25 aprile 1945 festa della liberazione… dal nazismo e dal fascismo
26 aprile 2021 il primo giorno in un regime di semi-libertà, 66 anni dopo
A quel tempo tutti sapevano che la guerra era finita, che era tempo di ricominciare, di darsi da fare e creare i presupposti della rinascita. Ovunque macerie e dolore, miseria e difficoltà nonostante le quali l’Italia di allora rinasce, come l’Araba Fenice, dalle proprie ceneri… dopo la morte, una nuova vita spinge, sentimenti di solidarietà, di entusiasmo e di fiducia animano il processo di rinnovamento. L’Italia di allora è capace di sognare un nuovo futuro che piano piano la porterà ad essere addirittura la quarta potenza al mondo.
Dove sono questi ingredienti oggi? Qual è il livello di fiducia nelle istituzioni? La velata “minaccia” che sempre incombe di nuove chiusure se i cittadini non faranno i bravi, aiuterà a progettare? Chi sta tenendo unito il Paese fornendo una visione per il futuro?
E ancora altre domande e osservazioni de facto si impongono. Cosa ha caratterizzato questo lunghissimo periodo?
• La violazione dei principi costituzionali basilari in nome della salute dimenticando che per essere in salute “è necessario uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattie o infermità” da definizione OMS
• Le restrizioni della libertà violando tra gli altri in primis l’art.16 della Costituzione
• La censura di tutte le voci fuori dal coro violando tra gli altri in primis l’art. 21 della Costituzione
• La propaganda per distribuire a dosi massicce ansia e paura sui media main stream e con tutti gli altri mezzi possibili, attraverso attori, personaggi dello spettacolo.
Tutto questo continua e continuerà fino a che il popolo sovrano (art. 1 della Costituzione) non dirà basta.
E quando dirà basta? Forse quando il lavoro protetto da diversi articoli della Costituzione (1, 4, 28, 35, 36, 37, 38 …) mancherà fra qualche mese, quando l’ecatombe si manifesterà nella sua completezza? Cosa serve all’individuo per comprendere di essere in trappola e decidere di volerne uscire?
È doveroso non solo con la mente ma anche con il cuore rendere onore alle innumerevoli vittime che forse avrebbero potuto essere in gran parte risparmiate, onore non tanto e solo per la morte ma per il modo in cui questo delicatissimo passaggio è accaduto, per la solitudine, per l’isolamento, per l’abbandono in cui si sono ritrovati. Questo di per sé indigna l’animo. Ma, detto ciò e non volendo entrare nel merito di cosa si sarebbe potuto fare meglio e di più e cosa si è perfettamente in grado di fare ora, se la domanda da porci è se sia possibile dare un’accelerata alla cosiddetta riapertura del Paese, premesso tutto quanto sopra direi sì. Un bel SÌ grande come una casa. Perché? Perché la vita è un rischio continuo, ad ogni passo ciascuno di noi rischia e per esperienza personale so che un minuto prima ci sei e un minuto dopo non ci sei più come è successo a mia figlia di 21 anni. Senza rischi non si vive, non cresceremmo, non ci innamoreremmo, non viaggeremmo… nemmeno in casa spesso si è al sicuro visti gli innumerevoli incidenti domestici che occorrono ogni anno… e quindi la riapertura totale non dovrebbe affatto essere una “scure” pronta a scagliarsi in qualsiasi istante sulla testa dei cittadini che debbono prendersi a loro volta la responsabilità di usare il normale buon senso, evidentemente sempre richiesto.
Al contrario dovrebbe essere la prima responsabilità dei governi che, attraverso una strategia chiara, dovrebbero aver il compito, la responsabilità di servire i loro cittadini facendo fronte al rischio complessivo. Dopo 15 mesi è dovuto! Possiamo dunque contare sull’integrità dei vari decision maker nelle loro diverse posizioni di responsabilità? Possiamo contare sulla volontà autentica e “what ever it takes” di uscire da questa situazione e risollevare il Paese? Possiamo contare su un’agire coerente e impeccabile? Ognuno risponda da sé. Ricordiamoci però che senza fiducia, senza entusiasmo, senza audacia e coraggio non ci sarà nessuna ricostruzione né tanto meno nessuna rinascita. Nella stanca, esausta attesa che maturi la consapevolezza nelle istituzioni, che gli intenti siano puri e autentici, che le dichiarazioni siano seguite dai fatti, l’unica cosa seria che possiamo fare noi è quella di alimentare quei sentimenti, imprescindibili per la ripresa, dentro di noi e agire a livello locale. Nei quartieri, nei Comuni, sul territorio, attraverso un risveglio di coscienza diffuso, la ripartenza è possibile. Cosa siamo disposti a fare? Che impegni possiamo prenderci? Ciò che metteremo in campo o che, rattrappiti nella paura, non faremo… determinerà la differenza tra la rinascita e il declino.
Francesca Del Nero
Fondatrice e CEO School for Dreamers