L’assegno di incollocabilità per i dipendenti pubblici è una prestazione che spetta agli invalidi di guerra ed ai dipendenti pubblici (sono esclusi i lavoratori del settore privato) che hanno ottenuto il riconoscimento della causa di servizio e che, a causa delle infermità, non possono più trovare una collocazione lavorativa.
Questo assegno non deve essere confuso con l’assegno di incollocabilità riconosciuto dall’Inail agli invalidi per infortunio o malattia professionale che si trovano nell’impossibilità di fruire dell’assunzione obbligatoria: l’assegno di incollocabilità dipendenti pubblici è invece riconosciuto dalle gestioni Inps dei lavoratori della Pubblica Amministrazione (ex Inpdap) ai titolari di pensione di guerra, di pensione privilegiata o di assegno rinnovabile, per infermità ascrivibili dalla seconda all’ottava categoria. Gli interessati devono inoltre risultare incollocabili: devono cioè risultare, per la natura ed il grado della loro invalidità, di pregiudizio alla propria salute ed incolumità ed a quelle dei compagni di lavoro, oppure alla sicurezza degli impianti.
L’assegno di incollocabilità per i dipendenti pubblici va da un minimo di circa 190 euro a un massimo di circa 850 euro per gli invalidi di guerra, mentre per gli invalidi di servizio ha la funzione di equiparare la pensione al trattamento spettante agli aventi diritto all’assegno di super invalidità.
Ma procediamo per ordine e vediamo come funziona, nel dettaglio, l’assegno di incollocabilità dipendenti pubblici: chi ne ha diritto, quanto spetta, come e quando richiederlo.
Chi ha diritto all’assegno di incollocabilità
L’assegno di incollocabilità spetta ai dipendenti pubblici riconosciuti invalidi di guerra o per causa di servizio.
L’interessato, nel dettaglio, deve possedere i seguenti requisiti:
• meno di 65 anni di età;
• essere titolare di una pensione di guerra, oppure di una pensione privilegiata o di un assegno rinnovabile, per infermità ascrivibili dalla 2° all’8° categoria;
• essere stato riconosciuto incollocabile in quanto, per la natura ed il grado dell’invalidità, può risultare di pregiudizio alla propria salute ed alla incolumità, alla salute e incolumità dei compagni di lavoro o alla sicurezza degli impianti.
La finalità dell’assegno di incollocabilità è dunque quella di tutelare chi, invalido di guerra o per causa di servizio, a causa delle proprie infermità o menomazioni non possa più trovare una collocazione lavorativa, e non possa, quindi, beneficiare del collocamento obbligatorio.
Chi riconosce l’assegno di incollocabilità?
L’assegno è riconosciuto dal collegio medico legale dell’Asl del Comune di residenza del pensionato. L’assegno è erogato dall’Inps (ex Inpdap).
A quanto ammonta l’assegno di incollocabilità
L’assegno di incollocabilità, per gli invalidi di guerra, ammonta da un minimo di circa 190 euro mensili, relativamente alle infermità di prima categoria, sino a un massimo di 850 euro mensili circa per le infermità di ottava categoria.
Per gli invalidi per causa di servizio, l’assegno di incollocabilità è pari alla differenza fra il trattamento corrispondente a quello previsto per gli ascritti alla prima categoria con assegno di superinvalidità la cui infermità rientra nella tabella E lettera “H”, esclusa l’indennità di assistenza e di accompagnamento, e il trattamento complessivo di cui si risulta titolari.
Sino a quando spetta l’assegno di incollocabilità
L’assegno di incollocabilità spetta su domanda dell’interessato, sino al compimento di 65 anni di età.
In particolare, l’assegno decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della relativa domanda. Viene liquidato per periodi di tempo non inferiori a 2 anni e non superiori a 4 anni.
Entro i 6 mesi anteriori alla scadenza di ciascun periodo, l’invalido è sottoposto ad accertamenti sanitari per verificare la permanenza delle condizioni che danno diritto all’assegno. Nel caso in cui sia riconosciuto all’invalido il diritto all’assegno di incollocabilità per periodi complessivamente superiori ad 8 anni, anche non continuativi, l’assegno viene liquidato fino al compimento del 65° anno di età, senza la necessità di sottoporsi ad ulteriori accertamenti sanitari.
Con quali trattamenti è incompatibile l’assegno di incollocabilità
La concessione dell’assegno è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, autonoma, parasubordinata, subordinata o occasionale. L’assegno è inoltre incompatibile con l’indennità di disoccupazione.
Nel caso in cui l’interessato inizi un’attività lavorativa, in proprio o alle dipendenze altrui, deve denunciare l’avvio dell’attività lavorativa entro 6 mesi all’ente che riconosce l’assegno di incollocabilità.
Se la denuncia non è inviata, le somme indebitamente corrisposte sono recuperate dall’ente a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio l’attività lavorativa.
L’assegno di incollocabilità è reversibile?
L’assegno di incollocabilità, come gli altri assegni accessori corrisposti agli invalidi di guerra o del servizio, non è reversibile ai superstiti. Non si tratta, difatti, di una prestazione previdenziale, basata sui contributi versati dall’interessato, ma di una prestazione di assistenza.
Com’è tassato l’assegno di incollocabilità?
L’assegno di incollocabilità è esente dall’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche). Durante la sua erogazione i beneficiari sono assimilati inoltre, a tutti gli effetti, agli invalidi di prima categoria al fine dell’attribuzione degli ulteriori vantaggi previsti dalla normativa in favore dei cosiddetti grandi invalidi.
Assegno compensativo
Chi ha beneficiato fino al 65° anno di età dell’assegno di incollocabilità ha diritto, senza bisogno di presentare un’apposita domanda, ad un assegno compensativo di importo pari all’assegno di incollocabilità fruito al momento del compimento del 65° anno di età.
Dopo il compimento dei 65 anni di età non è possibile presentare domanda di assegno di incollocabilità.
Nicola Lampitiello