Le nostre città, i paesi, i piccoli borghi, tutti hanno quest’anno iniziato in anticipo ad addobbare strade, piazze e negozi per l’arrivo del Natale. Si vedono oramai anche da più di un mese le luminarie, spente anche di notte, essere già lì, pronte, per riempire di luci e colori le nostre festività. Alcune amministrazioni comunali, a fronte delle critiche e della ilarità provocata, hanno giustificato l’allestimento anticipato con i minori costi sostenuti rispetto a quelli che si sarebbero dovuti affrontare a inizio dicembre. Il Natale è dunque già arrivato, non importa se quest’anno è segnato da una galoppante inflazione, da una crisi energetica che rende sempre più difficile il pagamento delle utenze di gas e luce per famiglie e imprese, da una situazione geopolitica internazionale che non promette nulla di buono. Il Natale è il Natale, e bisogna celebrarlo. Sempre e comunque bisogna celebrarlo. In qualche modo questo è anche comprensibile, serve per esorcizzare la fame, la paura, la guerra, i dolori, le avversità. Ma non per combatterli, per quello serve altro. Serve una politica forte e coraggiosa, servono scelte lungimiranti, strategie di medio e lungo periodo. In altre parole non serve più l’improvvisazione, no l’improvvisazione e il tirare a campare non serve più, non è più ammissibile il voltarsi dall’altra parte, il far finta di niente, il pensare “che può succedere?”. Purtroppo ciclicamente qualcosa succede, inesorabilmente succede per ricordarci che dobbiamo cambiare, ma quando oramai è già troppo tardi. In questo Natale non possiamo non pensare alle tante tragedie di tipo economico, sociale, lavorativo, che si consumano quotidianamente, ma a rincarare la dose abbiamo anche la tragedia avvenuta sull’isola di Ischia. Fiumi di parole, forse anche di “fango”, sulle cause, le colpe, le responsabilità, quasi a far passare in secondo piano la perdita di tante vite umane e lo stravolgimento esistenziale di tante altre. Cambiamenti climatici, sfruttamento e impermeabilizzazione del suolo, abusivismo, questi i temi che stanno appassionando i tanti talk televisivi per riempire le proprie trasmissioni con tifosi dell’una o delle altre tesi alla base del disastro. Ma quanto serve parlare e parlare, scaricare le colpe sugli uni o sugli altri, se non a pulirsi la coscienza ed a voltare la faccia dall’altra parte attendendo che succeda qualcos’altro che vada a monopolizzare l’attenzione mediatica e pubblica, facendo dimenticare i fatti di Ischia? La storia recente delle tante calamità, da alluvioni a terremoti, ha dimostrato che questo è quello che avviene e che le buone intenzioni, a parole, e i buoni propositi spesso si traducono in un nulla di fatto ed anche quando qualcosa si muove lo fa ad una tale lenta velocità che sembra più essere un “contentino” che altro. E’ Natale gente, ma forse non lo sarà per tutti.
Massimo Maria Amorosini