Ogni grande evento che accade nella vita di ciascuno, particolarmente per quelli che in un primo momento ci appaiono con aspetti esclusivamente negativi, rappresentano sia un punto di arrivo ma al contempo anche un nuovo inizio. Questo semplice assioma dovrebbe sempre condurci a riflessioni profonde sulle concause che ci hanno condotto a quell’evento ma, in un secondo momento, dopo aver analizzato l’accaduto con estrema crudezza ed obiettività, liberati dal fardello dei soli aspetti negativi, abbiamo il diritto ed il dovere morale verso noi stessi di effettuare un necessario cambio di rotta verso nuovi obiettivi che possano condurci a risultati positivi. Applicando questo approccio ad ogni aspetto della vita e dovendo affrontare da genitore di due figli iscritti in un Istituto pubblico il nuovo anno scolastico, diversamente dagli anni precedenti, mi sono apprestato ad affrontare questo in corso, post pandemia, con una flebile speranza che qualche cambiamento, in senso positivo, potesse essere avvenuto.
Sebbene la scuola abbia ripreso più o meno lentamente le proprie dinamiche, per fortuna quest’anno, la pandemia ci ha concesso un po’ di tregua e così tutte le restrizioni, o quasi, sono cessate. La tanto vituperata DAD (didattica a distanza), terrore di insegnanti e genitori, è stata abbandonata e si è ritornati ai vecchi metodi di insegnamento. Ma cosa abbiamo appreso o meglio cosa ci hanno lasciato questi due anni di pandemia ed i miliardi di euro spesi per sistemare gli istituti scolastici e per dotare gli insegnanti e gli istituti stessi delle apparecchiature tecnologiche atte a operare da remoto? Scuole risistemate e innovate, programmi aggiornati, sistemi di apprendimento migliorati, docenti più formati e avvezzi all’uso delle tecnologie, corpo docenti stabilizzato e pronto al nuovo anno? Sono convinto che la risposta della maggior parte di voi, già dopo aver vissuto i primi giorni di scuola, sia negativa. A cinque giorni dall’inizio dell’anno scolastico, con un messaggio WhatsApp, la maestra di mio figlio chiede ai genitori, per il giorno successivo, un aiuto per la ritinteggiatura delle pareti della classe. Purtroppo, con un così breve preavviso, nessuno ha potuto partecipare ma, in tanti, si sono offerti di intervenire personalmente nel weekend o dando disponibilità a pagare di tasca propria la manodopera a qualche ditta attrezzata per eseguire i lavori. Purtroppo, non è stato possibile! Oramai convinto che l’attività in questione fosse stata abbandonata, con mia grande sorpresa e pregevole spirito di iniziativa, la maestra a due giorni dall’inizio delle lezioni, invia un altro messaggio ai genitori rassicurandoci sul fatto di aver provveduto al lavaggio delle tende e che lei stessa stava procedendo alla prima mano di tinta e che avrebbe concluso i lavori in tempo utile per il rientro in classe degli alunni. Bontà e merito suo, così è stato.
Prendendo spunto dall’accaduto, un retro-pensiero ha ricondotto la mia mente alle notizie dei telegiornali che evidenziano solo lo sparuto numero di insegnanti che tradiscono il rapporto di fiducia che si instaura tra loro e i ragazzi, le loro famiglie e le istituzioni, compiendo atti che nulla hanno a che fare con l’insegnamento e invece, di contro e per fortuna, la maggior parte di loro, nonostante lo sconquasso organizzativo-istituzionale, si sottopone giornalmente a grandi sacrifici affrontando spesso viaggi lungi e spossanti per raggiungere il posto di lavoro ed in maniera del tutto spontanea, silenziosa e pervasi da spirito di abnegazione, spesso andando oltre il proprio dovere, costruiscono quotidianamente meravigliosi rapporti con i propri discenti preparandoli non solo sotto l’aspetto educativo/culturale ma, con il loro esempio, anche alle sfide a cui la vita li sottoporrà. E tutto questo mi fa risalire ad un altro pensiero e cioè come sia possibile che, ancora dopo decenni, il comparto scuola, in tutte le sue accezioni, debba essere considerato un carrozzone e non una risorsa, e gli insegnanti alla stregua di comuni dipendenti sebbene siano elementi fondamentali posti alla base della formazione di coloro che saranno artefici del futuro e del benessere del nostro paese.
Ma tornando all’accaduto, devo dire con rammarico che questa vicenda, che traguarda ogni dovere professionale e morale, che non è inventata e che immagino non sia neanche un caso isolato, mi ha lasciato, ancor più che negli anni precedenti al covid, un senso di sconforto e di amarezza; Mentre negli anni già trascorsi la mia coscienza, così come quella dei tanti genitori che conosco, ormai appiattita e assuefatta all’idea che la scuola italiana, funzionando male da sempre, non avendo avuto sussulti di ripresa, dovesse inevitabilmente procedere con il solito andamento, quest’anno, nonostante gli orrori causati della pandemia, così come quando si esce da una guerra e si cerca di mettere dietro le spalle il passato, di trovare il buono in ogni cosa e di ricostruire con idee e energie nuove, una flebile speranza mi affiorava sottopelle. Mi era parso di aver visto spuntare tra le macerie il germe di un nuovo inizio, di una visione più moderna e pragmatica della scuola che, prendendo spunto dalla comune capacità di condivisione di sforzi ed idee dettate dalla necessità di sconfiggere il virus che affliggeva il mondo, aveva iniziato a traguardare le proprie stantie e bizantine strutture per puntare finalmente, così come accade nella maggior parte dei paesi europei, ad una scuola capace non di contenere ma di accogliere, nella quale il corpo docente avesse la possibilità di aggiornarsi in funzione di nuovi programmi e nuovi metodi di insegnamento volti non ad appiattire ma ad esaltare le qualità di ciascuno dei discenti, non a riempire di nozioni le teste ma di formare le menti e le coscienze di ragazzi e ragazze che dovranno rappresentare al meglio se stessi e il nostro paese già nel prossimo futuro. Immaginavo e speravo che, tenute bene da conto le privazioni della libertà che nel recente passato siamo stati costretti a subire, con diverso spirito e ritrovato vigore, le cose potessero finalmente cominciare a cambiare ma probabilmente mi illudevo.
Lunedì mattina mi sono alzato di buon’ora e prima di andare al lavoro ho accompagnato i miei figli a scuola, il traffico anti DAD, con buona pace degli ecologisti, è ripreso a pieno ritmo, i primi scioperi di protesta degli insegnanti sono stati proclamati, gli istituti sono tornati ad essere sistemati alla meno peggio ma con in più il problema dell’entropia dei banchi a rotelle che viaggiano liberi nelle classi. Finalmente tutto è tornato come lo avevamo lasciato, Purtroppo!
Fabio Schirosi