Il mercato del lavoro sta cambiando su scala globale a una velocità disarmante: da un lato stiamo assistendo alla nascita di nuove professioni, dall’altro tante di queste stanno scomparendo o diventando obsolete. È un cambiamento che sarà ancora più veloce nei prossimi anni con l’avanzare di tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’automazione industriale che sta avvenendo nelle imprese e che contribuirà a generare nuovi posti di lavoro.
In questo scenario di trasformazione emerge il paradosso: da un lato esistono alti tassi di disoccupazione, mentre dall’altro le imprese faticano a trovare risorse qualificate in possesso delle nuove competenze (soft e hard).
Sebbene anche prima dell’arrivo del Covid-19 il nostro Paese abbia dovuto affrontare lo skill-mismatch (cioè la mancata corrispondenza tra i requisiti richiesti dalle aziende e le competenze/qualifiche offerte dai lavoratori e/o candidati), la pandemia ha aggravato il problema peggiorando potenzialmente le perdite di produttività.
In questo contesto, si registrano la chiusura di molte aziende (soprattutto le piccole e medie imprese) e alti tassi di disoccupazione in primis quella giovanile. I giovani sono la fascia più colpita, in particolare per la classe 15-24 e per la classe 25-34. Con l’aumento della disoccupazione giovanile si rischia di perdere il contributo di un’intera generazione. Le difficoltà dei giovani riguardano quasi tutte le fasi che caratterizzano il loro ingresso nel mondo del lavoro: da quella iniziale dove i giovani sentono di più il gap tra la formazione scolastica e le esigenze del mondo produttivo, alla conquista di un posto di lavoro sicuro, soddisfacente, in linea con le aspettative, che consenta di raggiungere l’indipendenza economica.
Appare preoccupante anche la situazione dei cosiddetti NEET (Not in Education, Employment or Training), cioè di coloro i quali non sono occupati, non sono impegnati in corsi di studio o di formazione e non sono alla ricerca di un posto di lavoro, oppure non sono disponibili a lavorare. In tutto il Paese la quota di NEET è aumentata di più rispetto agli altri paesi europei ed è fortemente collegata al fenomeno di scoraggiamento della popolazione giovane: i NEET infatti non cercano lavoro principalmente perché ritengono di non riuscire a trovarlo, oppure per motivi familiari, e in ogni caso rischiano di rimanere ai margini di un mercato del lavoro già in estrema difficoltà, con conseguenti maggiori problemi di reinserimento.
Per le imprese, invece, il disallineamento delle competenze ha conseguenze negative sulla produttività e sulla competitività. Questo inevitabilmente influisce sulla capacità aziendale di implementare nuovi prodotti, servizi o tecnologie. Inoltre, lo skills-mismatch all’interno di un contesto aziendale può causare un maggiore ricambio del personale e un’organizzazione del lavoro non ottimale. Pertanto, la mancata corrispondenza delle competenze porta alla perdita di profitti e mercati.
Grazie alle rilevazioni del recente Rapporto Excelsior – realizzato da Unioncamere e dall’ANPAL – è possibile valutare le previsioni occupazionali e i fabbisogni professionali e formativi in Italia nel quinquennio 2021-2025 e, pertanto, individuare quali sono i profili professionali e le competenze che le imprese faticano a trovare.
Lo studio evidenzia che oltre alla questione delle competenze trasversali e linguistiche, richieste ormai per la quasi totalità delle assunzioni e non sempre ritenute adeguate dalle imprese, la pandemia ha reso ancora più evidente il ritardo italiano sulle competenze digitali.
Come sottolinea il citato Rapporto, la domanda di competenze digitali a livello avanzato interesserà sia figure professionali già esistenti quanto nuove professioni emergenti, come data scientist, big data analyst, cloud computing expert, cyber security expert, business intelligence analyst e artificial intelligence system engineer, sia le figure più tradizionali che necessiteranno di digital skill per affrontare il mondo del lavoro che cambia.
Non solo le competenze digitali, ma anch le competenze green (molte volte anche insieme) rappresentano per i giovani le principali priorità formative intorno a cui costruire percorsi lavorativi di qualità. La spinta verso la transizione verde richiederà competenze green a professioni trasversali a più settori, come per esempio il giurista ambientale, lo specialista in contabilità verde, l’esperto in fondi di investimento green, l’addetto commerciale per la promozione di nuovi materiali sostenibili o il responsabile degli acquisti green, nonché a tutte quelle professioni più tradizionali che dovranno approcciarsi alla transizione ecologica.
La difficoltà di reperimento di personale si fa sentire in modo forte anche nei settori: trasporti e logistica, servizi alle imprese, costruzione e industria.
Quali sono i titoli di studio più richiesti nel periodo 2021-2025?
Il Rapporto Excelsior stima che nel prossimo quinquennio siano quasi 40 mila le richieste di laureati nell’area economico-statistica all’anno (di cui 35.000-38.500 unità dell’area economico e oltre 1.300 unità dell’indirizzo statistico). Seguono poi i laureati dell’area giuridico e politico sociale, per cui si prevede una richiesta di oltre 39 mila unità all’anno (di cui 23.100 per giurisprudenza e 16.300 per l’indirizzo politico-sociale). Seguono poi l’indirizzo medico-sanitario, gli indirizzi di ingegneria, insegnamento e formazione (comprese scienze motorie).
Invece, tra i principali indirizzi di studio di livello secondario o post-secondario che saranno richiesti tra il 2021 e il 2025, si rilevano l’indirizzo amministrativo (con una stima compresa tra 75.000 e 84.000 diplomati all’anno), il gruppo industria e artigianato con una domanda tra 72.000 e 76.000 unità all’anno (per oltre il 40% nell’indirizzo della meccanica, meccatronica ed energia e per il 24% nell’elettronica ed elettrotecnica).
La formazione continua per stare al passo con i tempi
In questo futuro un ruolo importante viene riconosciuto all’investimento sulla formazione continua che sarà sempre più necessario e interesserà tanto le aziende quanto le persone in cerca di lavoro. Oltre all’imperativo di formarsi e rimanere aggiornati sulle tendenze del mercato del lavoro.
Per i giovani in cerca di lavoro, è sempre più necessario stare al passo con i tempi acquisendo competenze in linea con le esigenze del mutato contesto economico e produttivo oltre che prendere dimestichezza con le competenze trasversali che variano a seconda della professione. Sono importanti soprattutto il problem solving, la capacità di lavorare in squadra, la capacità di capire i trend emergenti, la flessibilità e l’empatia.
Per le aziende è importante – per fronteggiare l’obsolescenza delle competenze – progettare piani di formazione utili a riqualificare i dipendenti e/o qualificare il personale neoassunto. Secondo i dati raccolti da Unioncamere con le indagini “Excelsior”, ogni anno soltanto il 29% dei dipendenti (e meno del 16% per quanto riguarda le piccole imprese) viene coinvolto in percorsi formativi: quota ben lontana dell’obiettivo europeo del 50% e soprattutto insufficiente per affrontare le grandi trasformazioni digitale e green che la pandemia ha accelerato.
Per far fronte alle difficoltà sperimentate dalle aziende e dalle persone disoccupate e/o inoccupate, le politiche dell’Unione Europea, dello Stato e degli Enti locali stanno mettendo in campo una serie di interventi e progetti spesso gestiti da attori pubblici e privati come gli Enti accreditati alla formazione e ai servizi al lavoro.
La collaborazione e la sinergia tra l’Ente accreditato alla formazione AMILI e l’Agenzia per il lavoro CREDICI è nata proprio dalla necessità di progettare interventi in grado di colmare il gap esistente tra la mancanza di profili professionali specializzati e la disoccupazione giovanile. L’obiettivo è quello di porsi all’avanguardia e di garantire alle persone in cerca di lavoro dei percorsi integrati di orientamento, formazione teorico-pratica e al passo con l’era digitale e la transizione verde che consentano di acquisire conoscenze e competenze professionali che siano coerenti con il sistema produttivo e le sue tendenze innovative. In questo modo si potrà garantire ai destinatari un’offerta formativa più mirata e collegata alla domanda di lavoro intercettata, in modo da colmare i gap di competenze e conoscenze dei potenziali partecipanti e offrire un’opportunità aggiuntiva alle aziende in fase di inserimento.
Antonella Pagliuca