Oggi più che mai risulta fondamentale il buon funzionamento della macchina amministrativa statale, anche alla luce degli impegni internazionali ed europei che pressano l’Italia in termini di operatività ed efficacia.
Il sistema burocratico italiano risulta attualmente davvero poco gestibile e soprattutto dal punto di vista della percezione dei cittadini rappresenta un giogo insopportabile oltreché ormai insostenibile e non un agile strumento di gestione della res publica come dovrebbe essere. In realtà il termine burocrazia, che deriva dal francese bureaucratie (cratie dal greco krátos, forza – preceduto da bureau, ufficio pubblico), viene descritto, nell’accezione più aderente al contesto che stiamo analizzando, nell’idealtipo di Max Weber come una forma di organizzazione sociale e politica, applicata agli apparati dello Stato, ovvero un vero e proprio modello di apparato amministrativo, utile e necessario per il miglioramento e l’ottimizzazione de sistema politico e della democrazia di massa. Si esplicita infatti in un sistema organizzativo razionale, dotato di regole, che possono fornire agli attori organizzativi le risposte adatte, o meglio le soluzioni migliori a ogni problema; organizzazione del lavoro e principio di autorità ne sono i pilastri fondamentali. Tale approccio e il modello burocratico weberiano è stato nel tempo criticato e superato. Esso è cambiato, come è cambiato nel tempo il ruolo dello Stato, che è passato da quello di attore super partes a quello di attore/operatore, arrivando agli approcci più attuali previsti nelle teorizzazioni del new public management e della overnance, che prevedono rispettivamente privatizzazioni, esternalizzazioni, deregolamentazione di interi settori e inclusione dei portatori di interesse nella definizione e realizzazione delle politiche pubbliche.
Oggi, in una società tecnologica e nel mondo della “casa di vetro”, come possiamo interpretare e soprattutto gestire l’evoluzione di concetti così astratti e teorici, rendendoli strumento e non più ostacolo? Come possiamo uscire da un sistema che nel tempo si è disumanizzato riportando tutti gli effetti negativi che conosciamo nell’organizzazione della società e soprattutto divenendo in molti casi vessazione e non più utilità?
Forse allineare i bisogni alle norme, diminuire la distanza tra lo Stato e i Cittadini, utilizzando processi partecipativi e sistemi di vera e propria Governance collaborativa, potrebbe essere una delle chiavi di volta per gestire in modo realmente efficace la macchina dello Stato. In questo contesto anche la concertazione sociale ha un ruolo fondamentale nell’avvicinamento necessario tra decisori, tecnostruttura e cittadini/utenti. In questa equazione risulta fondamentale il ruolo svolto dal Capitale Umano operante nella Pubblica Amministrazione e l’attitudine di esso al cambiamento.
Purtroppo però alla necessità di cambiamento organizzativo si affianca oggi una situazione di carenza strutturale di organico dovuta in parte ad anni di blocco del turn over, ma anche alla poca attrattività della carriera pubblica. Il mito del posto fisso è ormai caduto e soprattutto i giovani non aspirano più alla stabilità che un lavoro in ambito pubblico garantiva in passato, ma ricercano invece principalmente un’adeguata retribuzione e una buona qualità della vita. Considerando che nel tempo si è sempre più ampliato il gap retributivo tra pubblico e privato e si sono sempre più ridotte le tutele previste nell’ambito dei contratti legati ai comparti della pubblica amministrazione, vista anche la crescita degli istituti di welfare previsti più nell’ambito dei contratti privati, nel prossimo futuro rivestirà un ruolo determinante l’impostazione sia a livello generale che a livello particolare che si vorrà dare alla nuova P.A.
Lo stato dell’arte…
L’ultima vera “riforma” effettuata nella Pubblica Amministrazione risale alla Legge n. 56 del 19 giugno 2019, “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”, il cosiddetto Decreto Concretezza, mai completamente attuato.
Tale Norma giungeva a valle di numerose e variegate leggi, leggi delega, decreti legge, etc., volte a migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’azione della P.A. e a migliorare i livelli di produttività, nonché la qualità dei servizi erogati ai cittadini, che nel corso di più di un ventennio hanno continuato ad intervenire su parti del sistema, senza però riuscire concretamente a rivalutare, implementare ed ammodernare l’apparato dello Stato. Il grande problema è sempre risultato connesso all’entità degli investimenti. Infatti tutti gli interventi precedenti erano volti ad ottenere un miglioramento o una crescita senza tuttavia prevedere reali e concreti investimenti economici, trattandosi sempre di interventi a costo zero o comunque ad invarianza della spesa.
In questo contesto, negli anni successivi al 2019 e nei Governi che si sono susseguiti, soprattutto nel periodo post-pandemico, si è cominciata a far strada, anche visto l’inserimento di nuova linfa derivante da investimenti economici legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la volontà di voler investire sul Capitale Umano della P.A.. Sembrerebbe quindi che il datore di lavoro pubblico si sia reso finalmente conto che, non investendo, il Capitale, come in qualsiasi impresa, a lungo andare non potrà che deperire e a risentirne sarà sempre la qualità del prodotto (e in questo caso del servizio!).
Lo svilimento e il depauperamento delle classi di lavoratori afferenti la P.A. che si è attuato negli ultimi decenni è giunto oggi al punto di non ritorno, tanto che il lavoro pubblico, il cosiddetto “posto fisso”, come già detto, non risulta attraente per le giovani generazioni. In effetti quello che servirebbe oggi è una vera e concreta azione di riforma (e non in senso legislativo), che dovrebbe passare necessariamente per la modificazione di un’idea e di un sentire la pubblica amministrazione come un valore e non come un peso, tornando a pensare che lo Stato, con le sue propaggini, sia supporto e aiuto nei momenti di difficoltà, sia l’àncora che resta salda anche nella tempesta, diventando di fatto il futuro di questa nostra Nazione e il volano per una ripartenza che tutti i cittadini attendono e pretendono a valle di tante sofferenze e di innumerevoli difficoltà.
L’ultima innovazione sensibile in termini organizzativi si rinviene nell’articolo 6 del decreto-legge 9 giugno 2021 n. 80, che ha prescritto l’adozione del Piano integrato di attività e organizzazione alle pubbliche amministrazioni con più di cinquanta dipendenti (i cosiddetti PIAO). Il PIAO è di durata triennale, con aggiornamento annuale e dovrebbe definire principalmente i profili legati agli obiettivi programmatici e strategici della performance, la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo.
Ad oggi l’ultima disposizione normativa, in fase di approvazione risulta quella relativa a “Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche D.L. 44/2023 / A.C. 1114” al momento in esame nelle commissioni Affari Costituzionali e Lavoro della Camera e riguarda principalmente l’implementazione degli organici delle Funzioni Centrali e la stabilizzazione del lavoro precario in alcuni comparti di esso, principalmente scuola ed Enti locali.
Ci sarà molto altro ancora da fare, proprio per adeguare le mentalità al momento storico e alle esigenze reali del Paese. Andrebbero rivisti i criteri applicati per il calcolo della rappresentanza, che al momento risulta fortemente limitata dalla mancanza di una norma dedicata, lasciando di fatto ad interpretazioni creative le composizioni dei tavoli delle trattative, escludendo spesso importanti fette di lavoratori e non riconoscendo loro neanche il diritto di ascolto o di informazione. Inoltre sarebbe auspicabile una modifica ai CCNL di tutti i comparti pubblici volta a riconoscere quale modello relazionale da inserire nel sistema delle relazioni sindacali la partecipazione, intendendosi con questa voce la volontà delle parti di ricercare e sviluppare forme di cooperazione, per una migliore tutela dei diritti e delle aspettative delle categorie rappresentate anche per l’effettiva realizzazione del processo partecipativo dei lavoratori ex art. 46 della Costituzione Italiana. Le parti, sempre al fine di favorire processi partecipativi, dovrebbero condividere la volontà di instaurare relazioni volte a coniugare lo sviluppo della Pubblica Amministrazione con la qualità della vita dei lavoratori, favorendo anche sistemi di premialità, basati su progetti volti all’implementazione tecnologica e organizzativa del lavoro presentati da lavoratori o da gruppi di essi.
Merita una citazione anche il tema del welfare aziendale, che ha trovato spazio solo recentemente nei CCNL della pubblica amministrazione e che, in alcuni comparti di contrattazione, demandando la concessione dei benefici di natura assistenziale e sociale alla contrattazione integrativa, trasferisce l’onere complessivo sui bilanci delle amministrazioni, risultando così di difficile se non impossibile applicazione. Tale istituto andrebbe valorizzato e finanziato, così da poter prevedere delle quote di investimento prestabilite garantendo criteri di equità nella distribuzione delle risorse, soprattutto in quei comparti che risultano avere i livelli retributivi più bassi.
E’ giunto anche il momento di una concreta rivalutazione del ruolo della Dirigenza Pubblica favorendo l’operatività e la qualità del lavoro, abbattendo i vincoli che spingono di fatto verso forme di burocrazia difensiva e rivedendo tematiche di fondamentale importanza quali l’organizzazione delle catene di responsabilità, riducendo l’autoreferenzialità e responsabilizzando il management pubblico rispetto ai risultati, apportando una reale innovazione nei modelli organizzativi e nella materia della prevenzione della corruzione.
Infine di fondamentale importanza risultano i processi di valutazione della performance, che non devono più rimanere meri atti amministrativi o di monitoraggio, ma devono diventare un’azione utile alla crescita dei livelli motivazionali e uno strumento atto a incidere concretamente sull’azione della Pubblica Amministrazione, direzionando le politiche pubbliche verso un’operatività e una efficienza oggi più che mai necessaria. Gli obiettivi, realmente sfidanti, dovrebbero scaturire da un reale processo di valutazione delle priorità d’intervento e dal posizionamento strategico dell’Istituzione che li adotta. Dovrebbero essere trasparenti e condivisi, sia con tutta la catena di lavoratori coinvolti nel loro raggiungimento, che con gli utenti dei servizi a cui sono dedicati, anche al fine di poter “raddrizzare il tiro”, eventualmente non si rispecchiassero le reali esigenze dei cittadini/utenti. E’ importantissimo il posizionamento strategico delle Istituzioni e il suo coordinamento territoriale, dal livello più alto (quello Governativo e Nazionale) a quello più vicino ai cittadini (quello locale e territoriale) e per questo oggi appare di fondamentale importanza proprio la scelta dei valori e degli obiettivi di riferimento, quei valori che dovrebbero essere ampiamente condivisi sia dai decisori che dagli operatori del settore pubblico, necessitando una sinergia e un coordinamento negli intenti come mai nella storia della nostra Nazione. Quindi proprio questo cambiamento di mentalità e di approccio dovrebbe essere quel veicolo transizionale necessario per trasformare l’utopia in realtà, il pensiero in azione, attualizzando e trasformando positivamente la Pubblica Amministrazione e rendendola concretamente utile e operativa come i tempi odierni impongono.
Michela Toussan