I dati resi pubblici da Unioncamere sulla natalità e mortalità delle imprese italiane nel I° trimestre 2021, a oltre un anno dall’inizio della pandemia, sono tutt’altro che rassicuranti. Le tante incertezze dello scenario economico, hanno fatto sì che si registrasse una “non nascita” di 63 mila imprese in un anno. Questo conferma quanto forte sia la relazione tra l’avviare nuove avventure imprenditoriali e la percezione di fiducia verso il futuro. Altro dato rilevante è quello fornito dal sistema camerale sulle cessazioni rilevate nel primo trimestre di quest’anno, che si aggira intorno a quota centomila.
Il Governo lo scorso 21 aprile ha prorogato lo stato d’emergenza connesso all’emergenza sanitaria in atto fino al 31 luglio, quindi in piena estate, proroga decisa su proposta della Protezione civile e su indicazione del Cts che ritiene esistano le condizioni per il mantenimento delle misure contenitive e precauzionali adottate con la normativa emergenziale. Non siamo ancora dunque pronti ad immaginarci un futuro prossimo con buone prospettive perché il nemico, il Covid, non è ancora sconfitto nonostante una campagna vaccinale che sembra aver preso la giusta via. Continua di conseguenza la paura, la preoccupazione, l’incertezza per quello che sarà. A poco valgono per ora i timidi segnali contenuti nello stesso decreto riaperture che ha previsto misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19.
Se valutiamo con attenzione i due aspetti viene naturale porci alcune domande a cui vorrei che ognuno potesse in autonomia e senza condizionamenti provare a dare delle risposte. Le attività economiche possono resistere ancora? Esiste un punto di equilibrio tra salute e lavoro? Le timide riaperture previste nell’ultimo decreto firmato da Draghi sono state dettate da evidenze scientifiche, il cosiddetto “rischio calcolato”, o piuttosto sono state delle scelte obbligate per contrastare e contenere un malcontento, generale e diffuso, e soprattutto una tensione sociale che con le prime e ripetute manifestazioni, spesso sfociate in “guerriglia urbana”, iniziavano a preoccupare non poco? Troppe scelte sbagliate o quantomeno tardive sono state protagoniste nell’oramai lungo periodo dell’emergenza Covid, anche se trovo sbagliato chiamare ancora emergenza, che significa circostanza imprevista, un periodo così lungo. Per sollevarci dalle macerie serve partire dalla ricostruzione della fiducia verso il Paese, fiducia sulle scelte che vengono poste in essere dal Governo, fiducia verso il futuro che ci attende. Questa è la vera sfida a cui tutti siamo chiamati, ognuno per la propria parte di competenza e di responsabilità, affinché si restituisca a tutti il diritto di sognare. Il sogno è alla base della realizzazione di ogni avventura, tanto nella sfera privata che pubblica.
Le più grandi imprese conosciute nella storia partono proprio da sogni che si sono trasformati in realtà. Alla classe politica attuale il far sì che i sogni di oggi non si trasformino invece in ulteriori incubi.
Massimo Maria Amorosini