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16 Gennaio 2025
Editoriale

Editoriale n°15 – Febbraio 2022

E’ finita la ricreazione. A chi non ritorna ogni tanto in mente quando da ragazzini si aspettava con ansia e gioiosa attesa la prima campanella che dava il “libera tutti” e ci si poteva subito precipitare nei corridoi a parlare anche con gli amici delle altre classi, a fare scherzi, a veder nascere amori. E adesso a chi non è tornato in mente questo ricordo, questa immagine, nei lunghi, confusi e oserei dire a tratti squallidi giorni delle votazioni per l’elezione del nostro Presidente della Repubblica. Abbiamo assistito dentro e fuori ai “Palazzi della politica”, e nel rispetto delle Istituzioni ho usato la lettera maiuscola mentre per l’attuale prova di scarso valore ho usato la lettera minuscola per la politica, ad un teatrino intollerabile per il particolare momento di emergenza sanitaria, economica ed internazionale che stiamo vivendo. Uno spettacolo che ha portato ad un risultato molto prevedibile, ma che purtroppo non fa che confermare l’incapacità degli attuali partiti e della loro classe dirigente a fare sintesi costruttiva nell’interesse del Paese. Siamo dovuti ricorrere per la seconda volta consecutiva alla rielezione, nonostante questa volta la palese e fortemente dichiarata volontà di non voler essere rieletto, del Presidente uscente. Dalle tante trasmissioni tv, maratone o meno, abbiamo potuto assistere ad un clima anche da “parenti serpenti”, vedendo, in un Transatlantico pieno come se il Covid non esistesse, pian piano sgretolarsi sempre di più le coalizioni ed anche la stessa capacità di tenuta dei leader dei partiti non più in grado di “mantenere” i propri. Non mi scandalizza il numero di votazioni necessarie per arrivare all’elezione del “nuovo” Presidente, ma il come ci siamo arrivati e con quale risultato. Per l’elezione di Segni servirono 9 scrutini, per Scalfaro e Pertini (il Presidente più votato nella nostra storia repubblicana) 16, per Saragat 21 e per il Presidente Leone ben 23. Alla fine il presidente della Repubblica uscente Sergio Mattarella è stato rieletto per un secondo mandato, nell’ottavo scrutinio, raggiungendo 759 preferenze, diventando così il secondo presidente più votato. Ma torniamo ai giorni delle votazioni, ai giorni della ricreazione, ai giorni in cui molti grandi elettori hanno dato prova della loro (poca) serietà. Non sono stati pochi i “buontemponi” che, in un momento solenne e carico di significato, hanno, facendosi scudo e coraggio (da codardi) nell’anonimato, impresso sulla loro scheda il nome di personaggi del mondo dello spettacolo, magari per poi vantarsene con gli amici dentro e fuori ai partiti. E’ così che alla storia, come già successe per Magalli, passeranno come potenziali Presidenti della Repubblica anche Amadeus, Alfonso Signorini, Alberto Angela, Giuseppe Cruciali, Al Bano ed anche il “duro” Rocco Siffredi e via via tanti altri. Una ennesima riprova della mancanza di rispetto verso le Istituzioni e verso i cittadini italiani che dovrebbero rappresentare. Da questa elezione emergono anche altre due valutazioni, una interessa l’età anagrafica e l’altra il “genere”. Il rieletto Presidente della Repubblica è prossimo a spegnere l’ottantunesima candelina, il Presidente del Consiglio Draghi di anni ne ha 74 e Giuliano Amato, da poco arrivato alla Presidenza della Corte costituzionale italiana, va per gli 84 anni. Io sono un convinto oppositore della “rottamazione” umana in quanto ritengo che il trascorso e il vissuto di chi ha più anni sia anche un valore irrinunciabile da cui attingere sempre, ma da qui a dover ammettere che tra i cinquanta e sessantenni non via sia una classe politica valida per coprire ruoli apicali mi trovo in seria difficoltà, forse bisognerebbe solo dare più spazio alle competenze e un po’ meno agli inciuci di palazzo. Altra nota dolente è quella delle donne, in politica ce ne sono tante oramai ma forse anche per loro vale lo stesso discorso appena fatto per il problema generazionale, se spesso possono farsi largo solo se scelte dal “signorotto” di turno e non sempre per riconosciuti meriti. Su, dai, torniamo in “classe” e diamoci da fare, il Paese merita di più e speriamo ci si ricordi a lungo, almeno fino alla prossima scadenza elettorale, di chi si è permesso di beffeggiare in vario modo i cittadini, le Istituzioni e la Patria.

Massimo Maria Amorosini

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