Il terremoto di Amatrice, con i suoi 299 morti e con la storia millenaria di alcuni paesi cancellati per sempre, ha rappresentato solo l’ultima testimonianza di come l’Italia sia un Paese geologicamente instabile e a grave rischio sismico. Camminando tra le macerie, in quei caldi giorni d’agosto, abbiamo vissuto la triste esperienza della tragedia che ha sconvolto l’Italia centrale. La natura ha fatto il suo corso, ma non tutto quello che è accaduto è da addebitare alla violenza del terremoto, ma bensì, alla superficialità, all’imprudenza e all’inerzia dell’uomo. Se da un lato, il nostro è un Paese, proteso al bello, alla storia, all’arte e alla cultura, realtà che lo hanno reso tra le nazioni più importanti ed affascinanti del pianeta terra, dall’altro, troppo spesso, per ragioni politiche e di carattere economico, non ha adottato tutte quelle misure di sicurezza, necessarie, per prevenire le conseguenze di un evento sismico. In un Paese come il nostro, quello che manca, non sono le norme, ma la volontà di applicarle. Questo è quello che è accaduto anche nell’ultimo terremoto di Amatrice dove, tra gli altri, hanno perso la vita, uccisi dal campanile di Accumoli, una giovanissima famiglia composta da Andrea Tuccio, sua moglie Graziella e i due piccoli figli, Stefano di 8 anni e Riccardo di appena 9 mesi, strappati alla vita nel sonno mentre dormivano tutti e quattro in quello che Stefano chiamava “il lettone grande di mamma e papà”.
Per quel crollo si è celebrato un processo per procurata strage, che ha visto imputati l’ex sindaco e i tecnici del Comune di Accumoli. La sentenza, emessa dal Tribunale di Rieti, il 04 giugno 2021, ha respinto, con la motivazione che “il fatto non sussiste” la richiesta di condanna a 42 anni di carcere che aveva formulato il Pubblico Ministero.
Ricostruendo l’accaduto si evidenzia che l’abitazione, di proprietà del Comune e data in locazione ad una giovane coppia, era incastonata tra la Caserma dei Carabinieri e il complesso parrocchiale in cui è inserita la chiesa di San Francesco ed è proprio il campanile della chiesa che il 24 di agosto 2016 è crollato sull’abitazione che ha travolto, nel sonno, l’intera famiglia Tuccio.
La chiesa di San Francesco aveva subito delle lesioni già durante i terremoti precedenti, durante quelli dell’Umbria del 1979 e del 1997 e poi a quello dell’Aquila del 2009.
Dopo il primo sisma del ’79 venne rifatto il tetto della chiesa ma, col tempo, le travi del soffitto si erano avallate e costituivano un pericolo per l’incolumità pubblica, tanto che la chiesa rimase chiusa per oltre dieci anni.
Dopo il terremoto dell’Aquila del 2009, risulta che i fondi pubblici stanziati ed elargiti per la messa in sicurezza della chiesa e del suo campanile, furono destinati per eseguire solo semplici migliorie, anziché interventi strutturali al campanile e all’interno della chiesa e nessuna opera di messa in sicurezza o di adeguamento per scongiurare il rischio sismico risulta essere mai stata eseguita sul campanile stesso né, tantomeno, sulla casa dove vivevano i Tuccio, strutturalmente connessa all’edificio ecclesiastico, nonostante che da verifiche effettuate, fosse stata evidenziata la necessità di provvedere in maniera strutturale. La gestione dei fondi pubblici, trattandosi di opere collegate al sisma, era affidata a Commissari della Regione Lazio e sub Commissari della Provincia, nonché a tecnici e imprese, coordinati e sorvegliati da appositi organi di vigilanza. La Regione Lazio e le regioni limitrofe ad Accumoli: Umbria, Abruzzo e Marche, storicamente sono terre esposte ad eventi sismici, ragion per cui il terremoto che ha cagionato la morte della famiglia Tuccio, non può considerarsi un evento eccezionale ed imprevedibile, ed il crollo del campanile della chiesa di San Francesco, dovuto al sisma, è solo una concausa che non esclude, però, le gravi e colpose condotte umane, di tutti coloro che avevano l’obbligo di mettere in adeguata sicurezza il campanile della chiesa con autentiche opere strutturali antisismiche e, contemporaneamente, verificare la stabilità della casa incastonata tra la stessa chiesa e la caserma, prima di consegnarla ad una famiglia.
Al contrario, come l’indagine della Procura della Repubblica ha accertato, e come ci è stato confessato dall’ex Parroco della chiesa di San Francesco, con i fondi dei precedenti terremoti, destinati alla messa in sicurezza del campanile, furono eseguite anche opere di miglioria interne alla chiesa, di conseguenza, i lavori fatti sul campanile, non sono stati tali da metterlo in scurezza dal rischio di crollo causato da eventi sismici.
Carlo Fantozzi