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17 Febbraio 2025
Espulsioni e migrazioni: l’illusione di un sistema efficace
Costume e Società Lavoro e Previdenza

Espulsioni e migrazioni: l’illusione di un sistema efficace

Tra le questioni più complesse nella gestione delle migrazioni spicca il tema delle espulsioni, ossia il rimpatrio dei migranti irregolari nei Paesi d’origine. Nonostante le differenti posizioni politiche adottate dai governi negli anni, nessuno è riuscito a implementare un sistema realmente efficace. Le procedure di rimpatrio restano onerose, complicate e con risultati spesso ben al di sotto delle aspettative.

Per comprendere a fondo il fenomeno, è essenziale analizzare il contesto della presenza irregolare in Italia. Secondo i dati ISMU, il numero di migranti irregolari attualmente è stimato intorno a 458.000, un dato che ha registrato significative oscillazioni negli ultimi sei anni.

Andamento dell’irregolarità migratoria: tra 2018 e 2023

Tra il 2018 e il 2019 l’Italia adottò un approccio più securitario verso i flussi migratori, riducendo il numero di migranti irregolari da 562.000 a 517.000. Questo calo è stato attribuito a misure come il “Codice di Condotta” per le ONG e il memorandum d’intesa con la Libia, introdotti nel 2017 dal Ministro Minniti, ma ampiamente criticati per le loro conseguenze sui diritti umani e sulla sicurezza dei migranti.

Con il Governo successivo, le politiche restrittive si inasprirono ulteriormente, puntando sulla chiusura delle frontiere. Tuttavia, tra il 2020 e il 2021, il numero di migranti irregolari aumentò di circa 40.000 unità, nonostante la riduzione degli sbarchi dovuta alla pandemia di Covid-19. Questo aumento fu in parte una conseguenza dei Decreti Sicurezza del 2018 e 2019, che abolirono la protezione umanitaria, escludendo migliaia di persone dal sistema di accoglienza e rendendole irregolari.

Tra il 2022 e il 2023 si è osservato un calo significativo di circa 42.000 migranti irregolari, principalmente grazie alle regolarizzazioni avviate nel 2020, i cui effetti, pur rallentati dalla burocrazia, si protraggono ancora. Ulteriori fattori che hanno influenzato la presenza irregolare includono l’aumento delle quote dei decreti flussi, spesso utilizzati come strumenti di regolarizzazione, e il notevole incremento degli sbarchi verso la fine del 2023.

Quindi i principali fattori che determinano l’irregolarità in Italia includono sanatorie, dinamiche internazionali, ingressi irregolari e accordi con Paesi terzi. Tuttavia, strumenti come il memorandum con la Libia hanno spesso causato gravi violazioni dei diritti fondamentali. Come elementi secondari, ci sono i decreti flussi e le restrizioni alle ONG, un provvedimento discutibile dato che portò ad un aumento dei morti in mare.

Nonostante tutto ciò, l’espulsione dei migranti, tema centrale di questo articolo, ha dimostrato di avere un impatto minimo, se non irrilevante, sulla riduzione della presenza di irregolari in Italia.

Grafico 1: Andamento della presenza irregolare, confrontata con sbarchi, rimpatri e quote dei decreti flussi.

Fonte: Eurostat, ISMU, Polizia di Stato, Ministero dell’Interno.

 Espulsione e rimpatrio: un sistema che non funziona

Nonostante l’adozione di politiche sempre più securitarie, l’espulsione dei migranti si è rivelata largamente inefficace, nonostante gli ingenti investimenti pubblici. Le relazioni del Garante nazionale dei detenuti e della Corte dei conti evidenziano una netta discrepanza tra i costi elevati sostenuti per i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e i risultati ottenuti. Ciononostante, il Governo ha continuato a potenziare il sistema dei CPR, un investimento che rischia di peggiorare le condizioni dei migranti e gravare inutilmente sulle finanze pubbliche, senza risolvere il problema alla radice.

Nei CPR vengono trattenuti migranti sottoposti a un ordine di espulsione o a cui è stato negato il diritto di rimanere in Italia, inclusi i richiedenti asilo respinti. Tuttavia, meno della metà di coloro che vi transitano viene effettivamente rimpatriata. Questo risultato è attribuibile alla mancanza di accordi bilaterali efficaci con i Paesi di origine e alla carenza di risorse umane e operative necessarie per eseguire i decreti di espulsione.

Di conseguenza, molti migranti restano nei CPR per lunghi periodi, spesso in condizioni paragonabili a quelle carcerarie, pur non avendo commesso alcun reato. Queste strutture, prive di percorsi di inclusione sociale, lasciano i migranti in uno stato di irregolarità e vulnerabilità al termine della detenzione.

Le conseguenze di questa inefficienza sono pesanti: i migranti rimangono marginalizzati, mentre le comunità ospitanti devono gestire tensioni sociali e conflitti che potrebbero essere evitati. A ciò si aggiunge un peso economico significativo: secondo un’indagine di La Repubblica, i rimpatri costano all’Italia circa 9 milioni di euro all’anno, con una spesa media di 2.500 euro per migrante. Questi numeri evidenziano come il sistema, pur oneroso, non riesca a rispondere in modo efficace alle sfide poste dal fenomeno migratorio.

Grafico 2: % rimpatri effettuati rispetto ai provvedimenti di allontanamento presi in percentuale.

Fonte: Polizia di Stato.

Integrazione e regolarizzazione: la chiave per la gestione migratoria

I dati dimostrano che le leggi più repressive e restrittive hanno ottenuto risultati opposti rispetto agli obiettivi prefissati, mentre solo le sanatorie e la crisi pandemica hanno contribuito, seppur temporaneamente, a rallentare la crescita dell’irregolarità. Tuttavia, in Italia, le sanatorie rappresentano interventi straordinari e poco frequenti, a differenza di altri Paesi europei dove sono integrate in politiche strutturali. L’aumento dell’irregolarità migratoria nel nostro Paese è infatti strettamente connesso all’assenza di meccanismi di regolarizzazione permanenti. Nei rari casi in cui l’Italia ha adottato sanatorie sistematiche, si è registrata una lieve inversione di tendenza.

Per affrontare il problema in modo strutturale, è indispensabile superare la logica emergenziale che ha caratterizzato le politiche migratorie fino a oggi. È necessario un cambio di paradigma, con investimenti mirati all’accoglienza, all’integrazione e alle regolarizzazioni permanenti. Un simile approccio consentirebbe l’emersione di numerosi lavoratori dal sommerso, favorendo la loro partecipazione attiva alla vita sociale ed economica del Paese. Il loro contributo avrebbe un impatto significativo, sia in termini di crescita del PIL sia nel rafforzamento del sistema previdenziale attraverso il versamento di contributi, generando benefici concreti per l’intera collettività.

Al contrario, continuare con politiche come quella dei “porti chiusi” significherebbe impiegare oltre 105 anni per eliminare l’attuale bacino di migranti irregolari, ipotizzando, in maniera del tutto irrealistica, che non vi siano nuovi ingressi. Il costo amministrativo di questa strategia supererebbe un miliardo di euro, dimostrando chiaramente come tali politiche non siano solo inefficaci, ma anche economicamente insostenibili.

Tabella 1: Evoluzione dal 2016 al 2023 di flussi regolari, sbarchi irregolari, migranti irregolari, rimpatri e sanatorie.

Anno e Governo

Quote decreto flussi

Sbarchi Irregolari presenti Rimpatri eseguiti extra-Ue Quote sanatoria
2016
(Governo Gentiloni)

30.850

181.436

435.000 18.664

2017
(Governo Gentiloni)

30.850

119.369 491.000 19.958
2018
(Governo Gentiloni)

30.850

23.370 533.000 16.510

2019
(Governo Conte I)

30.850 11.471 562.000

7.577

2020
(Governo Conte II)

30.850

34.154 517.000 3.863 220.528

2021
(Governo Draghi)

69.700 67.477 519.000 3.838

2022
(Governo Meloni)

122.705

105.131 500.000 4.304

2023
(Governo Meloni)

136.000 157.652 458.000

4.743

Fonte: Eurostat, ISMU, Polizia di Stato, Ministero dell’Interno.

Fabio Spagnesi

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