Passeggiando per le vie di Roma ci si potrebbe imbattere in un sampietrino davvero particolare: una pietra ricoperta da una targa in ottone lucente che avvolge il blocchetto del lastricato tipico del centro storico della città.
Questo sampietrino è una pietra di inciampo e viene posata in memoria delle vittime del nazismo, indipendentemente da etnia e religione. Spicca tra tutti gli altri creando un “inciampo” metaforico nella nostra mente, un inciampo nella memoria, nella storia, camminando per Roma.
La prima è stata posata dall’artista tedesco Gunter Demnig a Colonia il 16 dicembre 1992, in ricordo di mille tra Sinti e Rom deportati nel maggio del 1940. La scelta è scientemente ricaduta su Colonia perché nel 1990 vi è stata installata un’opera scultorea che ricordasse le persecuzioni e le deportazioni avvenute in questa città, dopo la promulgazione dello “Auschwitz-Erlass”. Il suddetto decreto stabiliva infatti l’inizio della deportazione sistematica di persone di etnia Sinti e Rom nei campi di sterminio e anche l’inizio della deportazione di massa degli ebrei dalla Germania. Tuttavia la protesta di un cittadino, contestante la veridicità delle atrocità scaturite da questo momento in poi, ha instillato in Demnig il desiderio di dedicarsi al ricordo delle deportazioni avvenute, qualunque ne fosse la ragione. L’artista ha voluto contrastare l’oblio e le cattive memorie sulla tragedia delle deportazioni naziste durante la Seconda guerra mondiale.
Le Stolpersteine, termine che in lingua tedesca significa proprio “ostacolo”, sono quindi quadrati di dimensioni analoghe ai sampietrini (10×10) realizzati in ottone: con le loro incisioni sulla superficie, ricordano a chiunque vi ci “inciampi” una persona diventata vittima. Ne rimembra il nome ed il cognome, la data di nascita e quella di morte quando è conosciuta, il luogo in cui è stato deportato e dove aveva vissuto fino a quel giorno: le pietre sono posizionate in prossimità dell’abitazione di coloro che vogliono ricordare. Le informazioni hanno lo scopo di ridare individualità a chi era stato ridotto soltanto un numero. A chi è stato strappato irrevocabilmente dalla propria vita. L’”inciampo” deve dunque intendersi non in mero senso fisico, ma visivo e mentale. Dovrebbe far riflettere e soffermarsi sulla particolare iscrizione del sampietrino. L’espressione “pietra di inciampo” è mutuata dalla Bibbia e dall’Epistola ai Romani di Paolo di Tarso (9,33) “Ecco, io metto in Sion un sasso d’inciampo e una pietra di scandalo; ma chi crede in lui non sarà deluso”.
Demnig si è dedicato alla costruzione del più grande monumento diffuso d’Europa, e si è ispirato alle parole del Talmud: “una persona viene dimenticata solo quando è dimenticato il suo nome”. Una iniziativa senza precedenti, che ha superato presto i confini della Germania, in virtù della sua profonda funzione di stimolo alla coscienza collettiva creando memoria a cielo aperto.
Gunter Demnig posa personalmente ogni singola pietra. La sua dedizione è stata artefice della creazione di un’insolita mappa della memoria, nella quale chiunque possa imbattersi muovendosi sul filo della ricerca storica, talvolta inconsapevolmente. I sampietrini istoriati rappresentano una commemorazione personale e un invito alla riflessione. L’importanza delle pietre d’inciampo è unica: raccontano una storia diversa dai canonici monumenti e rappresentano una memoria viva e tangibile. È letteralmente possibile “inciampare” nelle vite di tante persone. Cercando le pietre d’inciampo sparse nelle città apprendiamo notizie su famiglie, giovani, personaggi più o meno famosi, operai, studiosi, ebrei ma anche antifascisti, omosessuali, militari, politici, rom, testimoni di Geova e partigiani: tutti deportati nei campi di concentramento o massacrati nelle Fosse Ardeatine. Storie dure, come le pietre su cui sono incisi i loro nomi e che, in ogni tempo e in ogni luogo, incitano a non dimenticare. Un semplice sampietrino quindi ha acquisito una forza evocativa senza precedenti, perché è proprio posizionato davanti all’abitazione dei deportati: da lì sono stati prelevati, strappati ai loro affetti e alle loro occupazioni, per essere uccisi senza ragione, finiti in cenere o in fosse comuni, privando così i familiari e i loro discendenti persino di un luogo dove ricordarli. Chiunque inciampi oggi su questo sampietrino dovrebbe soffermarsi, riflettere e interrogarsi su ciò che è stato, compiendo una sorta di viaggio storiografico. Le pietre d’inciampo sono diventate arredo urbano, storico ed emozionale.
Negli anni le Stolpersteine sono diventate più di 80mila in circa 2mila città e si trovano, oltre che in Germania, in Austria, Belgio, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo Norvegia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina e Ungheria. Finora solo Estonia, Bielorussia e alcuni Paesi balcanici non hanno aderito al progetto. Il progetto è finanziato da donazioni private e da enti pubblici. Di conseguenza ogni cittadino o istituzione o scuola, potrebbe diventare committente richiedendo l’installazione di una pietra. Per attivare la procedura di richiesta è necessario compilare un modulo e, qualora ci fosse, allegare la documentazione relativa alla vicenda del beneficiario della pietra. Sono elementi indispensabili al reperimento e alla verifica dei dati che saranno incisi sul particolare sampietrino dall’artista. La cifra irrisoria richiesta per diventare “sponsor” di una pietra, copre le spese di materiale, manodopera e attrezzature necessarie alla produzione e alla posa ed è interamente devoluta a Gunter Demnig. L’artista realizza ciascuna pietra a mano nel suo laboratorio in Germania e si occupa personalmente della posa di ognuna di esse, recandosi nei luoghi dove sono previste le installazioni. “Ogni volta che incido i nomi, lettera dopo lettera, ricordo a me stesso che dietro quel nome c’è un singolo individuo. Bambini, uomini e donne che erano vicini di casa, compagni di scuola, amici e colleghi. E ogni nome evoca un’immagine. Vado nel luogo, nella strada, davanti alla casa dove la persona viveva. L’installazione di ogni Stolperstein è un processo doloroso ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno della memoria di qualcuno” (cit. Demnig.) Le pietre sono state posate in più di 20 lingue diverse.
In Italia attualmente sono circa 1400 le Stolpersteine sparse in 150 comuni in tutto il Paese tra Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto. Nel nostro Paese le pietre non sono state dedicate solo agli ebrei, ma anche ai partigiani e soldati del Regio Esercito.
La prima pietra d’inciampo è stata posata a Roma nel 2010. Nella capitale è possibile seguire un vero e proprio itinerario attraverso i vari municipi, nel corso del quale, ogni accorto visitatore potrebbe riuscire ad individuarle tutte. In occasione del Giorno della Memoria nel gennaio 2022, 18 nuovi sampietrini istoriati hanno trovato la loro collocazione nel selciato romano, raggiungendo quota 387 sul suolo capitolino. Si trovano le “storie calpestabili” di intere famiglie, come la famiglia Sabatello al Ghetto ebraico. Il 20 gennaio 2022 l’Ambasciatrice di Spagna presso la Santa Sede e Governatrice dell’Opera Pia, ha reso omaggio alla memoria di David e Settimio Limentani, collocando due stolpersteine in via dei Giubbonari 30 dove vivevano. L’edificio, di proprietà dell’ente spagnolo, era il luogo da cui sono stati prelevati padre e figlio nel 1944. David è stato ucciso dalle truppe naziste nelle Fosse Ardeatine. Settimio è stato deportato ad Auschwitz l’8 maggio 1944, insieme al fratello Angelo e ad altri membri della famiglia Tagliacozzo, residenti nello stesso edificio. Solo Settimio è sopravvissuto ed è potuto tornare con Sami Modiano, altro deportato, nella sua vecchia casa di via dei Giubbonari 30, sperando di riunirsi alla sua famiglia.
Nel medesimo mese hanno avuto la loro collocazione, davanti palazzo Odelaschi in piazza Santi Apostoli 81, le Stolpersteine dedicate all’archeologo e mercante d’arte austro-ceco Ludwig Pollak, alla moglie Julia, e ai figli Wolfgang e Susanna. Pollak aveva vissuto quasi 50 anni a Roma ed è conosciuto principalmente per aver scoperto il braccio originale del Laocoonte. La famiglia è stata arrestata insieme ad altri 1.000 ebrei di Roma nel “Sabato nero”, il 16 ottobre 1943, e trasportati due giorni dopo ad Auschwitz-Birkenau. Sono stati quasi tutti immediatamente assassinati nelle camere a gas.
Purtroppo sono stati perpetrati atti di vandalismo a Roma e alcune pietre sono state divelte. Un episodio deplorevole è accaduto il 12 gennaio 2012: le Stolpersteine posate al numero 67 di via Santa Maria di Monticelli sono state estirpate. Il colpevole si è scoperto essere, pochi giorni dopo, un condomino del palazzo di fronte, “infastidito” dalla presenza dei sampietrini istoriati. Un altro scempio riprovevole è avvenuto 10 dicembre 2018: sono state rubate venti pietre d’inciampo posate in via Madonna dei Monti, successivamente ricollocate.
L’incessante lavoro di Demnig ha conferito ad una piccola pietra di ottone un potere evocativo ineguagliabile. Il prezioso sampietrino chiama ciascuno di noi che, parafrasando Primo Levi, “viviamo sicuri nelle nostre tiepide case e tornando a casa a sera troviamo cibo caldo e visi amici, a riflettere su quanto sia importante “ricordarsi di ricordare” e vigilare perché ciò che è accaduto non si ripeta”.
Chiara Magrini