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25 Marzo 2025
Lavoro e Previdenza

A proposito del dissesto dell’Inpgi

A proposito del dissesto dell’Inpgi, il trasferimento della “funzione previdenziale svolta dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (Inpgi), in regime di sostitutività delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, limitatamente alla gestione sostitutiva, all’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) che succede nei relativi rapporti attivi e passivi” (così è scritto) pone in evidenza le gravi falle del sistema previdenziale attuale alle quali si pensa di porre rimedio accollando sistematicamente all’Inps (allo Stato) i costi dei fallimenti delle casse previdenziali. Non è la prima volta, è già successo nel passato con i c.d. “fondi speciali” dell’INPS (elettrici, telefonici, trasporti) e come succederà per il Fondo Volo (anch’esso già tecnicamente fallito). Come è successo con la Previdenza marinara, gli spedizionieri doganali, i porti di Genova e Trieste, …. L’Inpdai, l’ente di previdenza dei dirigenti di imprese industriali, ha la primogenitura e il record assoluto di salto triplo (pubblico – dal 1994 privato – dal 2003 pubblico). Tutti casi in cui la soppressione della struttura previdenziale non è stata determinata da esigenze di razionalizzazione dell’organizzazione complessiva del settore, ma da situazioni irreversibili di crisi con l’Inps che accoglie in porto i “naviganti” in difficoltà. È successo anche con gli agricoli (lo SCAU), i pubblici, lo spettacolo, ferrovieri, postini…
Stavolta si è andati addirittura oltre: non la soppressione della Cassa come nei casi precedenti ma il suo spacchettamento. All’INPS, che ha la responsabilità di garantire la tutela alla maggioranza dei lavoratori del Paese, andrà la “bad company”, la Gestione dei dipendenti, mentre la “good company”, la Gestione separata, attiva perché ancora giovane (e quindi paga poche prestazioni agli iscritti), continuerà ad essere gestita, sgravata della componente in crisi, da chi ha fallito la propria missione.

Non ce l’ho con l’INPGI (se non per la gestione evidentemente fallimentare che viene premiata) ma con i “problemi” che creerà nell’organizzazione dell’INPS e, soprattutto, con l’apparato di controllo (Ministeri vigilanti, Corte dei conti, revisori contabili, la stessa Covip). Sì la Covip perché parliamo di una Cassa privatizzata, non diversa dalle altre Casse dei liberi professionisti. Non ce l’ho con l’INPGI ma ben mi ricordo la “pubblicità” sul sito istituzionale in cui vantava aliquote contributive più basse e rendimenti superiori di quelli dell’INPS.

La vicenda mi fa pensare alla ventina di piccole casse previdenziali professionali che sono ancora in equilibrio, seppure piuttosto precario perché non sono certo esenti da problemi. “In primis” quelli strutturali che affliggono anche le Gestioni dei lavoratori dipendenti con l’aggravante che manca una disciplina in materia di investimento delle risorse finanziarie (basta leggere la relazione annuale per l’anno 2020 della COVIP), accompagnata dalla scarsa capacità di promuovere investimenti (che sono alla base del sistema a capitalizzazione) causata dalle piccole dimensioni (un totale di poco più di un milione e mezzo di professionisti). Già ora, nel lavoro autonomo, la contribuzione previdenziale viene percepita solo come un’ulteriore tassa, lascio al lettore immaginare le conseguenze sulle entrate contributive (l’OCSE nel rapporto “Pensions at a glance 2021” (1) ci dice che per i lavoratori autonomi si prospetta un futuro con pensioni più basse del 30% rispetto a quelle di un dipendente con la stessa anzianità contributiva, a fronte di una media Ocse del 25%). Ulteriori pensionati poveri.

La domanda è sempre la stessa, che fare? È questo, dopo l’INPDAI, il secondo travaso nell’INPS di una cassa privata? Sarà una lunga serie? Si potrà negare alla Gestione separata INPGI lo stesso trattamento della Gestione sostitutiva? E le altre Casse?
Attenzione perché gli enti privatizzati, nei quali metto Casse professionali, fondi bilaterali, il “welfare” aziendale e anche la previdenza complementare, sono indicati come rimedi contro la crisi che, non da oggi, attanaglia il sistema della previdenza. Se crolla anche questa speranza ….
Le varie riforme succedutesi nel tempo hanno confermato che l’efficienza (ed efficacia) del sistema pensionistico è tenuta in scarsa considerazione dalla nostra classe politica ma, anche se dal 1994 esiste l’Adepp, l’Associazione degli Enti Previdenziali Privati, non sarebbe invece opportuno che la nostra classe politica, piuttosto che attendere la transumanza (delle Casse), cominci a pensare all’efficienza (ed efficacia) del sistema pensionistico e ad un unico gestore della previdenza dei liberi professionisti o, meglio ancora, a progettare una razionalizzazione dell’intero comparto del lavoro autonomo?

Antonio Chiaraluce

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