Immissioni acustiche originate dalla cd. ‘movida’ che superano la soglia di normale tollerabilità.
Il diritto alla salute, all’inviolabilità e al rispetto del domicilio, di proprietà ed al rispetto della vita privata e familiare nei rapporti con l’amministrazione pubblica
In ambito di immissioni acustiche intollerabili e nocive per la salute umana che provengano dal bene pubblico (o da impianto privato realizzato sulla base di provvedimento amministrativo), l’inosservanza da parte della Pubblica Amministrazione delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e l’inerzia nell’adottare adeguate misure volte ad evitare o rimuovere le cause delle immissioni acustiche nelle proprietà dei privati cittadini, può essere denunciata avanti al giudice ordinario per conseguire oltre al risarcimento dei danni anche la condanna ad un facere diretto ad eliminare o ricondurre tali immissioni entro i limiti della normale tollerabilità tramite idonee cautele da adottarsi dagli enti pubblici competenti a gestire le aree cittadine. Trattasi, infatti, di una domanda che non investe scelte ed atti autoritativi della Pubblica Amministrazione, ma un’attività soggetta al principio di non ledere l’altrui sfera giuridica.
LE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE CON L’ORDINANZA N. 27175/2022 SI SONO PRONUNCIATE SULLA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE ORDINARIO SULLE RICHIESTE, TRA LORO COORDINATE, DI ACCERTARE LA INTOLLERABILITÀ DELLE IMMISSIONI ACUSTICHE, DI ORDINARE AL COMUNE DI ADOTTARE LE MISURE NECESSARIE PER RICONDURRE TALI IMMISSIONI ENTRO I LIMITI DELLA NORMALE TOLLERABILITÀ, DI ORDINARE IL PAGAMENTO DI UNA PENALE PER OGNI GIORNO DI RITARDO NELL’ADEMPIERE AI PREDETTI ORDINI, NONCHÉ DI CONDANNARE LA P.A. AL RISARCIMENTO DEL DANNO
La Suprema Corte ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale ha rimesso le parti, anche per la liquidazione delle spese del regolamento preventivo di giurisdizione.
Più precisamente, il caso di specie originava nell’ambito del contenzioso promosso da alcuni privati cittadini nei confronti del Comune di Torino dinanzi al Tribunale ordinario per ottenere la condanna dell’amministrazione alla cessazione immediata delle emissioni sonore provenienti dalla strada sulla quale affacciano le loro abitazioni, originate dal fenomeno della c.d. movida, all’adozione delle misure necessarie per ricondurre tali immissioni entro i limiti della normale tollerabilità, oltre al pagamento di una penale a loro favore per ogni giorno di ritardo nell’adempiere ai predetti ordini ed al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto.
Gli attori lamentavano la lesione, da parte del Comune, dei loro diritti fondamentali alla salute, all’inviolabilità e al rispetto del domicilio, di proprietà ed al rispetto della vita privata e familiare, lesione che sarebbe stata arrecata dalle immissioni rumorose provenienti dalla strada di proprietà del Comune che, specialmente nel periodo notturno e che – specialmente nel periodo notturno – supererebbero la soglia di normale tollerabilità. Tali immissioni rumorose dipendevano, secondo l’assunto dei cittadini, dal fenomeno della c.d. movida: deriverebbero dalle urla, dagli schiamazzi e dal parlato ad alta voce che scaturisce dal flusso massiccio e costante di persone che transitano, stazionano e intralciano i marciapiedi, le strade e le piazze del quartiere, per partecipare alla vita notturna di quest’ultimo. In corso di causa il Comune proponeva ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione per sentire dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, per essere la cognizione della domanda riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo inerendo la fonte del danno le scelte dell’amministrazione ed avendo gli attori domandato un ordine di facere che involge l’esercizio del potere pubblico.
Sotto tale profilo, ad avviso del Comune ricorrente, la riconducibilità dell’azione proposta al bene salute costituente diritto soggettivo pieno della persona non sarebbe dirimente dal momento che, in ispecie, <<la controversia involgerebbe una materia in cui il giudice speciale è titolare di giurisdizione esclusiva, ai sensi della lettera f) (atti e provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio) e della lettera q) (provvedimenti anche contingibili e urgenti emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità e di sicurezza urbana, di edilizia e di polizia locale, d’igiene pubblica e dell’abitato) dell’art. 133, c. 1, cod. proc. amm. (…) la richiesta inibitoria e il danno di cui viene domandato il risarcimento presupporrebbero in via diretta ed immediata l’asserito omesso esercizio di poteri autoritativi di natura pubblicistica e non scaturirebbero ex se dal bene comunale né dall’inerzia nell’esercizio di poteri dominicali. Verrebbero in rilievo le prerogative pubblicistiche che competono al Comune come ente esponenziale della comunità amministrata (…) la natura di diritto soggettivo delle posizioni soggettive azionate non escluderebbe la sussistenza della giurisdizione amministrativa>>.
I resistenti concludevano per il rigetto del ricorso e per la declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario giacchè la domanda non sarebbe rivolta a sindacare la legittimità di alcun provvedimento amministrativo bensì a conseguire la condanna ad un facere del Comune avendo denunciato l’inosservanza di quest’ultimo nella gestione dei beni che appartengono alla P.A., delle regole tecniche, ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza. Essi, infatti, si erano rivolti al giudice ordinario per ottenere la tutela dei loro diritti soggettivi assoluti, messi a repentaglio dalle immissioni rumorose intollerabili derivanti dalla condotta omissiva del Comune, in violazione del principio generale del neminem laedere.
Di medesimo avviso il PG che concludeva: in giudizio non si controverte sull’esercizio della potestà amministrativa da parte del Comune.
Secondo la prospettazione degli attori l’oggetto del giudizio ineriva l’accertamento non già dell’illegittimità di un provvedimento amministrativo per l’esercizio illegittimo da parte della P.A. di un potere consumato nei confronti dei cittadini che si assumono lesi nei loro diritti, bensì della colpa per non aver adottato le cautele idonee a riportare le immissioni nei limiti della normale tollerabilità.
La Cassazione, dando continuità al costante indirizzo della Corte (Cass., SU, n. 25480/2021,; SU, n. 10244/2022), hanno ribadito che <<la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione della parte, bensì il cosiddetto petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto sulla base della causa petendi, ossia sui fatti dedotti a fondamento della pretesa fatta valere con l’atto introduttivo della lite e sul rapporto giuridico di cui sono espressione>>. Il criterio di riparto della giurisdizione, salvi i casi ex lege di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, s’impernia sul petitum sostanziale della domanda, se relativo ad un diritto soggettivo piuttosto che ad un interesse legittimo.
In ispecie, i giudici di piazza cavour hanno argomentato che il petitum sostanziale concerne la tutela del diritto alla salute dei privati cittadini e alla serenità della vita familiare all’interno delle loro abitazioni, asseritamente leso dalle immissioni rumorose intollerabili derivanti dalla condotta, quantomeno omissiva, del Comune <<inerte nell’adottare adeguate misure, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 844 cc e 32 Cost., volte ad evitare o rimuovere le cause delle immissioni acustiche nelle proprietà degli istanti>>.
Sulla scorta di quanto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 21993/2020 <<appartiene alla giurisdizione ordinaria la controversia avente ad oggetto la domanda, proposta da cittadini residenti nelle zone interessate, di condanna della P.A. a provvedere, con tutte le misure adeguate, all’eliminazione o alla riduzione nei limiti della soglia di tollerabilità delle immissioni nocive, oltre che al risarcimento del danno>>.
Nella vicenda in esame, la condotta addebitata al Comune riguarda un’attività soggetta al principio del neminem laedere: la posizione fatta valere dai cittadini corrisponde ad un diritto costituzionalmente protetto, è di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, non investendo scelte ed atti autoritativi della P.A. la quale <<non esercita alcun potere discrezionale sui cittadini che vivono nell’area interessata dalle immissioni inquinanti e lesive della salubrità dell’ambiente>>.
Di talchè, per la Cassazione tale impostazione è coerente sia con la natura tendenzialmente generale della giurisdizione del giudice ordinario che con i principi espressi dalla Corte costituzionale (sentenza n. 204/2004).
Paola Francesca Cavallero