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16 Gennaio 2025
Lavoro e Previdenza

Passato, presente e futuro dei Patronati

intervista a Leonardo Maiolica

Pur essendo nati in Italia nel 1917 a tutela degli agricoltori infortunati, soltanto nel 1947, dopo la caduta del fascismo, i Patronati hanno trovato nel nostro Paese un riconoscimento giuridico. Da allora negli anni ci sono state continue modifiche nel loro operare, e soltanto nel 2001, con la legge 152, si è arrivati ad una prima vera e propria riforma. Di Patronati parliamo oggi con l’avvocato Leonardo Maiolica.

Avvocato Maiolica, da quanto tempo si occupa di Patronato e come è iniziata la sua avventura nel mondo dei Patronati?
E’ iniziata nel 1981 a Caserta, quando mi venne chiesto di impegnarmi a dar vita alla Associazione Acai di Caserta, provinciale della Associazione Cristiana Artigiani Italiani.
Posso dire che ho iniziato così, senza neanche troppo impegno nella fase iniziale.
Poi pian piano però nel corso degli anni la ACAI di Caserta sotto la mia guida stupì l’intera associazione in tutta Italia perché il Patronato che avevo messo in attività risultò essere il primo d’Italia, tra quelli di ACAI, in virtù degli importantissimi risultati raggiunti.
Mi ricordo ancora che in Italia, tra tutti i Patronati presenti, il mio in percentuale era secondo soltanto all’INCA di Roma, lo storico Patronato della CGIL.

Quanto è cambiato il Patronato da quando lei ha iniziato ad occuparsene ad oggi e quanto dovrebbe essere ancora fatto?
I Patronati oggi sono presenti in maniera capillare su tutto il territorio nazionale tanto da essere considerati servizi essenziali come gli uffici postali o i presidi sanitari. Nonostante le varie riforme che ci sono state, e la più importante è quella derivante dalla legge 152 del 2001, oggi c’è ancora grande confusione. Basta pensare al fatto che i decreti attuativi per rendere operativa la riforma sono usciti addirittura dopo sette anni. Il problema vero è stato l’aver delegato sempre agli ispettorati l’interpretazione della norma ed ancora oggi, nonostante ci sia l’ispettorato unico nazionale che dovrebbe dare una interpretazione unica e inconfutabile, io noto che ci sono ancora interpretazioni che purtroppo variano tra ispettorati e ispettorati. Ritengo che dopo i 19 anni che sono passati dalla promulgazione di questa legge, sia giunto il momento, anche sull’esperienza attuale della emergenza legata alla pandemia Covid-19, che ha portato ad un improvviso incremento del lavoro a distanza in tutti i comparti, di adoperarsi per arrivare a dei cambiamenti che possiamo definire anche strutturali. Ad esempio non si riesce proprio a capire per quale motivo si chiedono gli stessi requisiti per province piccole tipo Sondrio o Matera, e province grandi come Roma, Milano o Napoli. Ci sono tante cose che andrebbero cambiate e assolutamente riformate.

In questo periodo di emergenza legata alla pandemia Covid-19 abbiamo visto il Patronato impegnato in prima linea per poter dare assistenza ai cittadini che avevano bisogno anche di capire come districarsi tra le tante opportunità messe in campo dal governo. Cosa ha fatto in particolare il Patronato?
Attraverso i propri sportelli il Patronato ha garantito vicinanza e aiuto ai tanti cittadini che erano in difficoltà e che non avrebbero avuto la possibilità di inviare le richieste di assistenza predisposte nei vari DPCM. In questo periodo si è confermata la mia tesi che i Patronati sono gli unici capaci di intermediare le richieste delle fasce più deboli della popolazione con gli istituti previdenziali.

Il Patronato soffre però di ritardi nei tempi di pagamenti. Qual è la situazione attuale e dopo quanto tempo lo Stato riconosce, attraverso il Ministero del Lavoro, ai Patronati quanto spetta loro per il lavoro svolto?
Ecco questo è un meccanismo che possiamo definire veramente difficile e complicato da capire. Premesso che tutta la produzione che viene fatta nell’arco di un anno da un Patronato viene denunciata entro l’aprile dell’anno successivo, il ministero dovrebbe corrispondere l’80% della produzione realizzata durante l’anno precedente. Purtroppo però devo evidenziare come questo non avviene mai, anche perché come parametro si prende la media dei tre anni già accertati. E con i ritardi che ci sono negli accertamenti, tutti i sacrifici che i Patronati hanno fatto nell’anno precedente in questo modo non trovano immediata corrispondenza sulla prima anticipazione, che poi è anche quella più consistente. Questo squilibrio economico temporale, che si trasforma in un enorme ritardo nei pagamenti che avvengono oramai sempre con ritardi di alcuni anni, è causato dal sistema di controllo delle pratiche previsto dalla norma. Nonostante tutte le pratiche vengono lavorate telematicamente ed in tempo reale, gli ispettori del lavoro ancora oggi effettuano le verifiche manualmente e soltanto nel corso degli anni successivi a quello di invio e approvazione delle pratiche da parte degli istituti previdenziali. Ma non finisce qui, perché un altro problema lo viviamo con l’erogazione dei saldi. Siamo ancora in attesa di ricevere i saldi delle annualità 2013, 2014, 2015 e via via fino alla produzione del 2019. Questi ritardi sono dovuti in gran parte ai ritardi nella lavorazione da parte degli ispettorati del lavoro. Qui ci tengo a chiarire un altro aspetto. Ma è possibile che al tempo d’oggi, in cui praticamente tutto il lavoro viene fatto in maniera telematica, ancora il controllo delle singole pratiche da parte degli ispettorati del lavoro richieda tempi così lunghi come quando era tutto cartaceo? Che senso ha che gli ispettori debbano controllare le pratiche una per una? Ci sono regioni come ad esempio la Sicilia, i cui ispettori dipendono dalla regione e non dal ministero del lavoro, che hanno dei ritardi notevoli. Questi ritardi rallentano tutto l’iter perché fino a quando non arrivano i verbali di tutte le sedi, ed anche di quelle estere, non si può procedere alla liquidazione. Alcuni anni fa si fece una proposta che proponeva di fare tutto in maniera telematica per accelerare i tempi di verifica delle pratiche andate a buon fine ma purtroppo questa proposta si è arenata ed ancora oggi vediamo ritardi su ritardi a causa di un metodo di lavoro completamente anacronistico.
Per fortuna altri ispettorati richiedono tutta la documentazione su supporti multimediali e quindi siamo fiduciosi che questa possa essere la strada che nel più breve tempo possibile possa essere intrapresa da tutti gli ispettorati per dimostrare che il nostro Paese realmente si incammina verso una modernità ed una digitalizzazione che oramai non possono più attendere.

Maiolica ci dica quali sono i requisiti per costituire un Patronato e se questi requisiti sono ancora oggi attuali o se si potrebbe pensare ad una riforma dei requisiti minimi necessari per poter aprire un nuovo istituto di Patronato.
La legge del 2001 prevedeva all’articolo due che potessero costituire e gestire gli istituti di Patronato e di assistenza sociale, su iniziativa singola o associata, le confederazioni e le associazioni nazionali di lavoratori costituite da almeno tre anni, con sedi proprie in almeno un terzo delle regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale. Altro requisito era il dimostrare di possedere adeguati mezzi finanziari e tecnici. Per quanto riguarda la presenza sul territorio c’è stata grande confusione nel tempo, perché un primo decreto prevedeva che bisognasse coprire almeno le cinque macro province e poi un altro i due terzi della popolazione. Con Poletti ministro del lavoro però c’è stata una riforma che ha modificato i requisiti minimi portando da tre anni ad otto anni l’anzianità minima di un sindacato per poter dar vita ad un Patronato. Oltre a questo requisito di anzianità si fece riferimento a un altro aspetto, ovvero che i Patronati che non raggiungevano in termini di produttività la percentuale dell’ 1,5% nei 2 anni successivi sarebbero stati commissariati. Altra importante modifica ha toccato i Patronati del settore agricolo che prima della riforma non avevano obbligatorietà ad avere sedi all’estero, e che con la riforma Poletti sono state costrette ad aprire almeno otto sedi in territorio straniero. Ultima riforma per il mondo dei Patronati è stata fatta dal primo Governo Conte che ha nuovamente modificato il numero minimo dei paesi esteri in cui essere presenti per un Patronato, portandolo da otto a quattro e abbassando anche la percentuale di produzione da 1,5% a 0,75%.

Il Patronato prende le risorse da un fondo nazionale per i Patronati che viene finanziato con risorse provenienti dai versamenti contributivi fatti dalle singole aziende. In un momento di difficoltà come quello attuale in cui quasi tutte le aziende, o gran parte delle imprese, si trovano in cassa integrazione, questo fondo non rischia di essere sempre meno corposo?
Quest’anno sono molto preoccupato perché la maggior parte delle imprese hanno fatto ricorso alla cassa integrazione. O il governo interviene mettendo nuove risorse nel Fondo per i Patronati o in caso contrario sarà veramente difficile per i Patronati di continuare a garantire i propri servizi. Mi auguro che anche ricorrendo alle risorse del recovery fund si riesca a far fronte questo problema. I Patronati sono obbligati ad essere operativi, anche se da remoto, per inviare tutte le domande che senza l’ausilio dei Patronati avrebbero difficoltà ad essere processate. Ma da parte delle Istituzioni non è corretto far stare i Patronati con il fiato in sospeso, senza sapere quali saranno le risorse a loro destinate, serve che il governo dia risposte immediate e concrete.

Maiolica il suo gruppo opera all’interno del Patronato SENAS, le sedi che fanno riferimento direttamente a Leonardo Maiolica in quali regioni sono presenti, dove operano e con quanti dipendenti?
Io devo innanzitutto ringraziare il patron del Patronato SENAS, l’onorevole e mio grande amico Enzo Iovine. Con lui mi lega un rapporto di amicizia da oltre quarant’anni ed è lui la persona che mi ha consentito di fare il Patronato nel Patronato. Noi abbiamo costituito FNUA Regione Lazio che è una ramificazione di FNUA Nazionale, e con questo strumento abbiamo aperto tantissime sedi. Attualmente siamo presenti in 12 regioni con molti uffici provinciali anche di diretta emanazione nostra, e come FNUA Lazio oggi abbiamo 160 dipendenti e facciamo una produzione che l’anno scorso ha portato a un denunciato di 54.000 punti e quest’anno chiuderemo tra gli 80 e i 90.000 punti. Se lei pensa che ci sono dei Patronati che negli anni hanno raggiunto soltanto 60.000 punti… noi li abbiamo raggiunti e superati soltanto in tre anni di attività.

Massimo Maria Amorosini

 

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