Il termine nanoscienze si riferisce a tutte quelle applicazioni multidisciplinari che prevedono l’uso di conoscenze e di processi in campo chimico, fisico, della modellistica e dell’ingegneria per modificare la materia o creare materiali di dimensioni al di sotto di 100 nanometri (1 nanometro (nm) corrisponde a 1 miliardesimo di metro). Tantissime, sono le applicazioni già testate e utilizzate, per esempio nei settori energia, ambiente, alimentazione, medicina e la gamma di applicazioni possibili è già talmente ampia che non è possibile stilarne un elenco.
Secondo una recente indagine della National Science Foundation, le macro aree verso le quali sono rivolti i maggiori sforzi riguardano la produzione e lo stoccaggio dell’energia rinnovabile, la microelettronica, le telecomunicazioni, l’illuminazione, il settore medico con le nano biotecnologie e la nanomedicina.
In questo particolare settore la scienza ha compiuto grandi passi in avanti volti a studiare sistemi di diagnostica e cura personalizzati e a combattere malattie che i normali farmaci non sono in grado di curare. Poiché è facile prevedere che questo campo avrà un enorme impatto sul settore della sanità, la Comunità Europea ha destinato diversi finanziamenti allo sviluppo di queste tecnologie.
La definizione che gli scienziati utilizzano per la nanomedicina è complessa, ovvero “il riparo, la costruzione e il controllo dei sistemi biologici umani tramite l’uso di dispositivi costruiti secondo gli standard della nanotecnologia”.
Sono essenzialmente due le linee di ricerca e applicazioni da cui sono attesi i maggiori vantaggi dalla nanomedicina: nanodiagnostica e nanoterapia.
Questi due binari sui quali viaggia la nanomedicina comprendono tecnologie che lavorano in modo sinergico ed integrato. A queste vanno affiancati i prodotti della sensoristica, nuovi tessuti e organi artificiali, che stanno attirando una grande attenzione anche in Italia.
Un nanosensore è un dispositivo che può riconoscere una specifica molecola all’interno di una soluzione più complessa, segnalando la presenza di una malattia attraverso la rivelazione di modificazioni biologiche, di elementi inquinanti e della quantità di cellule e tessuti danneggiati.
Questi sistemi di diagnosi sono comunque pensati per essere di facile utilizzo in situ e a basso costo (“point-of-care technologies”). Individuata la malattia, il passo successivo è tentare di contrastarla. Nella fase terapeutica, questo viene fatto utilizzando un “carrier” nanometrico (nanorobot), un vero e proprio proiettile intelligente, ottenuti da un mix di nanoparticelle e molecole biologiche, telecomandate ad alta velocità per muoversi in qualsiasi ambiente a cui è affidato il compito di rilasciare il farmaco in modo preciso e selettivo, oppure in grado di attivarsi sotto l’effetto di una sollecitazione esterna, come un campo elettromagnetico per distruggere le cellule malate.
Inoltre la nanorobotica in medicina potrebbe trovare applicazione in tanti ambiti ad esempio nella stimolazione neurologica con i primi nanorobot che incorporano componenti semiconduttori e ne sono in fase di sperimentazione altri in grado di muoversi per mezzo di magneti manipolati dall’esterno, questi nanodispositivi sono a tutti gli effetti robot miniaturizzati dotati di gambe funzionanti. Sono in fase di sperimentazione nanorobot che immessi nel flusso sanguigno, sono in grado di individuare ed attaccare, rilasciando farmaci chemioterapici mirati, le cellule cancerogene.
Recentemente, i ricercatori hanno lavorato, al perfezionamento nella creazione di nanorobot sempre più autonomi ed in grado di essere guidati e di muoversi, sfruttando le specifiche condizioni fisiologiche e anatomiche. E, per fare questo, è necessario attingere anche a materie quali la fisiologia, la fisica e le nanotecnologie.
È dello scorso marzo, la notizia, riportata sulla rivista Science Robotics, la prima osservazione del movimento autonomo, coordinato ed efficiente di uno sciame di nanorobot nell’organismo di un topo vivo che utilizza come combustibile l’aurea presente nella vescica.
Il mondo delle nanoscienza e i relativi studi stanno già portando a nuovi farmaci fortemente mirati, ad una migliore imaging e diagnostica delle malattie, e persino ad una nuova generazione di sensori impiantabili per il monitoraggio dello stato di salute di dimensioni ancora più ridotte. Come per qualsiasi tecnologia rivoluzionaria, le promettenti possibilità offerte dalla nanomedicina in futuro dovranno essere commisurate ai rischi. La sicurezza dei prodotti di nanomedicina dovrà essere regolata esattamente come i farmaci e i dispositivi medici e devono seguire un’accurata caratterizzazione, valutazione della tossicità e studi clinici in più fasi che valutino il loro rapporto rischio/beneficio prima di avvantaggiare i pazienti con tutto il loro potenziale. Tuttavia, è della massima importanza esaminare in anticipo, con cura e responsabilità, tutti i possibili effetti collaterali per gli esseri umani e l’ambiente. Diversi progetti europei si stanno già occupando di questo tema così importante.
Inoltre poiché, la nanomedicina e nel prossimo futuro l’utilizzo dei nanorobot, ha comunque un enorme potenziale di influire sulla vita di tutti, è di fondamentale importanza che si valutino i vari aspetti di questa branca, come ad esempio quello economico, normativo, regolatorio, etico e comunicativo relativo ai pazienti.
Eminenti studiosi di diritto, hanno fatto notare come le discussioni sugli aspetti regolatori della nanotecnologia stanno anche individuando il bisogno che le normative in materia dovrebbero essere estese, oppure se ne dovrebbero creare delle nuove.
Lo sviluppo di queste tecnologie, ed in particolare di quelle collegate alla salute degli esseri umani, rappresenta non un punto di arrivo ma di partenza in tantissimi settori, comprendente una infinita varietà di sfumature. Bisognerà pertanto valutare l’ambito medico unitamente a tantissimi altri, ponendosi numerosi interrogativi ai quali solo un’analisi multidisciplinare attenta e puntuale potrà dare riscontro.
Fabio Schirosi