la normativa contenuta nel codice delle pari opportunità del 2006 si aggiorna per ridurre il divario retributivo di genere
Il 26 ottobre 2021 il Senato ha approvato all’unanimità il ddl unificato sulla parità salariale uomo-donna che introduce strumenti per la lotta alla discriminazione in ambito lavorativo, sgravi fiscali per le aziende che promuovono la parità di genere e, infine, nuove disposizioni per gli organi direttivi delle società pubbliche.
Un plauso corale per un provvedimento atteso da molti anni.
Le relatrici della legge Chiara Gribaudo e Valeria Fedeli hanno commentato che “con il via libera definitivo di oggi il nostro Paese compie un passo di fondamentale importanza verso il completo superamento delle disuguaglianze di genere, l’aumento dell’occupazione femminile, l’assunzione del principio di condivisione delle opportunità e delle responsabilità sul lavoro e in famiglia. (…) Non è comune che nel passaggio da una Camera all’altra l’approvazione di un disegno di legge impieghi meno di 15 giorni. E il fatto che ciò sia accaduto proprio con questo provvedimento dimostra l’urgenza e la concretezza che l’attuale Parlamento ha voluto riconoscere all’incrocio tra i due assi fondamentali per l’uscita dalla crisi pandemica e per la crescita del Paese: lavoro e parità di genere. (…) C’è stata la volontà politica di dare concreta attuazione al dettato costituzionale e quindi di riconoscere il fondamentale diritto a un pari riconoscimento economico e di carriera, a parità di mansioni e ore lavorative, alle donne lavoratrici”.
Una serie di interventi per contrastare il gap retributivo di genere, attraverso misure premiali per le aziende che rimuovono le discriminazioni, e di provvedimenti per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro che è “un risultato cruciale per la vita di tantissime e tantissimi lavoratrici e lavoratori ottenuto grazie alla comunità di intenti con tutte le forze politiche, ma è anche il primo passo verso il raggiungimento di obiettivi ancora più ambiziosi su cui, oggi più che mai, è impossibile pensare di procrastinare l’ottenimento dell’effettiva parità salariale uomo-donna e la previsione di un salario minimo per tutti i lavoratori e le lavoratrici” ha aggiunto Susy Matrisciano, Presidente della Commissione Lavoro di Palazzo Madama.
COSA PREVEDE LA LEGGE?
QUALI SONO I PILASTRI SU CUI SI BASA LA STRATEGIA PER FAVORIRE LA PARITA’ SALARIALE?
L’obiettivo della nuova legge è di sostenere, con un approccio pragmatico, le imprese virtuose che rispettano e diffondono le best practices in materia di uguaglianza di genere e di innescare un circolo virtuoso per ‘spingere’ ad un cambio di paradigma anche quelle aziende che fino ad oggi hanno operato discriminazioni ad un maggiore coinvolgimento delle donne nel mondo lavorativo, professionale, della formazione.
Tra le novità principali gli incentivi all’assunzione di personale femminile, gli sgravi fiscali fino a euro 50.000,00 per chi adotta politiche utili a conciliare tempi di vita e di lavoro delle lavoratrici, l’introduzione dal 1 gennaio 2022 di una certificazione biennale obbligatoria in cui devono essere indicate le condizioni contrattuali dei dipendenti e che dovrà essere predisposto da tutte le aziende con più di 50 dipendenti. La certificazione equal pay è incentivata da una premialità per quelle aziende che rispettano e diffondono buone pratiche in materia di pari opportunità, in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni e anche alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Le imprese saranno premiate o sanzionate a seconda delle azioni poste in essere per ridurre il divario retributivo di genere.
Per quelle imprese che presenteranno rapporti che non fotografano la situazione reale aziendale sono previste sanzioni, mentre i benefici contributivi eventualmente goduti sono passabili di sospensione nell’ipotesi in cui non venga rispettato l’obbligo di presentazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e agli aspetti che riguardano le pari opportunità sul luogo di lavoro per oltre 12 mesi dopo la relativa scadenza.
Sull’effettivo promuovimento dei cambiamenti strutturali non sono mancati coloro che hanno espresso dubbi circa la logica della ‘perimetrazione’ alle aziende con più di 50 dipendenti giacché le aziende più piccole, con meno di 50 dipendenti, potranno redigere un report sulla situazione delle pari opportunità e delle retribuzioni, ma su base volontaria.
Con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri verranno definiti i parametri minimi per il conseguimento della certificazione e le modalità di acquisizione e monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Le amministrazioni pubbliche dovranno indicare nei bandi di gara relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture e opere i criteri premiali che vogliono applicare alla valutazione delle offerte in relazione al possesso della certificazione della parità di genere da parte delle aziende private.
E’ prevista infine l’estensione del criterio di riparto degli amministratori delle società quotate anche agli organi amministrativi delle società pubbliche non quotate, costituite in Italia, per sei mandati consecutivi e richiede che il genere meno rappresentato ottenga almeno due quinti degli amministratori eletti, ovvero il 40 per cento.
LA LEGGE SULL’UGUAGLIANZA DI TRATTAMENTO SALARIALE SEGNA UN IMPORTANTE PASSO IN AVANTI DEL NOSTRO PAESE
Nel comunicato stampa del 27 ottobre 2021 Tatiana Biagioni, Presidente Avvocati Giuslavoristi italiani e del Comitato Pari Opportunità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, ha affermato che “Il voto di ieri segna una vera svolta sul tema della parità salariale. Oggi è una giornata importante non solo per le donne, ma per l’intero Paese: la strada però è ancora lunga. La legge deve essere applicata con rigore e per questo sono fondamentali incontri informativi e formativi nei luoghi di lavoro per una conoscenza piena e consapevole delle norme. È altresì necessario un vigile controllo sulla sua corretta applicazione. Il provvedimento approvato premia le imprese che praticano le ‘azioni positive’, riconosce certificazioni di parità di genere ed estende alle aziende con più di 50 dipendenti l’obbligo di redigere un rapporto sul personale con dati disaggregati per genere, un documento necessario al fine di verificare la reale situazione aziendale in tema di parità di genere. Rimangono da vedere i successivi decreti applicativi con l’auspicio che questa legge possa innescare un processo virtuoso in tutto il mercato del lavoro. Ciò detto questo è solo un passo in avanti certo non il primo: non siamo all’anno zero, ma c’è molto da fare”.
La legge è stata definita da tutti gli schieramenti politici (“Si tratta di un passaggio che rafforza la nostra democrazia e la convinzione che le conquiste sui diritti sociali e civili devono viaggiare spedite, di pari passo”, ha commentato l’ex premier Giuseppe Conte), dai tecnici e dagli esperti in materia una vittoria di civiltà prima ancora che di giustizia verso il superamento delle disuguaglianze di genere, l’aumento dell’occupazione femminile, l’assunzione del principio di condivisione tra donne e uomini delle opportunità e delle responsabilità sul lavoro e in famiglia.
Guardare a quello che nel corso degli anni è stato fatto serve a capire che si sta percorrendo la strada nella direzione giusta: se da un lato si sta progressivamente ‘recuperando terreno’ nella riduzione delle disuguaglianze di genere dall’altro, tuttavia, non bisogna allentare la presa.
Purtroppo la crisi pandemica ha rimesso tutto in discussione, penalizzando e colpendo molto più duramente le donne di quanto non abbia fatto con gli uomini, provocandone la fuoriuscita dal mancato del lavoro. Ha impattato su quei settori prevalentemente occupati da lavoratrici (es. servizi, turismo), che si sono dovute fare carico anche della richiesta di maggiori cure in ambito domestico soprattutto verso i figli a casa da scuola.
Questa è una legge che guarda certamente al futuro, alle nuove generazioni di bambine e ragazze che saranno le lavoratrici di domani. E’ la presa di coscienza pubblica di una problematica per troppo tempo ‘sottovalutata’, a riprova che sulla parità tra uomo e donna – sul lavoro (ma non solo) – si scommette per la ripresa del Paese che nell’Unione Europea sconta ancora un forte ritardo in tema di occupazione femminile.
Un cambio di passo verso quell’uguaglianza di genere in tutte le sue forme e manifestazioni che l’Unione Europea si è data come obiettivo entro il 2030 è stato quindi fatto ma, nello scenario nodale rappresentato dal rapporto delle donne con il mondo del lavoro, la strada è ancora in salita.
Paola Francesca Cavallero