27 Aprile 2025
Riarmare l'Europa
Economia Politica Primo Piano

Riarmare l’Europa

Strategia vincente per l’economia o scelta che sacrifica sanità e istruzione? Moriremo tutti soldati?

L’Europa si trova di fronte a un dilemma cruciale: riarmarsi per rispondere alle crescenti tensioni geopolitiche o preservare le risorse per il welfare, come sanità e istruzione?

La questione, emersa con forza dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 e l’instabilità globale, divide Governi, economisti e cittadini.

Da un lato, il riarmo promette di rilanciare l’industria della difesa e creare occupazione; dall’altro, rischia di drenare fondi da settori vitali, alimentando il timore di un continente militarizzato a scapito del progresso sociale.

Moriremo tutti soldati? O troveremo un equilibrio?

Il contesto: un’Europa sotto pressione

Le tensioni geopolitiche hanno spinto l’Europa a riconsiderare la propria sicurezza. La guerra in Ucraina ha rivelato la dipendenza da forniture militari extraeuropee, soprattutto dagli Stati Uniti, e la fragilità di molte forze armate nazionali.

Nel 2023, la spesa militare dell’UE ha raggiunto i 240 miliardi di euro, un aumento del 6% rispetto all’anno precedente, secondo il SIPRI.

Paesi come Germania, Francia e Italia hanno annunciato investimenti massicci: Berlino ha stanziato 100 miliardi di euro per un fondo speciale, mentre Parigi e Roma rafforzano i propri colossi della difesa, come Dassault e Leonardo.

Questa corsa al riarmo è vista da alcuni come una risposta inevitabile. Le minacce non mancano: oltre alla Russia, ci sono la crescente assertività della Cina, l’instabilità in Medio Oriente e i rischi legati alla cyber-guerra.

L’Europa, tradizionalmente riluttante a investire in armamenti, si trova ora a dover colmare un gap strategico. Ma quali sono i costi economici e sociali di questa scelta?

Il lato economico: un’opportunità per l’industria

Il riarmo potrebbe essere una leva per l’economia europea. L’industria della difesa, con aziende come Airbus, Thales e Leonardo, genera già oggi circa 500.000 posti di lavoro diretti e indiretti nell’UE.

Un aumento della domanda di armamenti – carri armati, droni, sistemi missilistici – stimolerebbe la produzione, favorendo innovazione e occupazione.

Secondo uno studio di Confindustria del 2024, ogni miliardo di euro investito nel settore militare genera un ritorno economico di 1,7 miliardi, grazie all’effetto moltiplicatore su fornitori e tecnologia.

Paesi come l’Italia potrebbero beneficiarne in modo particolare.

Leonardo, ad esempio, ha visto crescere gli ordini del 10% nel 2023, con ricadute positive su PMI specializzate. Inoltre, il riarmo potrebbe ridurre la dipendenza da importazioni, rafforzando l’autonomia strategica e industriale dell’Europa.

Alcuni analisti paragonano questa dinamica al New Deal americano: un’iniezione di risorse pubbliche per rilanciare l’economia in tempi di crisi.

Il prezzo da pagare: sanità e istruzione a rischio.

Tuttavia, il riarmo ha un costo elevato, e non solo in termini monetari.

I bilanci pubblici europei, già messi a dura prova dalla pandemia e dalla transizione ecologica, potrebbero subire una riallocazione drastica. In Italia, ad esempio, la spesa sanitaria è scesa al 6,2% del PIL nel 2023, mentre quella per l’istruzione langue al 4%, tra le più basse in Europa.

Un aumento della spesa militare – passata dal 1,3% al 1,8% del PIL in due anni – rischia di comprimere ulteriormente questi settori.

La Germania, pur con il suo fondo speciale, ha dovuto tagliare 2 miliardi di euro dai programmi sociali nel 2024 per finanziare la Bundeswehr.

In Francia, i sindacati denunciano scuole sottofinanziate mentre si investe in nuovi caccia Rafale.

L’argomento è chiaro: ogni euro speso per un carro armato è un euro tolto a ospedali o università.

Questo trade-off alimenta il timore di un’Europa che, nel tentativo di difendersi, sacrifichi il benessere dei suoi cittadini, trasformandosi in una fortezza armata ma impoverita.

Moriremo tutti soldati? I rischi di una militarizzazione eccessiva

Il dibattito si tinge di toni esistenziali. “Moriremo tutti soldati?” si chiedono i critici, evocando un futuro distopico di conflitti permanenti.

La storia insegna che le corse agli armamenti possono sfuggire di mano: la Prima Guerra Mondiale ne è un esempio tragico.

Oggi, un’Europa troppo militarizzata potrebbe alimentare tensioni con Russia o Cina, innescando una spirale di provocazioni.

Inoltre, la priorità data alla difesa potrebbe rallentare la transizione verde, con investimenti in energie rinnovabili e infrastrutture sacrificati sull’altare della sicurezza.

Eppure, i sostenitori del riarmo ribattono che la pace si ottiene solo con la forza.

Senza una deterrenza credibile, l’Europa rischierebbe di diventare un attore marginale, incapace di difendere i propri valori.

La sfida è trovare un equilibrio: un riarmo intelligente, che non diventi un’ossessione militarista.

Verso una strategia sostenibile

Esistono vie intermedie? Alcuni propongono un approccio integrato: investire in tecnologie dual-use (utili sia in ambito civile che militare), come droni per il monitoraggio ambientale o cybersecurity per la protezione dei dati.

Questo potrebbe massimizzare i benefici economici senza trascurare il sociale. Inoltre, una maggiore cooperazione europea – ad esempio attraverso l’Agenzia Europea per la Difesa – eviterebbe duplicazioni e sprechi, ottimizzando le risorse.

Un altro aspetto cruciale è il coinvolgimento dei cittadini. Il riarmo deve essere accompagnato da un dibattito pubblico trasparente, per evitare che diventi una scelta calata dall’alto.

Solo così si potrà scongiurare il rischio di un’Europa divisa tra chi vede nella difesa una rinascita e chi teme un declino sociale.

Riarmare l’Europa può essere una strategia vincente per l’economia, ma solo se gestita con lungimiranza. Il potenziale di crescita industriale è reale, ma il prezzo in termini di sanità e istruzione potrebbe essere insostenibile senza un bilanciamento attento.

Moriremo tutti soldati?

No, se sapremo difenderci senza perdere di vista ciò che rende l’Europa unica: la sua capacità di coniugare sicurezza e progresso umano.

La risposta non è nel tutto o niente, ma in un compromesso che guardi al futuro.

Franco Colombo
Presidente IRSEU

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