In Italia il matrimonio misto (in cui uno sposo è italiano è l’altro è straniero) da fatto isolato sta diventando un vero e proprio fenomeno sociale.
Si tratta di un fenomeno di grande rilievo sia per il continuo incremento negli ultimi anni sia perché rappresenta un segno tangibile e positivo dell’integrazione delle donne e uomini immigrati nel nostro contesto sociale. Le fonti attualmente disponibili nel nostro Paese non consentono di quantificare con precisione il fenomeno. In più ci sarebbero da considerare le convivenze non ufficializzate.
I matrimoni misti vengono considerati in modo diverso, a seconda dei punti di vista, delle occasioni e dei contesti. Alcuni studiosi vedono in tali nuclei familiari un segno tangibile e positivo dell’integrazione e un esempio di ciò che si avvia ad essere la società del futuro, abitata da cittadini del mondo, somaticamente e culturalmente “meticci”. Altri invece considerano la famiglia mista un “laboratorio sociale” privilegiato per osservare e leggere le dinamiche dell’incontro, dello scambio, della negoziazione tra donne e uomini provenienti da mondi altri, diversi e lontani. Infine, vi sono autori che analizzano queste coppie come ambiti di possibile conflitto, situazioni “a rischio”, per problemi giuridici, religiosi e culturali.
Si può rilevare osservando la composizione dei matrimoni misti che sono decisamente prevalenti le coppie costituite da un marito italiano e una moglie straniera, di cui qui ci occupiamo. Secondo gli ultimi dati Istat, esiste una maggiore tendenza degli uomini italiani che sposano una cittadina straniera a prediligere nel 17% dei casi una moglie rumena, nel 14% un’ucraina, nel 6,5% una brasiliana e nel 6,3% una russa. Il formarsi di questo specifico tipo di coppie può essere favorito presumibilmente da più fattori, ma pare indubbio che la forte crescita dei flussi migratori femminili fa sì che aumentino anche le opportunità di incontro e le occasioni di instaurare relazioni sentimentali, sessuali e di coppia tra uomini italiani e donne straniere.
Tuttavia va anche detto che non sono state solo le immigrazioni femminili a foggiare questo insieme di coppie. Come ha già osservato da tempo il demografo Alessandro Rosina, in diversi casi l’incontro – che poi evolve verso la relazione di coppia – è sia la conseguenza “accidentale” della mobilità temporanea di nostri connazionali all’estero per motivi diversi (lavoro, piacere, ecc.) sia frutto di viaggi turistici orientati già in partenza verso la ricerca in paesi selezionati (come il Brasile) della propria “anima gemella”. Non molto diversa è la situazione della donna nel cosiddetto matrimonio “d’agenzia” o “negoziato”, un fenomeno sul quale vi sono pochi dati e poche ricerche. Si tratta di un’unione fra un uomo, spesso italiano, che decide di sposare una donna straniera avendola scelta su di un catalogo o avendola solo vista in foto, con l’ausilio di agenzie internazionali che rendono disponibili agli aspiranti mariti-acquirenti ricchi cataloghi di spose tra le quali scegliere.
In altri casi (non numericamente inconsistenti) molti uomini italiani ultrasettantenni sposano giovani donne straniere: si tratta dei cosiddetti “matrimoni di cura” tra la badante e l’anziano assistito.
È chiaro, in questo quadro, come maggiori investigazioni e approfondimenti in tutte queste direzioni sarebbero di evidente interesse al fine di comprendere il funzionamento di un vero e proprio mercato matrimoniale che presenta diversi lati oscuri, la cui comprensione potrebbe risultare determinante per giudicare in modo corretto dei processi di integrazione “via matrimonio”.
Lo squilibrio di forza contrattuale nella coppia tra donna straniera e uomo italiano
Il partner italiano viene ritenuto da molte donne straniere come una sorta di “facilitatore” o mediatore del proprio inserimento nel tessuto sociale della società italiana. Il desiderio di trovare un compagno che si occupi di loro e le sostenga economicamente è infatti un’aspettativa ricorrente ma, in svariati casi, l’integrazione “via matrimonio” ha anche diversi rischi.
Uno dei rischi più frequenti è che l’uomo italiano tenda ad assumere atteggiamenti di tipo fortemente protettivo nei confronti della donna immigrata, che talvolta sconfinano nel bisogno di controllo o addirittura nella tendenza a sostituirsi ad essa nelle scelte che la riguardano, innescando così una forma di dipendenza e di dominio. Con il tempo il matrimonio si trasforma in una “prigione” sempre più stretta e soffocante dalla quale il più delle volte è difficile evadere. Spesso la donna diviene oggetto di violenza perpetrata sotto ogni forma: fisica, psicologica, economica e sessuale.
Si è potuto più volte constatare che nelle coppie miste in cui la donna è straniera, è il partner italiano a definire le condizioni del rapporto in virtù di una maggiore “forza contrattuale” che sembra giocare soprattutto a sfavore della compagna straniera. Una spiegazione può essere cercata nella probabile migliore posizione socio-economica del partner italiano legato a una donna straniera, spesso casalinga o, comunque, non indipendente economicamente. Tale dato è suffragato da uno studio di Dionisia Maffioli sulle coppie miste. Maffioli sottolinea che lo squilibrio di forza contrattuale a favore del coniuge italiano è confermato, sia pure indirettamente, anche dalla configurazione delle differenze di età fra i due partner. La preferenza per una compagna molto più giovane è “un noto e antico sistema per bilanciare due “partiti” socialmente non equilibrati (la nostra storia e la nostra letteratura ce ne offrono miriadi di esempi), che potrebbero riproporsi in chiave etnica nel caso delle coppie miste con un partner originario di paese in via di sviluppo”.
Diversi studi sull’argomento concordano nel mettere in luce che i rapporti di genere all’interno di molte di queste coppie tendono ad essere più asimmetrici e tradizionali, rispetto alle coppie etnicamente e nazionalmente simili. L’asimmetria tende ad essere meno accentuata anche nelle coppie miste in cui la moglie è italiana quantomeno per il motivo che la donna ha il vantaggio, rispetto al marito straniero, di poter vivere nel suo paese di origine e in teoria di poter contare su un capitale sociale intatto. Al contrario, una donna straniera sposata ad un italiano può essere indebolita dal trovarsi priva di una rete di relazioni sociali e familiari e perciò più dipendente dal marito. Non va altresì trascurato che molte donne straniere sposate a italiani hanno esistenza giuridica solo tramite il proprio coniuge e si trovano perciò in una condizione di totale dipendenza, specie se non hanno un proprio lavoro e un reddito che le renda economicamente autonome.
Di fatto, questo mix di fattori non fa altro che rafforzare la vulnerabilità delle cittadine straniere e le espone al rischio di subire trattamenti discriminatori e violenti. Spesso, queste donne si trovano nell’impossibilità di dettare le proprie condizioni o proteggere se stesse e i loro figli per paura di ulteriori ripercussioni.
I dati raccolti dai Centri antiviolenza su tutto il territorio nazionale, hanno portato alla luce l’esistenza di numerosi casi di sopraffazione e di violenze contro le donne straniere consumate all’interno delle mura domestiche che, il più delle volte, non vengono denunciati alle autorità pubbliche per paura di ritorsioni da parte del marito italiano. Queste donne troppo spesso scivolano nella solitudine ed è dentro questa dimensione che si rischia di restare dentro la violenza senza possibilità di riscatto.
Il potere della Rete nella lotta contro la violenza sulle donne straniere
Per sostenere le donne straniere e i loro figli nel percorso di uscita dalla violenza, sono necessari interventi molteplici. Si tratta di agire a livello di informazione, di sensibilizzazione, di prevenzione e, soprattutto, occorre promuovere cambiamenti legislativi e politiche capaci di migliorare la condizione delle donne immigrate. E’ indispensabile inoltre, tenuto conto delle correlazioni tra i fattori responsabili della violenza domestica contro le donne straniere, che tali interventi siano concepiti come facenti parte di un contesto integrato e coordinato. Nella pianificazione delle strategie e degli interventi, è essenziale che venga ascoltata la voce delle donne che hanno vissuto sulla loro pelle l’esperienza della violenza domestica. È, altresì, importante che venga utilizzata e valorizzata l’esperienza delle organizzazioni che difendono i diritti delle donne immigrate, accogliendo le soluzioni che esse hanno da proporre. Il loro punto di vista rappresenta un contributo prezioso alla realizzazione di programmi di sostegno e servizi adeguati alle loro esigenze.
Per far fronte al questo grave problema sociale, c’è solo una possibilità: costruire una Rete di attori diversi capace di garantire protezione e tutela alle vittime.
In questo senso, la collaborazione sinergica tra l’Agenzia per il lavoro CREDICI, l’Ente accreditato alla formazione AMILI, FORO NAZIONALE CONSUMATORI, ASDATCOLF (Associazione datori di lavoro e collaboratori familiari) e associazioni che lavorano con autorevolezza per il contrasto della violenza di genere rappresenta un atto concreto per aiutare le vittime di violenza e tessere una Rete di attori diversi capace di garantire interventi di fuoriuscita dallo stato di bisogno economico, mediante percorsi integrati di orientamento e formazione per reinserirsi nel mondo del lavoro.
Antonella Pagliuca