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14 Gennaio 2025
Lavoro e Previdenza

LAVORO AGILE Sottoscritto l’accordo tra Sindacati e Parti Imprenditoriali

Il 7 dicembre è stato raggiunto l’accordo tra Governo e parti sociali sul Protocollo Nazionale con le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva sul lavoro agile nel settore privato.
Si tratta del secondo provvedimento in Europa di disciplina dello smart working.
Il ministro Orlando a margine, nell’incontro con le parti sociali ha sostenuto che “Il lavoro agile, il cosiddetto smart working, è cresciuto molto durante la pandemia, ma al di là dell’emergenza sarà una modalità che caratterizzerà il lavoro in futuro, anche nella quotidianità, nella normalità che speriamo di riconquistare il più presto possibile. Per questo abbiamo voluto raggiungere un accordo con tutte le parti sociali, che disciplinasse i nuovi problemi che questa modalità organizzativa del lavoro pone”. (fonte sito del Ministero del lavoro).
Tenuto conto di quanto affrontato in emergenza, durante il periodo pandemico più grave, sono state prese in considerazione tutte le criticità emerse, tanti aspetti e implicazioni che hanno comportato questa modalità di lavoro ed, in conseguenza, sono state tracciate le linee di orientamento e di rispetto di alcuni diritti fondamentali per i lavoratori che operano in questa modalità.
Tutte le sigle sindacali e le parti imprenditoriali presenti al tavolo di contrattazione hanno sottoscritto l’accordo. Il Protocollo siglato definisce alcuni punti saldi riguardanti il ricorso e l’utilizzo dello smart working (lavoro agile), e sancisce i principi fondamentali intorno ai quali sarà possibile costruire la contrattazione tra lavoratore ed azienda, ad esempio: il diritto a vedere garantiti alcuni trattamenti che vengono assicurati con il lavoro ordinario, al riposo dei lavoratori, alla disconnessione, alla sicurezza, nonché le modalità attraverso le quali garantire la sicurezza dei dati che vengono utilizzati e l’utilizzo degli strumenti di lavoro.
I principi trattati, tutti di grande rilevanza, sono stati regolamentati grazie alla convergenza di posizioni diverse che hanno definito la cornice di eventuali successivi interventi normativi a riguardo ma che, sicuramente, costituiranno il punto di partenza per la contrattazione tra lavoratore ed azienda.
Sebbene l’avanzamento della campagna vaccinale, abbia ridotto il numero di coloro che hanno fatto ricorso allo smart working, non si è avuto un calo rilevante di ore lavorate in questa modalità tale da trascurarne gli effetti tant’è che, dai dati forniti dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, emerge che saranno 4,4 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto, di cui circa 2 milioni nelle grandi imprese, 700mila delle PMI, 970mila nelle microimprese e 680mila nella PA.
Secondo le analisi prospettiche elaborate, l’Osservatorio prevede che il “lavoro agile” rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, inizialmente in forma ibrida, ovvero alternando lavoro in ufficio e in smart working, ed in maniera strutturata o destrutturata (progetti informali); nel 62% delle PA, in cui prevalgono le iniziative strutturate e nel 35% delle PMI, fra cui prevale un approccio più destrutturato ed informale e vi è forte la tendenza a tornare indietro.
La modalità dello smart working, sebbene iniziata per necessità, si è radicata nelle aziende, in particolare in quelle di medio/grandi dimensioni, al tal punto che si prevede che, al termine della pandemia, occorrerà sviluppare, definire ed adottare nuovi modelli organizzativi ed operativi in considerazione della previsione di un ulteriore aumento degli smart worker rispetto ai numeri registrati durante la pandemia, durante la quale si contavano complessivamente circa 2 milioni di lavoratori agili nelle grandi imprese, oltre un mole e 500mila nelle PMI, e microimprese e quasi 1 milione nella PA.
Le modalità di lavoro in smart working, almeno per i primi tempi, verosimilmente, continueranno ad essere ibride, alla ricerca del miglior equilibrio fra lavoro in sede e a distanza e si prevede che nelle grandi imprese sarà possibile lavorare a distanza mediamente per tre giorni a settimana, due nelle PA.
I benefici riscontrati da lavoratori e aziende spingono sempre di più verso questa modalità operativa che garantisce un migliore equilibrio fra lavoro e vita privata, diminuisce lo stress e abbatte i costi privati delle aziende e dei costi per la collettività legati, in particolare, a spostamenti ed inquinamento.
Ciò non di meno occorrerà considerare altri aspetti non meno importanti di quelli evidenziati, sia legati all’occupazione che per gli smart worker è calata dal 12% al 7%, sia legati a fattori di carattere psicologico dovuti al tecnostress di cui ha sofferto il 28% e all’overworking che ne ha colpito il 17%.
La pandemia, come accennato, in termini generali, ha accelerato l’evoluzione di modelli organizzativi e processi di lavoro verso forme di organizzazione più flessibili e, conseguentemente, ha cambiato le aspettative di lavoratori e imprese. Tuttavia, si sono determinate sostanziali differenze tra le organizzazioni, in particolare legate al livello dimensionale, che rischiano di rallentare questa rivoluzione o quantomeno di generare grosse differenze di potenziale. Mentre le grandi imprese sperimentano nuovi modelli operativi capaci di cogliere i benefici potenziali di entrambe le modalità di lavoro che conseguenzialmente definiscono nuovi equilibri fra lavoro in presenza e a distanza, nelle PMI e nella PA, invece, si sta tornando prevalentemente al lavoro in presenza a causa della riluttanza al cambiamento e alla mancanza di cultura basata sul raggiungimento dei risultati.
Il consolidarsi di questa dicotomia tra grandi aziende da un lato e PMI e PA dall’altro, si scontra con le aspettative dei lavoratori e gli obiettivi di digitalizzazione e sostenibilità del Sistema Paese.
La fine della pandemia determinerà sempre di più il futuro del lavoro e guidandolo su strade che condurranno al vero “smart working”. Terminata la fase emergenziale, sarà necessario che le organizzazioni in sinergia con Governo, finanza e parti sociali si coordinino per strutturare progetti ambiziosi lavorando su policy, tecnologie, spazi di lavoro e stili di leadership; i lavoratori devono formarsi per raggiungere skill più adeguate al nuovo work-life e tutto ciò ponendosi obiettivi e traguardi volti alla modernizzazione che spinge anche ad un ripensamento di processi e sistemi manageriali sia in ambito pubblico che privato all’insegna della flessibilità e della meritocrazia, proponendo ai lavoratori una maggiore autonomia e responsabilizzazione sui risultati.
Le sfide che il tessuto economico-sociale del Paese ha dovuto affrontare nel frangente pandemico, hanno evidenziato la necessità di generare il massimo della coesione, dell’unità di intenti e di convergenza degli interessi di tutti gli attori coinvolti in vista di un nuovo sistema di lavoro, sempre più presente in tutti i settori che, traguardando gli interessi dei singoli, infine, corrisponde all’interesse della generalità dei lavoratori e dei cittadini tutti.

Fabio Schirosi

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