A decorrere dal primo gennaio 2022, è possibile presentare richiesta all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), o agli istituti di patronato, per ottenere l’erogazione, a partire dal prossimo marzo, dell’assegno unico universale per i figli a carico del nucleo familiare.
Ciò come previsto dal Disegno di Legge per il sostegno e la valorizzazione della famiglia conosciuto con il nome di Family Act e che rappresenta un incubatore normativo per l’adozione di misure a sostegno della genitorialità e della funzione sociale e educativa della famiglia e a garanzia del diritto/dovere dei genitori a mantenere, istruire e educare la prole in una dimensione di corresponsabilità condivisa, nell’ottica del contrasto alla denatalità e per favorire la conciliazione della vita familiare con la sfera lavorativa. In merito all’assegno, esso viene corrisposto mensilmente, per ciascun figlio minorenne a carico, a decorrere dal settimo mese di gravidanza e in misura maggiorata successivamente al secondogenito. Per poter sostenere il processo di autonomia e defamiliarizzazione dei figli maggiorenni a carico, impegnati in un percorso di formazione scolastica o professionale, frequentanti un corso di laurea o un tirocinio, lavoratori ma con reddito al di sotto di una determinata soglia o registrati come disoccupati o in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro, il beneficio è previsto, per un importo inferiore, sino al compimento del ventunesimo anno di età. Il quantum dell’assegno, inoltre, è maggiorato per le madri infraventunenni e a favore dei figli disabili, rispetto ai quali non è stabilito alcun limite di età. Tra i requisiti d’accesso alla misura, che devono essere cumulativamente posseduti, vi sono: l’essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea – o familiare – e titolare del diritto di soggiorno, anche permanente, o di permesso di soggiorno eurounitario per soggiornanti di lungo periodo o per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale, per i cittadini di uno Stato non appartenente all’Unione europea. Il richiedente, inoltre, deve essere assoggettato al pagamento dell’imposta sul reddito nello Stato italiano; deve risiedere e essere domiciliato, unitamente ai figli a carico, in Italia per tutta la durata del percepimento del beneficio; deve essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato di durata almeno biennale. Le predette condizioni possono, tuttavia, subire una deroga, in comprovate peculiari ipotesi, su proposta dei servizi sociali e sanitari territoriali, deputati alla tutela della natalità, della maternità, dell’infanzia e dell’adolescenza, e per periodi di tempo circoscritti. L’assegno unico universale si ispira al criterio della progressività e al principio universalistico, ossia costituisce un beneficio economico attribuibile a tutti i nuclei familiari con figli a carico sulla base della condizione economica individuata dall’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), indipendentemente dalle condizioni economiche e dallo stato occupazionale dei genitori. Nell’ipotesi in cui il richiedente non produca l’ISEE della propria famiglia, l’emolumento verrà erogato nel minimo previsto. L’assegno è ripartito in pari misura tra i genitori, anche nell’ipotesi in cui essi siano legalmente separati, divorziati ovvero il matrimonio sia stato annullato, purché il minore sia affidato ad entrambi in regime congiunto e salvo differenti accordi. Diversamente, è assegnato al genitore affidatario o ad altro soggetto esercente la responsabilità genitoriale in assenza dei genitori. L’assegno unico e universale interviene come strumento volto, non solo alla promozione della natalità e al sostegno della genitorialità, ma anche come mezzo di promozione dell’occupazione, in particolar modo femminile, nonché della parità dei generi all’interno della famiglia. Tale obiettivo potrebbe essere più efficacemente raggiunto anche grazie all’attuazione di altri strumenti come, per esempio, alla riforma della disciplina del congedo parentale, prevedendo un periodo minimo di congedo parentale della durata di due mesi non cedibile all’altro genitore oppure un permesso retribuito per i colloqui con gli insegnanti dei figli, di almeno 5 ore nell’arco dell’anno scolastico; oppure incoraggiando modalità flessibili nella gestione dei congedi, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro e, nell’ambito della relativa competenza, con le forme stabilite dalla contrattazione collettiva applicata al settore. Contestualmente, si inserisce nell’ambito di un più ampio riordino delle vigenti misure a sostegno delle famiglie con figli a carico, attingendo a risorse finanziarie messe a disposizione dal Governo tramite l’istituzione di un Fondo ad hoc. Difatti, è prevista l’abolizione ovvero la modifica di altri strumenti quali l’assegno al nucleo familiare con almeno tre figli minori, l’assegno di natalità, il premio alla nascita, il buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l’infanzia, il Fondo di sostegno alla natalità, le detrazioni fiscali per la prole, etc. L’assegno, invece, risulta pienamente compatibile con la fruizione del reddito di cittadinanza che può eventualmente concorrere alla determinazione dell’importo del primo. Inoltre, questa nuova misura non è considerata ai fini delle prestazioni sociali agevolate, dei trattamenti assistenziali e di altri benefici e prestazioni sociali previsti dalla legge in favore dei figli con disabilità, né rileva con riguardo alle borse lavoro indirizzate all’inclusione o all’avvicinamento al mondo del lavoro di soggetti con disabilità. L’attuazione dell’assegno non può prescindere da una attività di informazione della cittadinanza: oltre alla campagna di comunicazione governativa per la divulgazione del nuovo beneficio, il legislatore ha previsto che l’Ufficiale dello Stato civile metta a conoscenza le famiglie della sussistenza dell’assegno al momento della registrazione della nascita. Infine, è stato istituito un organismo, aperto alla partecipazione delle associazioni familiari maggiormente rappresentative, col compito di monitorare l’attuazione e verificare l’impatto della misura medesima. Emerge come l’assegno unico e universale sia stato concepito quale misura cardine delle politiche per la famiglia, lontana dagli strumenti per il contrasto della povertà. La promozione dell’armonioso sviluppo delle bambine e dei bambini, quali poli dell’azione governativa e legislativa per il rafforzamento del ruolo e per la tutela della famiglia, devono essere collocati nella prospettiva di poter migliorare la società mediante l’interazione tra lo Stato e la dimensione domestica: i benefici a favore delle generazioni più giovani devono essere culturalmente interpretati come investimenti sul futuro di fondamentale valore sociale.
Giulia Gozzelino
Avvocata e cultrice della materia in diritto
delle politiche sociali e del lavoro