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10 Ottobre 2024
Economia Primo Piano

Mobilitazione per il Porto di Gioia Tauro

E’ del 16 ottobre il sit-in dei portuali che si sono mobilitati per protestare contro la tax imposta da una direttiva europea. Il piazzale davanti ai cancelli del porto di Gioia Tauro, si è riempito in fretta di lavoratori perché, il gigante del transhipment, rischia la chiusura a causa della tassa imposta dall’Europa in tutti i porti del Mediterraneo, esclusi quelli extraeuropei. Questo di fatto escluderebbe il traffico nazionale in favore degli scali nordafricani, dunque: concorrenza sleale! Il provvedimento è stato votato anche da partiti di maggioranza di Governo, come Forza Italia che però si è accorta dell’errore di valutazione recentemente e dal Partito Democratico. Solo Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro evidenziandolo come un danno per le nostre strutture portuali. Il Consiglio dei Ministri europeo ha varato quella direttiva che oggi danneggia enormemente la Calabria e il porto di Gioia Tauro mettendo a rischio il posto di lavoro di migliaia di lavoratori.

Tutto ciò ha fatto mobilitare gli operatori portuali, che ogni giorno popolano le banchine. Sono gli stessi lavoratori, coadiuvati da tutte le componenti sindacali (SILPA in primo piano) e da tanti sindaci, a provare ad indicare una inversione di rotta attraverso un sit-in. Insieme a loro anche il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che ha rinnovato una speranza per il futuro dello scalo. Anche il Presidente dell’Autorità Portuale, Andrea Agostinelli, è intervenuto spiegando che “Gioia Tauro rischia perché la direttiva dell’Ue che avrebbe finalità nobili, quelle di ridurre l’inquinamento atmosferico generato dal trasporto marittimo, si risolve in una distorsione del mercato del trasporto marittimo stesso perché inevitabilmente sposterà a sud il baricentro delle linee di navigazione. Dove? Verso porti nord africani per non dire, forse, mediorientali o turchi dove queste tassazioni non si applicano perché si tratta di porti extraeuropei oppure si applicano nella misura del 50%”. Sempre Agostinelli ha poi aggiunto “È di tutta evidenza che questo provocherà un danno molto sensibile non solo al porto di Gioia Tauro ma anche ad altri porti europei che hanno le stesse caratteristiche di Gioia Tauro e non solo. La direttiva è concettualmente sbagliata perché provocherà un danno a tutta la filiera logistica europea se pensiamo che anche le cosiddette autostrade del mare saranno tassate e quindi ci potrebbe essere un probabilissimo ritorno al trasporto su gomma anziché su mare che è assai meno inquinante”.

Il parere di Antonio Luvarà – Delegato SILPA, Presidente Comparto Portuali e Aziende del Trasporto Marittimo Reggio Calabria, sulla manifestazione di Gioia Tauro

“Questo flash mob punta a sensibilizzare in merito al problema che creerà la direttiva. Certo che la normativa che l’Europa sta portando avanti, ci fa diventare i primi per quanto riguarda la riduzione delle emissioni però, essendo applicata solo all’Europa rischia di creare delle distorsioni del mercato in quanto sul Mediterraneo si affacciano molti porti. Rischiamo l’elusione da parte delle compagnie che, per non pagare questa tassa, potrebbero dirottare il transhipement (i porti container) su porti extraeuropei tipo Tangeri e Marocco, e quindi un trattamento non leale. La norma così come pensata merita sicuramente qualche cambiamento. La norma stessa dice che, in un primo periodo, bisognerà verificare l’effettiva applicabilità della norma e vedere quali saranno gli effetti. Se io faccio porto europeo-porto europeo andrei a pagare il 100% dell’ETS, se faccio porto europeo-porto extraeuropeo pagherei solo il 50%. E’ chiaro quindi che utilizzare un porto africano sarebbe conveniente per un armatore. Ma il discorso dell’inquinamento non è un discorso che attiene solo all’Europa, è chiaro che tutto il mondo deve contribuire.

In quanto Delegato SILPA, Presidente Comparto Portuali e Aziende del Trasporto Marittimo, ci tengo a sottolineare che l’umore dei lavoratori al Porto non è certo dei migliori. Noi siamo un porto che ha già conosciuto la crisi. Io stesso faccio parte di un gruppo di licenziamenti di pochi anni fa. Ricordo che anche quelli sono stati periodi brutti, abbiamo superato un periodo di cassa integrazione di circa sette anni e quindi sappiamo bene cosa significa la crisi e quello che comporta il nostro lavoro. Oggi il nostro lavoro ha un problema, ossia noi facciamo solo transhipment, cioè nave-nave, e il porto di Gioia Tauro in questi anni è riuscito a supeare i 3 milioni di container. Ma non riusciamo a sfruttare tutte le altre modalità di trasporto che abbiamo a disposizione, come il retro porto e il gateway ferroviario che sono strutture che potrebbero fare la differenza. Bisogna diversificare la nostra attività e la nostra realtà, ciò consentirebbe di non avere solo 4.000 mila dipendenti tra lavoro diretto e indotto, non dico di arrivare ai numeri di Tangeri, ma ciò ci consentirebbe, sicuro, di modificare questo asset.

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