4 Ottobre 2024
Lavoro e Previdenza

Pensioni, una riflessione sul futuro

Dopo la parentesi del calcolo delle pensioni con il sistema retributivo, durata un quarto di secolo su oltre 120 anni di storia, dal 1/1/1996 è stato reintrodotto in Italia il metodo di calcolo contributivo delle pensioni.
Nel metodo contributivo c’è un rapporto diretto tra contributi versati e trattamento pensionistico. L’adeguatezza delle pensioni è legata alla capacità contributiva, rivestono, cioè, un peso rilevante i contributi versati, nella duplice componente della entità (retribuzione e aliquota contributiva) e della lunghezza e continuità del periodo contributivo. Per il calcolo della pensione viene utilizzata la contribuzione di tutta la vita lavorativa (annualmente rivalutata in base alla media quinquennale del PIL nominale) e il coefficiente di trasformazione del montante contributivo correlato all’età anagrafica. Raggiunta l’età pensionabile, si converte in rendita il montante di tutta la contribuzione versata moltiplicandolo per lo specifico coefficiente di trasformazione legato all’età di ritiro dal lavoro (più alta l’età più alto il coefficiente, più alto l’importo della pensione).

In più sono stati inseriti due meccanismi che hanno la funzione di garantire la sostenibilità del sistema: la revisione periodica dei coefficienti di trasformazione, ora biennale, e la determinazione dell’età pensionabile in ragione dell’aspettativa di vita. Due meccanismi per la massima protezione del sistema: Finlandia e Portogallo sono, con l’Italia, i soli Paesi ad applicare i due meccanismi insieme. Già cinque sono stati gli aggiornamenti per i coefficienti di trasformazione (2010, 2013, 2016, 2018 e 2021) e tre per gli incrementi per la speranza di vita (2013, 2016, 2019). I coefficienti di trasformazione, come previsto già nella legge n. 335/1995, sono calcolati sulla base delle rilevazioni demografiche e dell’andamento effettivo del tasso di variazione del Pil di lungo periodo rispetto alle dinamiche dei redditi soggetti a contribuzione previdenziale, rilevati dall’ISTAT.

Inutile dire che i coefficienti di trasformazione del montante contributivo, aggiornati per gli anni 2021 e 2022 nel giugno scorso, sono leggermente più bassi rispetto a quelli previsti fino all’anno 2020. L’adeguamento dell’età pensionabile alla “speranza di vita”, previsto a partire dal 2021, invece, già dallo scorso anno è stato fissato a zero.

Le difficoltà di tenuta del sistema previdenziale italiano (inversione demografica, fiscalità e contribuzione sociale, tassi di crescita economica in diminuzione, gestione delle pensioni non proprio di tipo “previdenziale”) e le previsioni negative sul futuro andamento del Pil a causa dell’impatto della pandemia di Covid-19, qualora la ripresa economica fosse più lenta del previsto, aumenteranno le difficoltà, nel futuro, di offrire prestazioni adeguate. Probabile, infatti, nel prossimo futuro, una diminuzione della contribuzione versata, una rivalutazione molto più contenuta dei montanti contributivi e un possibile ulteriore intervento di riduzione dei coefficienti di trasformazione.

Anche se nell’attuale dibattito sul sistema pensionistico sembra che esso debba fondarsi più su principi di equità, propri dello Stato sociale, che sulla funzione costituzionale propria di coprire un evento futuro (IVS = invalidità, vecchiaia, superstiti) assicurando una corrispondenza fra contributi versati e prestazioni, il “contributivo” richiederà un maggiore impegno diretto dei lavoratori. Cosa può fare il cittadino lavoratore in questa situazione?

L’incremento delle domande di riscatto, soprattutto dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 4/2019 che ha allargato il ventaglio dei periodi riscattabili e ridotto l’onere, ha dimostrato un interesse del pubblico verso la possibilità di responsabilizzazione della propria posizione assicurativa. Nell’anno 2019, sono state 67.680 le domande per il riscatto ordinario della laurea, per quello agevolato e per la pace contributiva arrivate all’Inps da marzo a dicembre 2019 per il recupero di anni e contributi ai fini della pensione: una media di 6.321 al mese contro le 2.320 richieste al mese dell’anno precedente. Un boom!
È, così, nata l’idea di un esame analitico di cosa il cittadino può fare per conseguire una pensione che, a mente dell’art. 38 della Carta Costituzionale, assicuri mezzi adeguati alle sue “esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.

Antonio Chiaraluce
Esperto di Previdenza

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