5 Novembre 2024
Lavoro e Previdenza

Il costo del MISMATCHING. Un peso da circa 21 miliardi di euro

L’Italia sta pagando, in particolar modo negli ultimi anni, il peso della distanza, nel mercato del lavoro, delle esigenze delle aziende, in termini di occupazione, e le competenze possedute dai lavoratori.
Il mancato incontro tra offerta e domanda di lavoro costa all’Italia oltre 21 miliardi, pari all’1,2% del Pil.
Una cifra blu.
L’economia è in risalita, come evidenziano anche le ultime stime del governo, le aziende sono pronte ad assumere, ma mancano all’appello oltre 233mila profili professionali adeguati alla richiesta. L’allarme è lanciato da un interessante studio Censis-Confcooperative «Mismatch, il grande gap da sanare. La ripresa c’è, i lavoratori no, che fa un po’ il conto anche degli effetti economici del gap di competenze e profili ricercati dal mondo produttivo, che rischiano, seriamente, di rappresentare un grosso problema sul cammino dell’Italia in uscita dall’emergenza sanitaria.
Giusto per chiarire il concetto: se le imprese fossero riuscite ad assumere tutto il personale di cui hanno bisogno, la crescita del Pil nel 2021 sarebbe salita dal 5,9% (stima accreditata dall’Ocse) al 7,1%.
Il mismatching è un fenomeno dalle varie sfaccettature in quanto se è vero, in termini assoluti, che delle competenze sono di difficile reperimento, in altri casi ciò è vero in termini relativi.
Vale a dire che non sempre date competenze sono assenti sul territorio nazionale ma sono assenti in un dato territorio regionale.
Il che dovrebbe mettere in luce l’importanza culturale e professionale delle agenzie di intermediazione di lavoro e dei centri per l’impiego che hanno il compito di garantire la riduzione di questo gap.
Non vedere le cose da questa prospettiva, non considerare fondamentale il coinvolgimento da parte di tutti gli attori del mercato del lavoro, vale a dire centri per l’impiego, agenzie private accreditate, società di formazione, aziende, utenti, associazioni di categoria, significa non solo rischiare di perdere le opportunità di crescita per i prossimi anni, ma anche di alimentare quella disaffezione al lavoro che si aggira minacciosamente e che può condizionare negativamente gli esiti di tanti impegni orientati alla ripresa con 2,3 milioni di disoccupati, 1 su 3 giovani e 3 milioni di Neet, la metà donne.
Il tema del mismatch ha raggiunto ormai numeri elevatissimi.
Secondo il sistema informativo Excelsior, targato Anpal-Unioncamere il mismatching è presente in un’assunzione su tre, e la problematica sale addirittura a una su due per quanto riguarda i profili tecnicoscientifici (quelli legati alle discipline Stem). I motivi alla base del mancato matching sono sempre gli stessi, competenze in uscita dalla scuola non in linea con le richieste delle imprese e scarsità di candidati che si presentano alle selezioni. Per questo, da tempo, gli esperti di education e di mercato del lavoro, sottolineano la necessità di rilanciare l’istruzione tecnica, secondaria e terziaria (gli Its) e di migliorare gli strumenti di collocamento pubblici, aprendo, davvero, ai privati. Il danno economico del mismatch è forte.
Il rammarico sta nel fatto che se le imprese italiane attive nell’industria e nei servizi avessero potuto inserire nei loro organici tutta questa forza lavoro di cui avevano bisogno (con le competenze richieste s’intende) il Pil del 2021 avrebbe raggiunto una cifra di poco superiore ai 1.770 miliardi, senza contare gli effetti positivi sui livelli di occupazione e reddito disponibile e nei tempi di recupero della ripresa. Eppure, come emerge anche da Linkedin, alla data del 20 settembre, su un totale di 153mila richieste, il 57,8%, quindi oltre la metà, è stato comunicato nell’ultimo mese (a ulteriore testimonianza della difficoltà di incrocio tra domanda e offerta). I prossimi mesi, anche in vista del Pnrr, sono fondamentali. E le previsioni assunzionali sono positive.
Da una ricerca di Manpower Group pare che circa il 43% delle aziende intervistate preveda di aumentare il proprio organico nel prossimo anno.
I settori di riferimento sono vari: parliamo di terziario, finanza e servizi all’alla persona e all’impresa.

Virgilio Pagliaro

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