Abbiamo scelto di raccontare il fenomeno migratorio in un momento difficile, come quello attuale, per analizzare la condizione delle donne immigrate e per guardare oltre la necessità di assicurare il soddisfacimento dei bisogni primari.
Una componente centrale della presenza straniera nel territorio dell’Unione europea è costituita dalle donne che rappresentano oltre il 50% della popolazione immigrata. Anche nel caso italiano le stime delle donne straniere, elaborate dalle fonti nazionali, confermano il costante e consolidamento protagonismo femminile nell’attuale processo migratorio.
Per quanto gli immigrati condividano un ampio spettro di bisogni comuni in tutta l’Unione europea, alcuni gruppi presentano esigenze e priorità specifiche, di cui si deve tener conto nel quadro delle strategie complessive di integrazione. È questo il caso delle donne che costituiscono la categoria più vulnerabile dell’universo dei migranti.
Invisibilità sociale delle donne immigrate
Le donne dell’immigrazione vivono una condizione di “invisibilità sociale” ancora più accentuata rispetto a quella vissuta dagli uomini immigrati. Le ragioni di questa invisibilità sono molteplici e non ultima certo il fatto che le loro principali occupazioni si realizzano all’interno delle nascoste e protette mura domestiche. La loro presenza si colloca infatti entro ruoli e spazi sociali ben definiti, fortemente connotati “per genere”. Sono domestiche, badanti, casalinghe, mogli, madri: ruoli che sembrano connotare il bacino più ampio delle cittadine straniere “invisibili” presenti sul territorio italiano.
Le immigrate spesso sono oggetto di gravi forme di discriminazioni e violenze quotidiane. Nel mondo del lavoro, alle immigrate si richiede un coinvolgimento totalizzante e si pretende che per loro il lavoro sia tutto, addirittura il vincolo che legittima la loro presenza nel nostro Paese. Tutti questi problemi ed altri ancora, quali la mancanza o la precarietà dell’alloggio, la difficile situazione socio-economica, la disinformazione sui diritti e sui servizi socio-assistenziali rendono le donne straniere estremamente vulnerabili e sole.
A questo quadro va ad aggiungersi l’alta vulnerabilità a situazioni di deprivazione economica e di esclusione sociale che caratterizza le famiglie monogenitore con capofamiglia la donna immigrata.
La doppia discriminazione
La letteratura internazionale ha da tempo evidenziato un fenomeno di “doppia discriminazione” delle donne immigrate (penalizzate in quanto donne e in quanto immigrate) poiché qualunque bagaglio formativo e culturale esse abbiano, le prestazioni che la nostra società richiede loro derivano semplicemente dalla loro identità femminile, che si presume le predisponga positivamente ad occuparsi dei lavori di cura.
Come dimostrano diversi studi e ricerche, le donne straniere sono più penalizzate dei maschi in possesso delle stesse competenze e qualifiche sul mercato del lavoro, riescono a sfruttare solo in minima parte il loro potenziale, la loro preparazione, le loro capacità intellettuali nei Paesi di accoglienza.
Alla luce di quanto abbiamo fin qui osservato sulla collocazione occupazionale della lavoratrice straniera, appare evidente che in Italia le competenze accumulate e le aspirazioni soggettive ad un miglioramento della propria condizione sociale entrano in contrasto con le ridotte opportunità offerte dal mercato del lavoro dipendente.
Riteniamo che le opportunità e i corsi di formazione rivolti alle donne immigrate finalizzati all’inserimento lavorativo dovrebbero invece tener conto dei loro bisogni, progetti e desideri nonché rispondere in maniera efficace, sia alle esigenze di promozione sociale e professionale, sia alle urgenze strumentali e alle necessità di autonomia e di incontro. In questo caso, la formazione svolgerebbe un ruolo centrale di sostegno nelle fasi di cambiamento della donna immigrata, aiutandola ad uscire dall’isolamento attraverso occasioni di scambio e di confronto con connazionali e con altri immigranti, oltre che con i formatori.
La competenza multiculturale per la presa in carico della donna immigrata
In una società come la nostra, in cui la presenza degli immigrati sarà una costante, diviene fondamentale acquisire nuove modalità d’intervento per fornire risposte più mirate ai diversi bisogni degli stranieri ed efficaci a prevenire ulteriori disagi nel nuovo contesto.
Considerata la dinamicità e la complessità delle caratteristiche dei flussi migratori, sono pertanto essenziali da una parte servizi il più possibile flessibili e semplificati nel loro funzionamento, dall’altra una specifica “competenza multiculturale” per tutti coloro che operano nelle molteplici realtà del sociale.
Richiamiamo l’attenzione sulle difficoltà degli immigrati, in particolare delle donne, per accedere alla complessa rete dei servizi. Tali difficoltà derivanti sia da una posizione di disorientamento generale sia da problemi comunicativi dovuti alla non conoscenza della lingua italiana o dalla sua scarsa conoscenza, si accentuano nel momento in cui gli immigrati devono formulare la domanda.
Nel rapporto stranieri-servizi gioca un ruolo fondamentale l’operatore che deve essere in grado di ricostruire il percorso e le motivazioni che hanno spinto l’utente a rivolgersi al sistema dei servizi, allo scopo di cogliere la natura della domanda ed individuare i bisogni reali, compresi quelli non espressi.
È chiaro che sono, dunque, sempre più necessarie professionalità qualificate capaci di offrire risposte appropriate ed efficaci e di rapportarsi in modo corretto con le nuove fasce d’utenza.
In particolare, all’operatore sociale si chiede di rivedere i suoi comportamenti, di imparare ad entrare nel mondo dell’altro, diciamo meglio a “contestualizzare” l’utente, a comprendere punti di vista, modi di essere, comunicazione con gli altri, del tutto sconosciuti, indipendentemente dalle diversità linguistiche, culturali e religiose.
È in questo contesto che emerge con tutta evidenza la questione della formazione e riqualificazione delle risorse umane che operano nei servizi. Si tratta di fornire agli operatori conoscenze sulle caratteristiche dell’immigrazione straniera e dei vari gruppi etnici, strumenti adeguati, supporti formativi e informativi che permettano loro di accogliere la cultura della quale lo straniero è portatore. C’è bisogno, dunque, di una formazione continua e di una pratica d’intervento organizzata, coordinata e supervisionata da Enti accreditati alla formazione che può essere finanziata da bandi regionali e dei fondi interprofessionali.
Particolare attenzione dovrà inoltre essere dedicata ai pregiudizi nei confronti degli stranieri, ineliminabili anche nello stesso operatore sociale: conoscerli aumenta la consapevolezza, diminuisce il loro effetto di distorsione e apre la possibilità a più efficaci ipotesi preventive e di formazione degli operatori.
Si ritiene inoltre importante investire maggiormente sui punti informativi, che operano sul fronte sociale e su quello del lavoro, affinché possa arrivare alle lavoratrici straniere una corretta informazione in merito ai diritti, doveri, rischi ed opportunità. È essenziale che la lavoratrice immigrata trovi un sostegno concreto nella rete integrata dei servizi pubblici e privati attraverso un servizio di informazione, assistenza per il permesso di soggiorno, assistenza nel contratto del lavoro e, in caso di controversie, orientamento nella rete dei vari servizi.
Da quanto finora osservato, si deduce che per una maggiore efficacia dell’azione in favore delle donne immigrate residenti nel nostro Paese, sono necessarie varie forme di intervento. D’altra parte, è impossibile che una sola struttura, una sola agenzia, risponda ai diversi bisogni delle donne immigrate: come abbiamo visto, è fondamentale un lavoro di rete, in cui diverse agenzie e diversi attori istituzionali e non collaborino efficacemente tra loro.
La complessità dell’immigrazione femminile richiede, dunque, un approccio globale e coordinato. E, come ha sottolineato anche il Parlamento europeo, le autorità nazionali, locali e regionali sono chiamate a svolgere un ruolo sempre più importante nel processo di integrazione delle donne migranti per il tramite di politiche proattive e a condurre un dialogo aperto più intenso per comunicare e cooperare con comunità e reti di donne immigrate. È evidente come risulti necessario e quanto mai opportuno attivare una rete di servizi ed interventi sociali finalizzati ad un’integrazione reale ed effettiva delle cittadine immigrate residenti nel nostro Paese.
Antonella Pagliuca