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11 Ottobre 2024
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Psicosi da Covid: Gli animali domestici ne pagano le conseguenze

I gesti estremi e la psicosi in un tempo in cui domina la paura

L’epidemia da Covid-19 ha innescato nella mente umana la paura. Una fobia così forte quasi paragonabile a quella che la psichiatria chiama psicosi. Non una psicosi vera e propria ma una serie di comportamenti, gesti inaccettabili e imperdonabili verso sé stessi e gli altri che purtroppo hanno contratto questa terribile malattia, causa di morte in tutto il mondo. Addirittura, nei casi più estremi, si arriva ad uccidere, al suicidio della persona incapace di vivere nella solitudine. Di guardarsi allo specchio e osservarsi in un tempo in cui il lockdown isola l’individuo dalla società, spingendolo ad esaminare la vita. Invece di essere un momento di riflessione e comprensione verso coloro che soffrono, alcune persone non fanno che aumentare la paura del contagio, divenendo ipocondriache, arrivando ad uccidere animali domestici, come è avvenuto in Cina. Un vero e proprio massacro di cani bastonati in strada da squadre di persone perché ritenuti fonte di contagio. Eppure, l’Organizzazione mondiale di sanità e gli studi condotti finora hanno dimostrato che non ci sono prove: “Non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo epidemiologico nella diffusione di SARS-CoV-2 che riconosce il contagio interumano come via principale di trasmissione. Restano comunque valide le raccomandazioni sul rispetto delle principali misure igieniche”.

Quindi potrebbero essere proprio gli esseri umani a trasmettere agli animali domestici il Covid-19 e non viceversa. Evidenze epidemiologiche dimostrano che felini (gatti domestici e selvatici) visoni e cani sono risultati positivi al test per SARS-CoV-2 a seguito al contatto con persone infette da Covid19. Alcuni gatti hanno mostrato segni clinici di malattia. Nonostante ciò, non risulta che i felini o i cani giochino un ruolo nella diffusione della malattia.

Cani trucidati, smembrati. E non è solo un gesto difensivo ma è una rabbia repressa che si tramuta in violenza e quelli che ne pagano il prezzo, purtroppo, sono sempre i più deboli. Coloro che non sanno difendersi, che danno affetto e sanno amare e perdonare anche quando, nelle nostre dimenticanze, non ci siamo sempre per loro. Ma loro ci sono per noi e questo, alcune persone, non solo lo hanno sottovalutato, ma hanno scatenato la loro ira su di essi.

È questa l’epoca della psicosi da Covid.
Barbarie, uccisioni, comportamenti che violano le regole e, di conseguenza, il rispetto verso il prossimo. Inoltre, in questo periodo particolarmente delicato, i pochi fortunati hanno guardato in faccia la morte e si sono salvati.
Sentimenti, paure che erano evidentemente repressi sono scaturiti a causa dell’isolamento e, ancora una volta, della fragilità umana.

La fragilità, qualcosa che non è sinonimo di sensibilità ma troppo spesso diventa un raccapricciante modo della mente per difendersi: donne e uomini che uccidono, picchiano, violentano, animali scaraventati dal balcone. E il caos domina il mondo. L’uomo invece di trovare un modo, con l’aiuto della scienza e della medicina, di affrontare questa terribile problematica, si sofferma su teorie e complotti. Non serve scatenare un’altra guerra ma pensare a come contribuire per migliorare le cose. Per non impazzire e non chiudersi in una bolla di cristallo o, all’opposto, non rispettare alcuna regola.

Sembra che l’uomo non sia in grado di affrontare la solitudine e riversi la sua rabbia verso lo Stato, i coetanei, la società e gli animali domestici. E queste bestie pagano il prezzo. Mentre le vere bestie sono coloro che li uccidono.

Le azioni dell’uomo si ripercuotono sull’ambiente, sulla natura e, di conseguenza su sé stesso. Fino a quando non guarderà il mondo con gli occhi del perdono. Perché ognuno di noi è responsabile di quello che la natura è diventata e del fatto che l’ambiente è stato distrutto. Dal “progresso”, dal desiderio di potere a discapito del verde. Intere specie di animali sono in estinzione perché i loro habitat stanno scomparendo. Inquinamento, cambiamenti climatici, roghi che hanno distrutto intere foreste. È il momento di remare in maniera contraria e prendere una strada che porti, quanto più possibile, alla salvezza della specie.

Invece l’uomo cammina indifferente e rabbioso verso l’ecatombe. È un viaggio all’inferno. Ma non un inferno dantesco, di progressiva presa di coscienza e purificazione. Non un cammino spirituale di consapevolezza e razionalità ma verso l’autodistruzione. È necessario che ognuno si prenda le proprie responsabilità. Sia le autorità sia le singole persone. Per far sì che il mondo non si tramuti in polvere di cui non rimarranno resti. Avere il coraggio di guardarsi allo specchio e capire che non siamo perfetti anzi, chi ritiene di esserlo, è proprio colui non lo è.

La consapevolezza comporta sofferenza ma porta alla verità. E per quanto possa essere difficile raggiungerla si può intraprendere questo percorso. Anche se bisogna andare all’inferno per arrivare in paradiso è necessario che l’uomo compia questo gesto per la salvezza dell’umanità. Solo così le cose potranno cambiare. Guardare dentro la propria anima e rendersi conto che non si è perfetti ma si può essere migliori. Non c’è giustificazione alle atrocità che l’essere umano compie verso gli animali e i suoi simili. Non c’è perdono. Solo alienazione. Per questo è necessario guardarsi dentro. Per evitare che il mondo scompaia.

Ilaria Cicconi

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