Le barriere architettoniche sono un limite alle relazioni sociali, non solo per le persone con disabilità motoria ma per tutti coloro che si trovano in uno stato di oggettiva difficoltà. Quali sono gli elementi per rimuoverle.
Nel corso di questa torrida estate, sono andato ad un concerto di un famosissimo cantante internazionale. Un evento preparato da tempo a cui, sollecitato da un gruppo di amici, ho voluto partecipare. Tra i miei amici, c’erano due ragazzi che non hanno l’uso delle gambe. Giunti all’ingresso dello stadio ci è stato fatto notare che per questi ragazzi c’era uno spazio apposito, quindi, avrebbero dovuto seguire un percorso diverso rispetto al nostro. In quell’angolo dello stadio, c’erano molti ragazzi con le carrozzine, molti, probabilmente erano accompagnati dai loro più cari amici, noi non potevamo seguire i nostri perché i biglietti, visto il sold out, l’avevamo acquistati con largo anticipo, purtroppo, per questo, ci siamo dovuti separare. Dal nostro posto, spesso, lo sguardo si dirigeva verso questi amici, con la speranza che almeno non si sentissero ulteriormente penalizzati. È stata una bella serata. La musica regala emozioni. L’amicizia tra di noi ha fatto il resto. Nonostante questo, mi è rimasto dentro un senso di smarrimento di fronte alla necessità di doversi separare solo perché diversi.
Si parla spesso di abbattimento delle barriere architettoniche, ma poi, nella realtà, esperienze come quelle che abbiamo vissuto noi, sono all’ordine del giorno. Anche se dispiace ammetterlo, la diversità è un peso che troppo spesso incide non proprio positivamente nelle relazioni sociali.
Per questa ragione, desidero tornare a parlare della legge che regola il superamento delle barriere architettoniche, sia nei luoghi privati che nei luoghi di interesse pubblico, siano essi di carattere ricreativo, sportivo o culturale.
Prima ancora però di tracciare le linee guida di questa legge, intendo sottolineare come, troppo spesso, quando si parla di interventi finalizzati al superamento delle barriere, ci si limita a discutere della progettazione di rampe e “servizi igienici per handicappati” in quanto, purtroppo, come sottolinea la “Commissione per l’analisi delle problematiche relative alla disabilità del Ministero per i Beni e le iniziative culturali, “si è condizionati dallo stereotipo dell’individuo disabile visto unicamente come una persona su sedia a ruote. Il concetto di persona con disabilità è, invece, molto più ampio e comprende chiunque, in maniera permanente o temporanea, si trovi ad avere delle difficoltà nei movimenti (cardiopatici, donne in gravidanza, persone con passeggino, individui convalescenti o con un’ingessatura agli arti, obesi, anziani, bambini, ecc.) o nelle percezioni sensoriali (ciechi e ipovedenti, sordi e ipoacusici), nonché, le persone con difficoltà cognitive o psicologiche.”
Se si vuole veramente agire per rimuovere gli ostacoli, bisogna superare queste barriere culturali e osservare la persona disabile in modo più aderente alla realtà, valutando ogni tipo di disabilità e studiando di conseguenza gli opportuni accorgimenti e iniziative da adottare.
Da un punto di vista legislativo ad occuparsi del problema è la legge 13/89 e il suo regolamento di attuazione D.M. 236/89, che definiscono le “barriere architettoniche”:
- gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
- gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
- la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.
Per rimuoverle sono stati stabiliti dei criteri di applicazione nella costruzione di nuovi edifici o nella loro ristrutturazione, siano essi pubblici o residenziali, anche se preesistenti alla entrata in vigore del decreto, compresi eventuali spazi esterni di pertinenza degli edifici stessi. In particolare, sono stati stabiliti i principi essenziali che devono obbligatoriamente essere rispettati: accessibilità, visitabilità e adattabilità.
Per “accessibilità” si intende la possibilità, anche per le persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.
Il decreto ministeriale 14 giugno 1989 numero 236 all’articolo 1, stabilisce che: “L’accessibilità deve essere garantita per quanto riguarda:
- a) gli spazi esterni; il requisito si considera soddisfatto se esiste almeno un percorso agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotte o impedite capacità motorie o sensoriali;
- b) le parti comuni.
Negli edifici residenziali con non più di tre livelli fuori terra è consentita la deroga all’installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala, purché’ sia assicurata la possibilità della loro installazione in un tempo successivo.
L’ascensore va comunque installato in tutti i casi in cui l’accesso alla più alta unità immobiliare è posto oltre il terzo livello, ivi compresi eventuali livelli interrati e/o porticati.” Devono inoltre essere accessibili;
- a) almeno il 5% degli alloggi previsti negli interventi di edilizia residenziale sovvenzionata, con un minimo di 1 unità immobiliare per ogni intervento. Qualora le richieste di alloggi accessibili superino la suddetta quota, alle richieste eccedenti si applicano le disposizioni di cui all’art. 17 del DPR 27 aprile 1978, n. 384.
- b) gli ambienti destinati ad attività sociali, come quelle scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali, sportive;
- c) gli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, secondo le norme specifiche di cui al punto 4.5.
3.4 Ogni unità immobiliare, qualsiasi sia la sua destinazione, deve essere visitabile, fatte salve le seguenti precisazioni:
- a) negli edifici residenziali non compresi nelle precedenti categorie il requisito di visibilità si intende soddisfatto se il soggiorno o il pranzo, un servizio igienico ed i relativi percorsi di collegamento interni alle unità immobiliari sono accessibili;
- b) nelle unità immobiliari sedi di riunioni o spettacoli all’aperto o al chiuso, temporanei o permanenti, compresi i circoli privati, e in quelle di ristorazione, il requisito della visibilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata al pubblico, oltre a un servizio igienico, sono accessibili, deve essere garantita inoltre la fruibilità degli spazi di relazione e dei servizi previsti, quali la biglietteria e il guardaroba;
- c) nelle unità immobiliari sedi di attività ricettive il requisito della visibilità si intende soddisfatto se tutte le parti e servizi ed un numero di stanze e di zone all’aperto destinate al soggiorno temporaneo determinato in base alle disposizioni di cui all’art. 5, sono accessibili;
- d) nelle unità immobiliari sedi di culto il requisito della visibilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata ai fedeli per assistere alle funzioni religiose è accessibile;
- e) nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, il requisito della visibilità’ si intende soddisfatto se, nei casi in cui sono previsti spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta, questi sono accessibili; in tal caso deve essere prevista l’accessibilità anche ad almeno un servizio igienico.
Nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, di superficie netta inferiore a 250 mq, il requisito della visibilità’ si intende soddisfatto se sono accessibili gli spazi di relazione, caratterizzanti le sedi stesse, nelle quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta;
- f) nei luoghi di lavoro sedi di attività non aperte al pubblico e non soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, è sufficiente che sia soddisfatto il solo requisito dell’adattabilità.
- g) negli edifici residenziali unifamiliari ed in quelli plurifamiliari privi di parti comuni, è sufficiente che sia soddisfatto il solo requisito dell’adattabilità:
Ogni unità immobiliare, qualunque sia la sua destinazione, deve essere adattabile per tutte le parti e componenti per le quali non è già richiesta l’accessibilità e/o la visibilità, fatte salve le deroghe consentite dal presente decreto”.
Il secondo criterio è quello della visitabilità, ossia della possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo dell’alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta. La visibilità’ rappresenta un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell’edificio o delle unità immobiliari, che consente comunque ogni tipo di relazione fondamentale anche alla persona con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.
Il terzo parametro da prendere in considerazione è quello dell’adattabilità, ossia della possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.
La adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità, potenzialmente suscettibile, per originaria revisione progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l’adattabilità è, pertanto, un’accessibilità differita.
Carlo Fantozzi