È necessario un cambio di paradigma trasversale per far sì che l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne siano parte integrante e sistematica della nostra società, delle politiche e delle strategie di sviluppo nel Paese, includendo la dimensione di genere tra gli indicatori delle sue performance.
La questione della promozione dell’inclusione, del rispetto e della cultura femminile deve essere affrontata con un approccio multidisciplinare per superare stereotipi e discriminazioni, diffondere una cultura di condivisione ed inclusione, promuovere le stesse opportunità di accesso ai livelli decisionali, alle risorse economiche, al mondo del lavoro.
Occorre promuovere la partecipazione di uomini e donne come soggetti di uguale dignità nella definizione di uno sviluppo sostenibile e centrato sulle persone, riconoscendo alle donne il ruolo da protagoniste dello sviluppo piuttosto che di vittime da proteggere, utilizzare in modo virtuoso le enormi potenzialità offerte dai sistemi di comunicazione evitando la creazione di stereotipi, valorizzare l’aumento delle donne in posizione di leadership nel settore privato puntando sulla loro sensibilità alle tematiche di sviluppo sostenibile, solidarietà e responsabilità sociale.
Differenze e diseguaglianze di genere devono essere contrastate per assicurare e favorire la piena ed effettiva presenza delle competenze femminili all’interno dei dibattiti, dei tavoli decisionali, dei consessi pubblici, in cui la presenza delle donne è spesso ignorata e le pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale nella vita politica, economica e pubblica.
Se è vero, com’è vero, che il livello di istruzione femminile è aumentato, non è andato di pari passo con una (corrispondente) riduzione delle discriminazioni nel mercato del lavoro, a cominciare da quelle in campo retributivo: le donne sono ancora oggetto di discriminazioni a livello di impiego e di divari salariali e subiscono disparità di diritti nell’accesso alle risorse economiche e tecnologiche.
Quali sono gli obiettivi del Gender Equal
Bisogna promuovere e sostenere l’uguale accesso di uomini e donne alle conoscenze, i diritti economici e sociali delle donne, monitorare la partecipazione per sesso nei programmi dedicati all’istruzione e alla formazione professionale. Garantire la piena ed effettiva partecipazione e pari opportunità di leadership per le donne a tutti i livelli decisionali, nella vita politica, economica e pubblica sviluppando e facendo applicare politiche attive di inclusione e di formazione che favoriscano lo sviluppo dell’occupazione femminile.
Colmare il gender gap vuol dire anche creare una vera e propria strategia complessiva, che parta dall’offensiva culturale e che miri ad eliminare tutti gli ostacoli all’accesso femminile al mondo lavorativo: stereotipi e discriminazioni. Occorre valorizzare la diversità per l’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva garantire una maggiore equità tra i salari di uomini e donne in relazione ai ruoli ricoperti, alle skill e all’anzianità aziendale. L’approccio in tema di partecipazione delle donne alla “governance” non deve basarsi solo sulle percentuali di presenza femminili nei luoghi decisionali, bensì deve tenere conto della loro partecipazione individuale e collettiva nelle scelte e nelle decisioni all’interno del privato e del pubblico.
Si deve smettere di pensare alle donne semplicemente come categoria esclusa e svantaggiata, ma come risorsa da valorizzare, un (prezioso) valore aggiunto per lo sviluppo sociale, imprenditoriale, istituzionale del Paese. Le donne influiscono positivamente sui processi di risoluzione dei conflitti, sullo sviluppo e sulla cooperazione: la loro presenza all’interno di un’istituzione, di un’azienda, di una realtà professionale, di un team introduce importanti soft skills come la capacità di comunicazione, l’empatia, la creatività, la pragmaticità e crea benessere, potenzia il business.
Quali sono le priorità per raggingere la parità di genere?
Secondo i dati che emergono dal report Gender Equality Index 2020 dell’EIGE, in Europa si stima che completa parità di genere si raggiungerà tra sessant’anni.
Il che non solo non è accettabile ma neppure condivisibile.
Negli ultimi anni sono stati registrati innegabili passi avanti nella crescita della presenza femminile nel mondo dell’occupazione, in quello dell’istruzione, nella partecipazione agli organismi decisionali e nei board, nei management e negli organismi di governo locali, nazionali e internazionali.
Miglioramenti che lasciano, tuttavia, irrisolte alcune questioni relative al basso livello di partecipazione delle donne ai processi decisionali e cd “gender pay gap” delle pari responsabilità genitoriali (estensione del congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti) nonché in materia di lavoro femminile e di conciliazione vita-lavoro. Ma non basta. L’apporto delle donne deve superare dei retaggi culturali che affondano le loro radici nel tempo, deve essere emancipato da discriminazioni e stereotipi di genere per riconosciuto in modio trasversale, ampio e integrato in tutte le dimensioni della quotidianità sociale, personale e familiare.
La questione di genere richiede un’ottica trasversale e la messa in campo di una politica multidisciplinare da realizzarsi nei diversi ambiti della vita economica e sociale: istruzione, formazione, occupazione, supporto all’imprenditorialità, credito alle donne, bilanciamento tra impegni familiari e lavorativi, programmi di welfare aziendale e con policy attuate nelle aziende. Complementari e sinergici devono essere gli investimenti nel campo della formazione primaria e superiore per favorire la formazione tecnico-scientifica delle ragazze.
Purtroppo, uno dei temi maggiormente dibattuti è la scarsa presenza femminile in ambito scientifico, politico, imprenditoriale, nei ruoli apicali nelle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nelle imprese, nelle professioni, nelle università e negli enti di ricerca, che si declina inevitabilmente in una minore percezione di quelli che sono i bisogni percepiti come femminili.
E’ determinante un tempestivo cambio di rotta, che possa avvantaggiare anche lo sviluppo del Paese, per favorire la formazione di competenze, sostenendo le diverse progettualità per avvicinare le ragazze e le donne alle materie Stem e riconoscere le competenze femminili, valorizzandole danno visibilità alle leadership femminili impegnate in settori in cui la presenza delle donne è spesso ignorata. Diverse le iniziative per facilitare l’accesso delle donne al lavoro e all’imprenditorialità, alle risorse anche attraverso programmi di microcredito ovvero l’erogazione di contributi, di sostegni di vario tipo, alla formazione professionale; dare alle donne l’opportunità di maggiori servizi alla famiglia, di accedere o rientrare al lavoro con un’indipendenza personale.
È importante che le ragazze non si sentano svantaggiate di fronte alle materie scientifiche: occorre puntare sulla ricerca, formazione e valorizzazione di figure professionali femminili, orientandole fin da giovani verso rami scientifici, con un background interdisciplinare e competenze trasversali e di livello. Al riguardo, la ministra Bonetti ha sottolineato come “E’ ormai imperativo abbattere la segregazione lavorativa che soffoca il talento e le capacità delle donne negli ambiti delle tecnologie e delle scienze. Parlare i linguaggi delle STEM e digitali vuol dire avere parte attiva e imprescindibile nei processi di transizione energetica, di conservazione dell’ambiente, di lotta al cambiamento climatico e di raggiungimento di un’economia circolare. Significa poter cogliere le principali opportunità offerte dal mercato del lavoro e sostenere l’autonomia finanziaria delle donne. In uno scenario di collaborazione e di solidarietà, il Governo italiano non ha mancato e non mancherà di fare convintamente la sua parte per incentivare il lavoro femminile. Con una decontribuzione per le assunzioni e le sostituzioni di maternità, in modo da far risultare non più sconveniente per un’azienda assumere una donna invece che un uomo. E gli sgravi contributivi attuali dovranno diventare strutturali per tutte le lavoratrici. Oggi le donne pagano un elemento di disparità in ingresso e questo costo va sostenuto dalla collettività perché la parità è un valore per tutti, non solo un diritto da tutelare”.
Bisogna lavorare in sinergia se davvero si intende cambiare e migliorare la condizione femminile del nostro Paese, non agendo solo su coloro che sono già donne, ma anche sulle future donne e, dunque, sulla nostra futura forza lavoro.
Paola Francesca Cavallero