Un beneficio economico a tutela della disabilità, riservato solo ai dipendenti o pensionati pubblici, o loro familiari
L’INPS eroga ai pensionati e ai dipendenti pubblici non autosufficienti, sia nel caso che l’infermità li coinvolga direttamente, sia nell’eventualità che riguarda i loro parenti di primo grado, anche non conviventi, un contributo economico finalizzato a coprire le spese per l’assistenza domiciliare, fornita da un lavoratore assunto con un contratto di lavoro domestico, nonché, per i servizi di assistenza alla persona erogati dagli ambiti territoriali o da enti convenzionati con l’istituto previdenziale, previa accettazione del piano socio assistenziale.
Si tratta di un contributo calcolato sulla base della DSU della famiglia che lo richiede e, ovviamente, sul grado di disabilità della persona inferma, per la quale si fa richiesta. L’importo massimo è di euro 1.050,00 o di 1.250,00 nel caso di un ISEE inferiore ad 8.000,00 euro.
Tutti gli interessati possono presentare domanda, o tramite il Patronato, o utilizzando il proprio SPID sul sito dell’Inps.
Il bando è aperto fino al 30 giugno 2022. Una volta concluso, come sempre, da quando è stato istituito, verrà rinnovato.
Dal beneficio concesso vengono eventualmente detratte le altre provvidenze già riconosciute, come ad esempio, le indennità di accompagnamento.
Di norma, chi ha questa forma di contributo, una volta accolta la domanda, si vede erogare una somma aggiuntiva di circa 450 euro al mese, finalizzate, per l’appunto, all’assistenza domiciliare.
La domanda che sorge spontanea è: per quale motivo questo beneficio è riservato esclusivamente ai dipendenti pubblici? La ragione è molto semplice. Il fondo utilizzato per realizzare le politiche di assistenza a favore del pensionato o del dipendente o di un familiare diretto in condizioni di disabilità è costituito esclusivamente da trattenute, che lo stato effettua, obbligatoriamente e in aggiunta alle contribuzioni ordinarie, sulle buste paga dei propri dipendenti.
Si tratta, quindi, di un versamento obbligatorio che i dipendenti fanno, proprio per assicurare se stessi e i loro familiari, di fronte a un’eventuale situazione di disabilità. Quindi, da questo punto di vista, non possiamo parlare di un privilegio, proprio perché sono loro stessi a pagarlo, ma se questo è vero, non c’è dubbio che di fatto ci sia una discriminazione tra dipendenti pubblici e dipendenti privati.
Onestamente, non pensiamo che poche unità di euro trattenute sullo stipendio di un qualunque dipendente privato possa essere così grave da non essere accettato.
Al contrario, conoscendone lo scopo, siamo certi che la disponibilità dei lavoratori a poter costituire quel fondo a tutela delle proprie condizioni di disabilità, sia totale.
Inoltre, i dipendenti pubblici, come abbiamo detto, non hanno la possibilità di poter contrattare liberamente questa opzione e quindi poter scegliere se aderire o meno al fondo, perché, per l’appunto è obbligatorio. Non solo, la stragrande maggioranza di loro, che si rivolgono presso i nostri sportelli, per pratiche previdenziali od altro, come ad esempio proprio l’assunzione e la gestione di contratti di badanti per assistere familiari disabili, non ne conosce neanche l’esistenza e non sanno neanche di contribuire a questo fondo.
Si tratta di una trattenuta che gli viene effettuata ma che di cui ignorano l’esistenza.
Per queste ragioni crediamo che l’eventuale allargamento di questo fondo ai lavoratori in senso generale, altro non sarebbe che un segno di civiltà, di correttezza e di rispetto per le persone disabili o i loro familiari.
Carlo Fantozzi