Che palle, anzi forse sarebbe meglio dire che palla visto che tocchiamo un tema che, anche se solo marginalmente, ha a che fare con il mondo del calcio. L’ultimo tormentone dell’estate, dopo le canzoni italiane che abbiamo ascoltato sotto l’ombrellone, come Disco Paradise, Pazza musica o Italodisco, è l’avventura di Roberto d’Arabia. Sembra che non abbiamo argomenti più importanti su cui tenere alta la nostra attenzione, ma che cosa è una imminente difficile legge di bilancio al cospetto del sacro graal del calcio, e quindi via in ogni luogo e contesto a disquisire sul tradimento, sull’ignobiltà, sulla scorrettezza, sulla non riconoscenza di un uomo che per il vil denaro si sveste della casacca di commissario tecnico della nazionale italiana di calcio voltando le spalle ad una intera nazione. E vai con i processi mediatici, con attacchi più o meno velati nei confronti di un uomo che è stato fino a soli pochi giorni fa simbolo di un Paese, ed anche testimonial della sua Regione di origine per promuoverne le bellezze. Quella stessa Regione, le Marche, dove il Partito Democratico ha proposto alla Regione Marche di recedere immediatamente dal contratto che vede l’ex ct dell’Italia ingaggiato come proprio testimonial turistico in quanto non rappresenta più un bell’esempio. E via con le valanghe di critiche a Mancini per essersi venduto al nemico, per aver ceduto alle sirene incantatrici del denaro e preferire quest’ultimo all’orgoglio nazionale. Ma non solo dalla politica sono arrivate le tante bordate, anche il mondo del calcio non le ha mandate a dire. Tra questi l’allenatore del Cagliari Claudio Ranieri che ha contestato la scelta di Mancini, dicendo che lui avrebbe rifiutato e sarebbe rimasto fermo al suo posto perché non c’è prezzo che può contrastare il privilegio di sedere sulla panchina della nostra nazionale. Cerchiamo di ragionare però con calma su alcuni aspetti, senza farci travolgere dai fanatismi che non sono mai d’aiuto. Dato certo è che il signor Roberto Mancini, già allenatore della nazionale italiana con cui ha vinto gli Europei 2020, è ufficialmente il nuovo ct dell’Arabia Saudita con un contratto che lo lega su quella panchina fino al 2027. Vero è anche che per questo suo impegno, che ha come obiettivi principali la Coppa d’Asia 2024 e la qualificazione per il Mondiale 2026, gli verrà riconosciuto un compenso di 90 milioni di euro. Ed è proprio qui il punto su cui dobbiamo, senza falsi moralismi, soffermarci. Parliamo di un uomo, un tecnico, un professionista, a cui sono riconosciute universalmente doti tecniche e, come si suol dire, di spogliatoio non comuni. Parliamo di una cifra che neanche lo stesso Mancini avrebbe mai potuto immaginare di guadagnare nell’intero arco della sua vita. Parliamo di lavoro e di compenso per il lavoro da svolgere. Quanti sono i nostri professionisti, e non solo sportivi, pagati e ben pagati all’estero, quanti sono i nostri scienziati, medici, ricercatori che operano, e credetemi non solo perché in Italia non ci sono le possibilità, all’estero? Perché quando si parla di calcio si parla di lesa maestà, di tradimento alla Patria, e non si è alzato un polverone ad esempio quando un ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi è diventato consigliere per gli Affari europei del primo ministro francese? Forse la nostra è solo una grande ipocrisia fomentata dall’invidia. Invidia verso chi ha avuto una possibilità che noi avremmo tanto voluto avere. E allora lo confesso, io sarei andato anche per meno.
Massimo Maria Amorosini