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16 Gennaio 2025
Lavoro e Previdenza

Lavoratori Pubblici e l’innovazione nella PA!

I sindacati confederali, a marzo, hanno sottoscritto il “Patto di coesione sociale e per l’innovazione del lavoro pubblico”. Che di fatto è un “accordo quadro” teso a definire le linee guida della futura riforma della Pubblica Amministrazione.

Ad oggi, tale accordo, è servito al Governo per poter presentare all’Europa la relazione per ottenere i fondi del Recovery Plan. Nuovamente i confederali dimostrano di essere indirettamente parte integrante degli apparati statali auto incensandosi per il traguardo raggiunto a discapito della lotta alle disuguaglianze e quindi della coesione sociale.
Nei fatti, gli investimenti annunciati per il rilancio della PA restano solo sul piano burocratico/amministrativo e della interlocuzione. Il ricambio generazionale potrà avvenire solo scaricando sulla comunità il costo dei prepensionamenti.
Vengono fatte solo generiche affermazioni sull’innovazione senza che vengano affrontati, nel concreto, i problemi reali di arretratezza di mezzi e strumenti che potrebbero contribuire a risolvere, unitamente alla sburocratizzazione, la cronica carenza di organico. Nulla viene riferito in merito alla esternalizzazione delle attività né, tantomeno, alla stabilizzazione del personale che da anni opera da precario.
Sulle nuove assunzioni cala l’ombra della mobilità coatta tra i comparti, senza che ciò comporti alcun beneficio e la flessibilità, male attuata nel corso degli ultimi anni, ha provocato solo gravi danni alla PA ed ai cittadini che con essa debbono confrontarsi.
Cgil, Cisl e Uil spianano la strada alla revisione dell’ordinamento professionale senza alcuna discussione con lavoratori e lavoratrici e sul fronte dei rinnovi contrattuali, Cgil, Cisl, Uil e Governo proclamano l’inserimento dell’elemento perequativo integrato nella retribuzione ovviamente senza evidenziare che non ci sarà alcun incremento delle risorse ma “una migliore gestione della dote a disposizione” e soprattutto che in realtà gli “aumenti” contrattuali scatteranno dal 2021 ed avranno un valore netto in busta di 50 euro. Nel biennio 2019-2020 sarà erogato l’assegno una tantum che sancisce la perdita di retribuzione subita dai lavoratori a causa del lockdown, in quanto ingloba le spese personali sostenute per lo smart working, la perdita di buoni pasto e del salario accessorio. Il grande risparmio ottenuto dalle amministrazioni con l’utilizzo dello smartworking sarà pagato interamente dai lavoratori così come gli aumenti contrattuali.
Lo smart working, verrà applicato “sulla base delle esigenze delle aziende. Se un’azienda ha bisogno di lavoro a distanza se lo organizza, se un’altra azienda non ha bisogno di lavoro a distanza non lo fa” (cit. On. Brunetta) che ha inoltre affermato che occorre “favorire l’innovazione senza irrigidire il sistema” e che pertanto “verrà favorita la contrattazione diretta tra datore e dipendenti, lasciando alla normativa nazionale soltanto la definizione dei principi generali”.
A ciò si aggiunga che viene rilanciato il welfare contrattuale, ovvero l’integrazione stipendiale con i bonus per i servizi previdenziali e sanitari privati a discapito non solo dei lavoratori stessi ma della sanità e dei servizi e delle prestazioni pubbliche!
Nulla viene detto sull’erogazione del TFR erogato dopo anni dalla cessazione del rapporto di lavoro né alcuna parola viene spesa sulla necessità di combattere la corruzione che coinvolge politici e amministratori pubblici che sottraggono risorse destinate ai servizi pubblici.
Qual è il miglioramento della PA? È questo che la triplice concorda con il Governo ai danni dei lavoratori pubblici, la perdita di diritti e di potere contrattuale che rafforza Sanità e Previdenza integrativa a discapito di quella Pubblica?
L’unica strada percorribile per riconquistare i propri diritti è quella di stare davvero dalla parte dei lavoratori e delle classi sociali più deboli!

Fabio Schirosi

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