4 Ottobre 2024
Primo Piano

L’impatto dell’intelligenza artificiale ad un anno dalla sua nascita

Sono trascorsi appena dodici mesi e l’IA ha già cambiato il mondo del lavoro

Lo scorso novembre OpenAi rende disponibile online la propria intelligenza artificiale generativa e nei successivi dodici mesi i cambiamenti, i miglioramenti, le evoluzioni e i continui upgrade e “prompt”, fanno intravedere un cambiamento radicale del modo di lavorare e di, conseguenza, della nostra società.

Con la pubblicazione da parte di ChatGpt, dell’IA generativa, nel mondo telematico inizia una radicale trasformazione che velocemente si trasferisce al mondo del lavoro. Questa nuova tecnologia è in grado di scrivere testi e creare immagini come se a generarli fosse un umano (o anche meglio ed in tempo reale). Ad un anno dalla sua pubblicazione in rete, l’IA ha raggiunto la cifra record di 1,5 miliardi di utenti e la software house ha raggiunto una valutazione stimata di circa 80 miliardi di dollari.

Solo dodici mesi fa OpenAi ha aperto una finestra che ci ha proiettato in un futuro che, fino a prima di questo evento, sembrava impossibile da immaginare. L’IA è al centro di un dibattito pubblico che vede profilarsi due schieramenti contrapposti, da un lato coloro che vedono questa tecnologia come una sorta di “matrix” antesignana della distruzione dell’uomo, ridotto a schiavo delle sue stesse macchine e chi, invece, dichiara che l’uomo, liberato dalla schiavitù del lavoro, potrà dedicarsi quasi esclusivamente a sviluppare sé stesso.

Ad ogni modo, le intelligenze artificiali e le software house che le stanno creando, promettono di ridisegnare l’intera società per come la conosciamo e tutto sta accadendo molto più rapidamente di quanto si pensasse. Economia, lavoro, relazioni personali, welfare sono in rapida trasformazione e tutto ciò non è sfuggito ai Governi che si stanno ponendo seriamente e costantemente domande su come evitare che tale tecnologia, e le società che la sviluppano, possano prendere il sopravvento rispetto all’essere umano e alle regole economiche e sociali che governano la nostra collettività.

Per ora gli utilizzatori di questa tecnologia, sia essa ChatGpt o Bard di Google o Copilot di Microsoft o la neonata Grok di Elon Musk, la adoperano per scrivere e inviare mail, controllare dati nei bilanci, analizzare i big data, fare previsioni, analisi di mercato creare siti internet, immagini, traduzioni, o sviluppare applicazioni o addestrare le chatbot utilizzate per fornire sistemi predittivi o di supporto e assistenza post-vendita ma, essa, per poter fornire tutto queste informazioni, deve necessariamente essere molto più pervasiva e aggiornata di quanto si possa immaginare, tant’è che i dati acquisiti per lo sviluppo della IA sono stati temporalmente spostati, dagli anni scorsi, alla primavera 2023.

Ad oggi le IA e le chatbot sono considerate alla stregua di assistenti di milioni di professionisti ma, chi li sviluppa, promette che presto lavoreranno al posto nostro, Elon Musk postula addirittura la fine del lavoro per l’uomo. Ma quali sono i rischi che si celano dietro queste apparentemente rosee prospettive?

Il primo e più grande problema legato allo sviluppo della IA, è l’impatto che essa avrà nel mondo del lavoro soprattutto dal punto di vista occupazionale. Tanti posti di lavoro sono messi a rischio da strumenti che sanno già fare, e meglio, molti dei compiti svolti dall’essere umano. Secondo studi e previsioni della banca di investimento americana Goldman Sachs, nei prossimi 10 anni, potrebbero essere messi a rischio, tra Stati Uniti ed Europa, un quarto delle attività lavorative, ovvero oltre 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno.

Le stime del Word Economic Forum sono ancora più pessimistiche; infatti, viene calcolata una perdita, ed in parte sostituzione, di 85 milioni di posti di lavoro già entro il 2025. Molti dei report dell’ultimo anno evidenziano che l’uso dell’IA potrebbe generare altrettante nuove figure professionali ma esclusivamente all’interno delle società avanzate. Queste stime potrebbero essere riviste nel breve-medio periodo a causa della velocità di evoluzione dei sistemi di IA, che potrebbe rendere rapidamente desuete anche le nuove figure professionali.

Sebbene tutte le stime evidenzino questo trend, nei prossimi dieci anni, tutti i report concordano sul fatto che l’IA produrrà una trasformazione sulle attività professionali e ciò impatterà su circa due terzi delle occupazioni finora conosciute. Tali trasformazioni non si tradurranno per forza in licenziamenti, almeno non nel breve periodo, ma richiederanno una grande flessibilità e capacità di trasformazione del modo di lavorare.

Buona parte delle energie e degli investimenti dovranno essere rivolti non più alla produzione ma alla formazione e allo sviluppo delle tecnologie. Questo nuovo paradigma condurrà, non solo a mutamenti in ambito lavorativo e sociale, ma potrebbe innescare una spirale sempre più avviluppante nella quale, tenuto in considerazione che l’IA ha dimostrato che già oggi buona parte delle attività umane sono replicabili dai software, l’umanità sia “costretta” a lavorare sempre meno o paradossalmente a lavorare sempre di più per l’intelligenza artificiale e meno per sé stessa. Oltretutto, questa nuova tecnologia non promette di sgravare gli uomini dai compiti più pesanti, dal lavoro manuale, ma dal lavoro intellettuale. A tal riguardo l’Università della Pennsylvania ha rilevato che il maggiore impatto sulle categorie produttive sarà indirizzato verso i così detti ‘colletti bianchi’, professionisti, commercialisti, contabili, addetti alle vendite sono solo alcune categorie a grande rischio. Al momento, le stime escludono solo le professioni legate alla cura della persona e quelle dove serve un senso critico o artistico.

Anche se le IA non sono perfette, perché i “bias” (errori insiti nella coscienza e nel pensiero dell’uomo) sono trasferiti, più o meno inconsapevolmente attraverso la programmazione, ai sistemi di intelligenza artificiale (le cosiddette “allucinazioni”), queste sono già in grado di svolgere, agevolmente e con risultati molto più rapidi, molti compiti richiesti ai professionisti.

Uno studio condotto da alcuni ricercatori di OpenAi ha analizzato circa ventimila compiti svolti da oltre novecento professioni. Si è postulato che i LLM (modelli linguistici di larghe dimensioni) quali, ChatGpt, Bard di Google e simili sono già in grado di svolgere in maniera autonoma e grandemente efficiente la ricerca di documenti, scrivere mail, individuare fonti autorevoli ed utilizzarle in modo coerente con percentuali che si avvicinano al 90% dell’efficienza.

I CEO delle aziende che stanno lanciando strumenti di Ai generativi, stanno ipotizzando gli scenari futuri, talvolta distopici, che passano dalla cancellazione dell’umanità dalla faccia della Terra a predire l’avvento di un futuro nel quale l’umanità sarà liberata anche dal lavoro. Elon Musk a dialogo col premier inglese, Rishi Sunak ha affermato: “L’umanità non dovrà più lavorare è difficile predire con esattezza quando accadrà, ma accadrà”. “Non so se questo metterà le persone a disagio, ma una delle sfide del futuro sarà anche quella di trovare un senso alla vita”.

Tali scenari sono difficili da immaginare in un mondo ancora alle prese con guerre, odio, divisioni dettate dalle religioni o da sistemi finanziari che decidono della vita di intere nazioni. Intanto i Capi di Stato, travolti dall’urgenza di creare regole condivise per limitare l’impatto di questa tecnologia sulla società, con i loro interventi, cercano di fissare delle regole affinché si possano porre dei limiti allo sviluppo incontrollato di queste tecnologie.

Fabio Schirosi

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