Siamo un Paese sempre più fragile, perché non può essere che definita così l’Italia che non si preoccupa dei suoi padri, di quelli che la hanno portata dove è adesso. Non dimentichiamoci mai che abbiamo ben il 22,8% del totale della popolazione ha più di 65 anni, rispetto al 20,3% della media dei Paesi dell’Unione Europea. Se trasformiamo le percentuali in numeri nel nostro Paese ci sono circa 14 milioni di persone over 65, di cui la metà superano i 75 anni di età, e con questi dati abbiamo la popolazione più anziana d’Europa e siamo a livello mondiale secondi soltanto al Giappone. Fermiamoci dunque a riflettere su questi dati per cercare di comprendere il perché della nostra fragilità. La vecchiaia, o anche solo il pensiero della vecchiaia, spesso fa paura o porta con sé la malinconia del tramonto di una vita che volge al termine, che ha cessato tutte le sue aspettative. Bisogna affrontare con una visione strategica quelli che sono i bisogni delle persone anziane, che non devono né possono essere più viste come un peso e un costo per la collettività, ma al contrario come una nuova grande opportunità da reinventare giorno per giorno. Dobbiamo andare alla ricerca di nuove modalità di invecchiamento positivo, partendo dallo stimolare la curiosità, gli studi, gli interessi, le passioni, tutti elementi che possono contribuire ad un invecchiamento sereno e positivo per se stessi e per la collettività. Le competenze e le capacità maturate negli anni sono una grande risorsa per la nostra società, sempre che siano ben valorizzate e sostenute. Una possibile via è sviluppare un vero e proprio patto generazionale che sarebbe di vitale importanza anche per il nostro sistema produttivo. Ma torniamo allo stato dell’arte, al nostro oggi. Gli anziani sono tra i consumatori più bisognosi di assistenza e tutela, tante le truffe che subiscono e i contratti a distanza che spesso con inganno vengono estorti. Per non parlare della malaugurata idea di aprire un nuovo conto corrente bancario, per fare ciò o qualsiasi altra attività vengono date per scontate competenze digitali e informatiche, oltre che adeguate strumentazioni. Il mondo sta andando in questa direzione, con una accelerata indubbiamente innescata dal periodo di pandemia appena, quasi, passata e sta a tutti noi insegnare agli anziani a come utilizzare la tecnologia a proprio favore per rendere la vecchiaia più semplice e superare le distanze e l’isolamento che ne derivano. Oggi si tende ad avere tutti i servizi, anche della Pubblica Amministrazione, in via digitale. Penso all’identità digitale, allo SPID oramai necessario per ogni servizio. Ma si è pensato ai tanti che non hanno per nulla o molto poche competenze informatiche? Non corriamo il rischio di penalizzarli, di farli sentire cittadini di serie B o peggio ancora farli finire nelle mani di truffatori senza scrupoli? Si parla poi tanto di perequazione delle pensioni, ma l’unica verità è che il potere d’acquisto delle pensioni è sempre minore. Che Paese siamo diventati? Le istituzioni dovrebbero garantire il sostegno ai nuclei familiari che hanno anziani al proprio interno, per continuare una vita in convivenza che darebbe sicuramente grandi ritorni in positività tanto agli anziani quanto ai loro figli e nipoti. Quella che viene definita terza età è un periodo in cui finalmente ci si può rilassare, non si dovrebbe più essere costretti ad inseguire la produttività a tutti i costi. Una fase della vita con più tempo a disposizione per curare i rapporti, gli affetti, gli hobby e le relazioni. Facciamo in modo che così sia, e soprattutto ricordiamoci che l’anziano può dimostrarsi ancora una risorsa indispensabile per famiglia e società. Meditiamo gente, meditiamo.
Massimo Maria Amorosini