luca Cetara