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19 Febbraio 2025
I Cambiamenti legati al mondo del lavoro
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I Cambiamenti legati al mondo del lavoro

Tanti sono stati i cambiamenti che ci hanno seguito in questi ultimi decenni. Uno tra tutti è quello relativo al mondo del lavoro. Per avere una visione chiara di quanto accade abbiamo coinvolto il prof. Serafino Negrelli, sociologo del lavoro e docente all’Università Bicocca di Milano.

Il lavoro è uno di quegli aspetti che negli ultimi anni ha subito moltissimi cambiamenti e sta trasformando la nostra vita. Una sua opinione a riguardo

Per quanto riguarda le trasformazioni del lavoro, potremmo dire che esse si siano verificate negli ultimi 20/30 anni. Parliamo di una trasformazione di lungo periodo, nel senso che è cambiato l’atteggiamento verso il lavoro, le competenze e, di conseguenza, anche le carriere che sono diventate più turbolente e differenziate, legate spesso a periodi di precarietà sia a livello economico che di posizione. Si può notare, anche, una polarizzazione tra i lavori di migliore qualità e quelli definiti “bad jobs” di peggiore qualità. Il mutamento in atto è maggiormente evidente nelle fasce più alte, riguarda, infatti i lavori più prestigiosi poiché prevedono un continuo aggiornamento, l’arricchimento della formazione che comporta il saltare da un posto di lavoro all’altro per quello che rincorrere una buona paga e buone prospettive di carriera. Questa sorta di instabilità genera in automatico la continua precarietà ed è uno spunto che dovrebbe essere preso in analisi per evidenziarne le cause.

Ha dedicato gran parte dei suoi studi al divario dell’accesso al lavoro e alla qualità di quest’ultimo. Ci parli un po’ della ricerca

La nostra ricerca è una survey degli ultimi cinquant’anni in Italia e quello che ne vien fuori è uno stretto legame con l’origine socio-economica di provenienza del soggetto in esame. Partendo dal presupposto che tutti oramai entrano più tardi nel mondo del lavoro per la questione della scolarizzazione, bisogna fare una differenza. Con riferimento alla polarizzazione prima citata, vediamo che il riferimento al contesto di provenienza influisce tantissimo. Chi ha un’estrazione sociale più alta, infatti, può permettersi di entrare più tardi nel mercato del lavoro, di avere una carriera che vede diversi percorsi di formazione/aggiornamento lungo il proprio percorso. Chi è d’estrazione sociale più bassa, invece, ha meno possibilità di fare scelte ponderate relative al mercato del lavoro.

La ricerca nasce da un insieme di studi con un unico filo conduttore incentrato sul cambiamento del lavoro. Il passaggio di un lavoro, di tipo esecutivo legato al concetto del saper fare cose a un lavoro che appartiene alla dimensione dell’essere creativi. Analizzando attentamente le domande di lavoro si evince il fatto che ai lavoratori si richiedono più capacità relazionali, cambiamento importante perché strettamente legato alla crescita delle doti cognitive. La creatività di relazionalità, quindi, si va ad aggiungere alle competenze che venivano richieste in precedenza.

Quanto la globalizzazione ha influito sul mondo del lavoro?

Parlandone in termini macro, nel globale ha permesso di togliere dalla condizione di povertà tantissimi lavoratori. Pensiamo a paesi come la Cina e l’India con un passato importante in tema di povertà. Dal punto di vista del nostro paese il discorso parte dalle imprese che si sono dovute inserire in network internazionali, con un conseguente sviluppo in tante direzioni (componentistica, fornitura per esempio). Questo da una parte ha valorizzato il nostro modo di lavorare, si pensi ai nostri distretti industriali per esempio poiché, pur non avendo grosse imprese multinazionali, abbiamo una media impresa eccellente alla quale sono legate delle filiere importanti che hanno un ruolo decisivo nella leadership mondiale. Tutto questo si ricollega alla questione prima citata del saper essere e non solo del saper fare.

Gli studi hanno rilevato, inoltre, che i distretti industriali italiani sono entrati in crisi perché non hanno saputo fare questo passaggio di sfida della globalizzazione.

Certo oggi c’è un momento di ritiro della globalizzazione legato alla questione delle guerre e i problemi di geopolitca stanno modificando i vantaggi che potevano venire da questa.

La mia rubrica racconta di giovani che partono alla ricerca di migliori opportunità lavorative. Come potrebbe l’Italia, nel breve periodo, dare vita a una controtendenza in tal senso?

Le statistiche ci dicono che stiamo perdendo decine di migliaia di giovani che vanno via. Non sono più solo i laureati ad andar via, ma anche semplicemente chi vuole e ha l’opportunità di farsi un’esperienza all’estero riferito anche al fatto di frequentare le università negli Stati Uniti o in Inghilterra. Quel che salta all’occhio è che non vi è un ritorno di questi. Pur finendo i percorsi e le esperienze si decide di rimanere lì dove si è andati. La retribuzione è una delle cause. I nostri salari sono molto bassi purtroppo. Questa impossibilità di competitività ha generato, nel tempo, uno spopolamento demografico importante. Solo per fare un esempio, basta valicare i confini del nostro bel Paese e andare in Svizzera o in Francia dove per svolgere dei lavori più esecutivi si viene retribuiti molto meglio. Per non parlare, poi, di giovani che hanno dei titoli terziari o post terziari e che hanno una possibilità di guadagno nettamente superiore. Questa è una delle principali motivazioni. Se si pensa anche ai concorsi nel pubblico impiego per giovani istruiti che arriverebbero a guadagnare 1200-1400 euro al mese con un posto di lavoro non è certo una questione appetibile se paragonata a quanto potrebbero guadagnare all’estero.

Come potrebbe l’Italia dare vita ad una controtendenza in tal senso?

Questo è un problema di politiche pubbliche, bisogna puntare a degli incentivi validi. Occorrono politiche sociali che siano orientate in questo senso. La precarietà di alcuni ambiti non è certo un punto di forza per richiamare i nostri giovani a rientrare. Il discorso vale anche per DIVERSI AMBITI LAVORATIVI. L’università Bocconi, per esempio, è un esempio di successo poiché propone degli stipendi adeguati per risorse che valgono.

 Un consiglio ai giovani che si affacciano ora al mondo del lavoro

Sicuramente di specializzarsi maggiormente in quelli che sono gli elementi fondamentali, si pensi alle lingue, l’informatica, l’AI. Dotarsi, quindi, di quelle che sono le nuove dotazioni cognitive. Molto importante, inoltre, è l’esperienza lavorativa (che sia anche la famosa gavetta) poiché c’è un salto tra l’università e il mondo del lavoro. Avere un obiettivo secondo i propri desideri e le aspettative è alla base di tutto. Le esperienze all’estero sono altrettanto significative soprattutto per chi ha titoli di studio alti.

Annalisa Iaconantonio

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