Quello appena passato, per il nostro Paese, è stato l’anno più drammatico dal secondo dopoguerra. Intere generazioni spazzate via dal virus e tante famiglie distrutte alle quali, troppe volte, non è stata concessa neppure la possibilità di dare l’ultimo saluto ai propri cari. Centinaia di migliaia di persone hanno perso il lavoro, la casa, i risparmi di una vita. In tutto questo, fra le tante cose vergognose a cui siamo stati costretti ad assistere, una mi fa arrabbiare più delle altre: la vergognosa operazione mediatica portata avanti a danno delle giovani generazioni come la mia e tesa a dipingerci come terroristi del contagio e cittadini incoscienti che dividono le proprie giornate tra una festa e l’altra. Noi giovani abbiamo pagato un prezzo altissimo per la pandemia, alcune volte anche più elevato di quello pagato dai nostri genitori, soprattutto a livello psicologico. L’isolamento forzato, la didattica a distanza, la perdita di persone care e l’azzeramento della vita sociale hanno avuto un effetto devastante sui più giovani, a tal punto che, secondo gli ultimi dati a nostra disposizione, i suicidi nella fascia d’età dai 10 ai 25 anni sono aumentati addirittura del 20%, arrivando ad essere la seconda causa di morte. Per non parlare delle migliaia di giovani che in questi mesi hanno abbandonato gli studi o hanno perso il lavoro. E la politica cos’ha fatto per aiutarci? Nulla. Come sempre. Anzi, ha peggiorato notevolmente le cose continuando a caricarci di debiti per sostenere misure dichiaratamente fallimentari come il reddito di cittadinanza o sprechi assurdi come le primule di Arcuri con la leggerezza e la convinzione di chi fa shopping con una carta di credito non sua. Purtroppo viviamo in un Paese dove la classe politica che ci ha governato negli ultimi 10 anni si è preoccupata soltanto delle prossime elezioni e mai delle prossime generazioni. Mentre gli altri Paesi investivano e scommettevano sulle nuove generazioni, sul futuro e sullo sviluppo, noi scommettevamo sugli 80 euro, sul reddito di cittadinanza e su quota 100. La verità è che siamo un Paese che si riempie la bocca della parola “giovani” ma poi, alla prova dei fatti, non ci dà fiducia, ci considera dei debosciati dediti solo a feste e divertimento e non punta su di noi quando dovrebbe farlo. In questo clima ostile, il nuovo Governo guidato da Mario Draghi, forse proprio perché sa di non dover cercare facili consensi, rappresenta una concreta speranza di cambiamento se non radicale, quantomeno sostanziale. Nel corso delle sue comunicazioni all’aula del Senato infatti, il nuovo Presidente del Consiglio ha speso parole forti e cariche di significato verso i giovani ricordando che “ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti”. Riallacciandomi allora alle parole del Premier dico: non sprechiamo questa occasione! Noi giovani alla politica non stiamo chiedendo e non vogliamo chiedere regali, mance o sussidi. Chiediamo meritocrazia. Vogliamo un Paese che punti sui talenti delle giovani generazioni, riponga fiducia in noi e ci dia l’opportunità di mostrare al mondo intero quanto valiamo. Come? Più investimenti sull’imprenditoria giovanile, sulle startup, nuovi sgravi fiscali per chi decide di assumere un giovane nella propria azienda e forti incentivi alla formazione. Vado oltre. Serve una riforma organica dell’istruzione che sia coraggiosa, europea e con lo sguardo volto al futuro: investiamo di più nella ricerca, eliminiamo un anno di liceo e uno di università per sfornare diplomati e laureati che siano davvero competitivi sul mercato del lavoro (che ha ormai innegabilmente assunto una connotazione internazionale) e non temano la concorrenza dei nostri cugini inglesi, tedeschi e spagnoli. Facciamo questo o saremo sempre un passo indietro. Noi giovani non chiediamo la luna, vorremmo solo un Paese normale, in cui emigrare sia un’opportunità per chi lo desidera, non un obbligo per chi invece vorrebbe restare qui, avere successo, creare una famiglia e rendere l’Italia di nuovo grande. Un Paese come il nostro dove, negli ultimi dieci anni, la fuga di cervelli è triplicata passando dai 39mila espatriati del 2008 ai 117mila del 2018, non ha e non può avere futuro se non si inverte immediatamente la rotta. Per invertire la rotta però ci vuole coraggio. Ecco cosa chiediamo noi giovani alla politica, al nuovo Governo e al Presidente Draghi: chiediamo di avere coraggio, visione e fiducia nelle nuove generazioni. Chiediamo di scommettere su di noi per il successo di una nuova Italia.
Simone Leoni
Coordinatore Regionale di Forza Italia Giovani Lazio