-6.2 C
Roma
17 Gennaio 2025
Primo Piano

Quando la spontaneità aggrava il conflitto: parlare della rabbia e non con rabbia

Quando viviamo una situazione conflittuale la spontaneità può aggravare il conflitto. A portare la relazione al collasso sono proprio quei comportamenti automatici, quelle parole dette impulsivamente che possono portare ad una escalation della rabbia. Basta poco per erigere un muro tra due persone, fatto di parole sbagliate. Esiste un nesso tra le parole e le provocazioni. Gli scambi costruttivi sono possibili solo o quando l’ancora di salvezza è rappresentata dal rispetto che nutriamo per noi stessi e per le persone con cui è in atto un conflitto, in pratica una condicio sine qua non, lo scambio costruttivo diventa una reale possibilità.

Per non trovarci in una incresciosa incomunicabilità dobbiamo fare attenzione a non rifiutare ciò che dice l’altro, non argomentare, non contraddire, non interrompere chi parla, non imporre il proprio parere, non fare critiche e non giudicare a viva voce, evitare le insinuazioni, non accusare la controparte, non interpretare, non giustificare la propria opinione, non fare ipotesi e supposizioni, non rimbeccare, non essere polemici, non ribattere vivacemente. In famiglia come al lavoro, non sgridare qualcuno in presenza di amici o colleghi, non umiliare in pratica, infatti è molto più produttivo dare un feedback negativo prendendo da parte la persona oggetto delle correzioni da richiedere. Prendiamo per esempio due colleghi che non sono d’accordo sulle istruzioni di utilizzo di uno strumento, entrambi sono due lavoratori validi che raggiungono buoni risultati. La loro visione diversa genera dispetti e rancori. In realtà seguono logiche di approccio talmente diverse da apparire inconciliabili e, atteggiamento che li divide ancora di più, entrambi sono convinti di essere dalla parte della ragione. Dall’analisi dei loro comportamenti emergono degli errori che inducono al conflitto: innanzitutto, credere che non sia possibile o sia inammissibile mettere in discussione la propria idea su come usare lo strumento, insistendo nel mostrare quali siano i punti di forza ed i benefici che possano rivelare la validità del proprio metodo. Si tratta di un approccio competitivo con il collega che genera tensione tra le parti. Si mettono a confronto per far prevalere la propria visione: se uno dei due riesce ad imporre la propria idea, la soluzione adottata sarà temporanea, in quanto chi ha subìto la decisione nutrirà un risentimento che, prima o poi, indurrà a un nuovo confronto sulla questione. Un altro sbaglio è quello di voler esporre ed argomentare ad ogni costo gli errori nel ragionamento della controparte per concludere quanto sia infondato il modo di pensare del collega. Ambedue non si focalizzano sulla soluzione, ma parlano a lungo per distruggere le teorie della parte avversa. A questo punto, una soluzione che li metta davvero d’accordo si può trovare solo appurando cosa non è possibile mettere in discussione. Ciò che può aiutare a ristabilire la comunicazione tra i due colleghi è il riconoscimento reciproco di quei bisogni che danno origine a comportamenti e ad emozioni negative di difficile gestione. L’empatia a questo punto diventa la chiave efficace per risolvere il conflitto.

Come trasformare un caso negativo: avere dei sentimenti negativi come rabbia, ansia e gestirli parlando delle proprie emozioni. Pe esempio sentirsi irritati a causa di un ritardo di alcuni colleghi che se la prendono con comodo e rispondere dando giudizi come: “Siete dei ritardatari” oppure “Siamo incompatibili”. La soluzione che aiuta a calmare la rabbia è nel cambiare la frase usando parole che richiamano l’attenzione su cosa si prova in quel preciso momento: “Provo ansia in quanto io ho bisogno di sentirmi allineato con voi e mi sento arrabbiato perché sto impiegando il mio tempo per aspettare voi togliendolo ad altre attività prioritarie per l’azienda”. A questo va aggiunto lo sforzo di concentrarsi su cosa prova la controparte e di cosa ha bisogno, sia in caso siano emozioni positive che negative. Il segreto è usare un verbo “sensitivo” come “vedo, sento”. La frase può completarsi così: “Quando vedo che arrivate in ritardo, provo rabbia perché sto impiegando il mio tempo per aspettare voi togliendolo ad altre attività importanti e mentre vi guardo, io penso che vi sentiate sotto stress e nervosi, perché avreste bisogno di più tempo per gestire la mole di lavoro”.

Comportamenti da evitare in qualsiasi occasione:

  • Insultare
  • Esprimere disprezzo
  • Colpevolizzare
  • Minacciare velatamente o esplicitamente
  • Utilizzare toni bruschi aggressivi, rabbiosi
  • Rifiutare seccamente
  • Tornare a parlare degli errori del passato
  • Generalizzare usando parole come “Sempre”, “Mai”,“Sei sempre il solito”
  • Interpretare il pensiero altrui, attribuire all’altro intenzioni negative o positive senza aver chiesto un feedback.

Le parole o frasi che esprimono disprezzo da escludere dal vostro vocabolario:

  • “Ma come può dire queste cose!”
  • “Lo sapevo, con te è impossibile discutere”
  • “Quante volte te lo devo ripetere?”
  • “Sei sempre il solito…”
  • “Lei arriva come sempre in ritardo”
  • “Preferisco tacere, non ho voglia di litigare”
  • “Io arrabbiata? Sono stufa, quante volte glielo devo ripetere? Stufa!”
  • “Lei mi vuole offendere, lo fa di proposito!”

Comportamenti che fanno degenerare il conflitto

  • Dare un’interpretazione del comportamento altrui per cercare una giustificazione alla propria diffidenza.
  • Voler prevalere sull’altro a tutti i costi.
  • Associare il problema alla persona oggetto del problema come se fossero la stessa cosa, per colpevolizzarla.
  • Avere pensieri di vendetta.
  • Bloccare ogni forma di comunicazione giurando a sé stessi di non rivolgere più la parola alla controparte.

Per risolvere il conflitto è utile fare ricorso al metodo DESC, (dal libro “Asserting Yourself”; autore S.A. Browe) in base al quale sui problemi non deve calare il silenzio, imparando a definirli in modo corretto e comprensibile. Si suggerisce di non trascinare una situazione conflittuale ma di agire tempestivamente usando questo metodo, dal momento in cui emerge il conflitto. La gestione costruttiva del conflitto darà vita a risultati positivi e produttivi per la vita lavorativa e familiare.

Ecco come si articola il metodo che vi aiuterà ad esprimere il vostro disaccordo:

  1. Descrivere cosa è accaduto cercando di essere il più possibile precisi. Spiegare chi è coinvolto, cosa sta accadendo, quante volte si è ripetuto l’episodio, come è accaduto. Ci si riferisce ad una situazione il più possibile oggettiva; quindi, bisogna evitare le interpretazioni e qualsiasi tipo di giudizio e commento. Esempio: “è la quarta volta in un mese che mi chiedi un giorno di ferie con una sola settimana di anticipo, così devo fare tutto con molto più stress”.
  2. Parlare delle proprie emozioni: le persone tornano a comunicare mentre stanno vivendo una situazione conflittuale solo ed esclusivamente usando l’empatia; quindi occorre spiegare quale tra questi sentimenti negativi state provando, ad esempio: “delusione, disagio, nervosismo, rabbia, stanchezza” tenendo conto che siete il soggetto che prova l’emozione. Esempio: “Mi dà molto fastidio fare le cose di fretta”.
  3. Riferire a sé stessi l’emozione, dicendo ad esempio: “Io mi innervosisco”. Il motivo per cui si suggerisce questo è che parlare delle proprie emozioni viene recepito positivamente da parte di chi ci ascolta. Al contrario le frasi che mettono come soggetto gli altri, per esempio: “tu (voi, lei) mi fate innervosire quando”, suona come un’aggressione in chi ascolta, generando atteggiamenti e frasi di difesa.
  4. Indicare una soluzione. Proporre delle idee per risolvere il conflitto, intervenendo sulla causa per esempio cambiare un sistema o adottare altre modalità di un comportamento. Un’altra possibilità è data dall’esame comune del problema e nello sforzo comune di ricercare una o più soluzioni. Le idee devono essere proposte usando frasi semplici: filtrando soluzioni realizzabili, esprimendo un’idea per frase, cercando di essere precisi e concreti. Esempio: “Dobbiamo rivedere il sistema di richiesta dei permessi, inserendo orari e giorni precisi in cui farlo. Discutiamone”.
  5. Avere atteggiamenti che esprimono disponibilità accettando che dall’interlocutore possa arrivare un buon suggerimento.
  6. Illustrare le conseguenze positive della proposta. Prima di tutto chiarire quali possano essere gli obiettivi in comune alle due parti presenti nella proposta, indicare quali sono i vantaggi per l’azienda, per l’interlocutore, per voi stessi. Esempio: “Facciamo così, in questo modo eviteremo agitazione e stress e aumenteremo le possibilità che le nostre proposte siano accettate”.
  7. Infine chiedere un feedback alla controparte domandando se sia d’accordo a procedere adottando la soluzione individuata.

Teresa Sisto

Articoli Correlati

Strategia europea sui diritti delle persone con disabilità. Piano previsto per il decennio 2021-2030.

Redazione

Scuola Italia ritorno al… Passato!

Redazione

PNRR, un’opportunità ma anche una sfida difficile per il nostro Paese

Redazione