14 Maggio 2025
Verso una Nuova Sovranità Energetica
Economia Primo Piano

Verso una Nuova Sovranità Energetica

L’idrogeno ferroviario come stampella della transizione energetica

Nell’articolo pubblicato su queste pagine nel numero di aprile (L’Esodo n. 53), avevo affrontato il tema della sovranità energetica attraverso il prisma del disegno di legge per lo sviluppo del nucleare sostenibile in Italia. In quella sede, ponevo l’accento sulla necessità di una transizione energetica che non fosse figlia dell’emozione ideologica, ma guidata dalla razionalità scientifica, dall’efficienza tecnica e dalla volontà politica di affrancare l’Italia da una cronica dipendenza energetica. Oggi, in coerenza con quella visione, desidero porre l’attenzione su un altro asse strategico della trasformazione energetica: l’idrogeno applicato al trasporto ferroviario.

L’idrogeno verde, prodotto tramite elettrolisi dell’acqua alimentata da fonti rinnovabili, rappresenta una delle più promettenti traiettorie tecnologiche per la decarbonizzazione dei trasporti.

Ma il suo potenziale non è distribuito uniformemente: mentre nel comparto automobilistico o aereo persistono criticità legate allo stoccaggio, alla pressione e alla logistica, nel settore ferroviario si incontrano condizioni favorevoli.

La natura stanziale delle infrastrutture, la regolarità delle tratte e la possibilità di produrre idrogeno localmente, presso le stazioni o lungo i corridoi ferroviari, rendono questo vettore energetico una soluzione praticabile, sostenibile e, soprattutto, strategica.

Secondo Ferrovie dello Stato, il consumo annuo di energia per la trazione ferroviaria in Italia si attesta oggi intorno a 4,9 miliardi di kWh (4.900.000 MWh).

Si tratta di una quota significativa, che grava sulla rete elettrica nazionale in un momento storico in cui la produzione da fonti rinnovabili, pur in crescita, non riesce ancora a soddisfare integralmente la domanda complessiva.

Alla luce di ciò, sorge spontanea una riflessione: quale impatto avrebbe la conversione del trasporto ferroviario dall’elettrico all’idrogeno sul sistema energetico Nazionale?

Stime attendibili indicano che il risparmio di energia elettrica derivante da tale transizione potrebbe alimentare oltre 760.000 veicoli elettrici per uso urbano, i quali, complessivamente, percorrerebbero più di 11 miliardi di chilometri ogni anno.

Questa redistribuzione razionale dell’energia contribuirebbe non solo a decongestionare la rete, ma a favorire lo sviluppo di una mobilità urbana più accessibile, meno impattante e meglio integrata con i picchi di produzione da fonti rinnovabili.

In questo scenario, si afferma un concetto chiave: diversificazione energetica. Il futuro della transizione non risiede nella monocoltura tecnologica, bensì in un ecosistema articolato dove l’elettrico, l’idrogeno, il nucleare di nuova generazione e i biocarburanti convivano secondo principi di efficienza, contesto e finalità.

La mobilità urbana e pendolare trova nel veicolo elettrico una risposta coerente. Il trasporto ferroviario e la logistica pesante su rotaia possono e devono affidarsi all’idrogeno.

La produzione costante di base può essere garantita dal nucleare.

Nessuna tecnologia è onnipotente; nessuna va idolatrata o demonizzata.

Il valore dell’idrogeno ferroviario si riflette anche in termini di pianificazione territoriale.

La possibilità di produrre idrogeno verde in loco, nelle vicinanze delle linee ferroviarie, potrebbe trasformare le cosiddette aree marginali o depresse in nodi energetici attivi.

Si verrebbe così a delineare un modello a “chilometro zero”, capace di ridurre le perdite di trasmissione, stimolare l’occupazione locale e avviare processi virtuosi di rigenerazione socioeconomica.

Anche il piano logistico nazionale troverebbe nuova linfa. Oggi le grandi navi merci che giungono nel Mediterraneo si dirigono verso i porti del Nord Europa, come Rotterdam, dopo aver circumnavigato l’Italia.

Perché non pensare, finalmente, a un grande corridoio merci ad idrogeno che colleghi il porto di Taranto al cuore dell’Europa?

Una tale infrastruttura, moderna e sostenibile, darebbe centralità strategica al Mezzogiorno, valorizzando la posizione geopolitica del nostro Paese come ponte naturale tra Asia, Africa ed Europa.

Non si tratta di sogni o utopie, ma di scelte politiche. E qui torniamo al punto centrale: la politica non deve essere sostituita dall’ingegneria, ma essa deve fondarsi su solide basi ingegneristiche.

Le scelte devono poggiare su dati, simulazioni, scenari comparativi.

Questo non significa rinunciare alla visione. Al contrario: significa guidare il cambiamento con razionalità, evitando gli errori di una transizione frettolosa, disorganica e incoerente.

Nel tempo dell’incertezza globale, l’Italia ha bisogno di certezze strutturali. L’investimento sull’idrogeno ferroviario, accanto allo sviluppo del nucleare sostenibile, potrebbe rappresentare il binario su cui far correre una nuova stagione di crescita, lavoro e indipendenza.

Un futuro energetico plurale, sicuro e tecnologicamente avanzato è a portata di mano, se sapremo coniugare visione e competenza, innovazione e identità nazionale.

La nostra generazione è chiamata a fare scelte coraggiose.

La transizione energetica non è solo una sfida ambientale, ma una sfida di sovranità e civiltà. E in questa sfida, l’Italia può e deve giocare un ruolo da protagonista.

Francesco Carbone

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